Il gruppo editoriale GEDI, proprietario delle storiche testate La Repubblica e La Stampa, si trova al centro di una complessa operazione di cessione che ha innescato una forte reazione da parte delle redazioni e sollevato interrogativi sul futuro dell’informazione italiana. Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann guidata da John Elkann, ha confermato ufficialmente domenica 7 dicembre di essere in trattativa esclusiva con il gruppo greco Antenna, controllato dall’armatore e imprenditore Theodore Kyriakou, per la vendita dell’intero perimetro editoriale del gruppo.
La conferma ufficiale arriva dopo mesi di smentite e silenzi da parte dell’azienda, durante i quali le rappresentanze sindacali dei giornalisti avevano ripetutamente chiesto chiarimenti sulla situazione. Un portavoce di GEDI ha dichiarato all’agenzia ANSA che “le trattative con il gruppo Antenna proseguono positivamente” e che “le ipotesi di discussioni alternative con altre controparti non hanno alcun fondamento”. La dichiarazione ha chiuso la porta all’offerta presentata da Leonardo Maria Del Vecchio, erede dell’impero Essilor-Luxottica, che aveva messo sul piatto 140 milioni di euro per acquisire l’intero gruppo, incluse tutte le testate e le emittenti radiofoniche.
Secondo quanto emerso dalle fonti vicine alla trattativa, Antenna Group avrebbe offerto una cifra analoga, tra i 120 e i 140 milioni di euro. L’interesse del gruppo greco si concentrerebbe principalmente sulle attività più redditizie: il quotidiano La Repubblica, le tre emittenti radiofoniche nazionali (Radio Deejay, Radio Capital e M2O) e le attività digitali del gruppo. Il magnate greco avrebbe invece manifestato un chiaro disinteresse per La Stampa, lo storico quotidiano torinese legato alla famiglia Agnelli.
Per risolvere questa impasse, Exor starebbe cercando in parallelo un altro acquirente disposto a rilevare La Stampa. Il candidato più accreditato sarebbe il gruppo editoriale veneto NordEst Multimedia (NEM), guidato da Enrico Marchi, presidente di Banca Finint, che ha già acquisito da GEDI nell’ottobre 2023 sei quotidiani del Triveneto. L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di chiudere entrambe le operazioni di cessione nel giro di due mesi, quindi entro i primi mesi del 2026.
La figura di Theodore Kyriakou, nato nel 1974, rappresenta la quarta generazione di una famiglia greca di armatori attiva nel settore dello shipping globale. Laureato con lode alla Georgetown University in Fisica e Business Internazionale, Kyriakou ha costruito il suo impero mediatico attraverso Antenna Group, fondata nel 1988, che oggi opera in Europa, Nord America e Australia con investimenti in televisione, radio, digital media ed e-commerce. Tra i suoi successi imprenditoriali figura la vendita delle attività mediatiche del gruppo in Bulgaria nel 2008 per circa 980 milioni di dollari, dopo un investimento iniziale di soli 3,2 milioni nel 2001, operazione considerata uno dei ritorni sull’investimento più elevati nel settore dei media.
Tuttavia, a complicare ulteriormente il quadro della trattativa vi è un elemento che ha alimentato forte preoccupazione tra i giornalisti e nell’opinione pubblica: la presenza all’interno di Antenna Group del fondo sovrano dell’Arabia Saudita, il Public Investment Fund (PIF), entrato nel capitale della società nel 2022 con un investimento di 225 milioni di dollari, acquisendo una quota del 30 per cento. Il fondo è lo strumento finanziario principale del regno guidato dal principe ereditario Mohammed bin Salman, considerato dalla CIA il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso e smembrato nel consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre 2018.
L’intelligence statunitense concluse nel novembre 2018, con “alto livello di confidenza”, che bin Salman aveva ordinato personalmente l’assassinio del collaboratore del Washington Post, analizzando molteplici fonti di intelligence tra cui intercettazioni telefoniche. Nonostante le evidenze raccolte dalla CIA, l’allora presidente Donald Trump contestò pubblicamente le conclusioni dell’intelligence, affermando che “potrebbe anche essere che il principe ereditario ne fosse a conoscenza, forse sì e forse no” e dichiarando che “in ogni caso, la nostra relazione è con il Regno dell’Arabia Saudita”. Il coinvolgimento del fondo saudita in Antenna Group ha quindi sollevato preoccupazioni sul possibile condizionamento della linea editoriale delle testate italiane, considerando gli ingenti investimenti del PIF in numerose aziende strategiche italiane, da Technogym a Rocco Forte, da Azimut a Pagani.
La reazione dei giornalisti di GEDI è stata immediata e durissima. Il Comitato di Redazione di La Repubblica ha pubblicato un comunicato la sera del 7 dicembre in cui esprime “sconcerto di fronte alla conferma affidata alle agenzie da parte di un portavoce di GEDI della trattativa in corso per la cessione del gruppo”. I rappresentanti sindacali denunciano che “è la stessa azienda che, da mesi a questa parte e di fronte alle nostre reiterate richieste, ha sempre negato l’esistenza stessa di una trattativa. Ed è lo stesso editore John Elkann che nelle settimane scorse, di fronte alla proposta di un incontro delle rappresentanze sindacali delle testate del gruppo, si è negato”.
Il comunicato prosegue con toni ancora più duri: “Registriamo quindi una ennesima umiliazione nei confronti della redazione di un giornale che ha fatto e intende continuare a fare la storia di questo Paese, trattato come un ammennicolo su uno scaffale. Da cinque anni e mezzo a questa parte abbiamo assistito alla scientifica distruzione di un gruppo editoriale, alla mortificazione della sua missione e infine alla continua negazione di questa realtà, cosa che non abbiamo mai smesso di denunciare”. La chiusa del documento è inequivocabile: “Questo patetico balletto a ridosso dei 50 anni di storia di Repubblica è la indegna conclusione di un percorso di dismissione, economico, professionale, valoriale, etico, che non riguarda neanche solo GEDI. Di sicuro, come fatto sinora, non resteremo in silenzio a guardare l’orribile spettacolo che ci viene propinato”.
Ancora più drammatica la situazione de La Stampa. Mercoledì 10 dicembre, nel tardo pomeriggio, i vertici di GEDI hanno incontrato il Comitato di Redazione del quotidiano torinese per il primo confronto ufficiale sulla cessione. All’incontro erano presenti il presidente del gruppo GEDI Paolo Ceretti, l’amministratore delegato Gabriele Comuzzo, l’amministratore delegato di GNN (GEDI News Network) Corrado Corradi e il responsabile del personale Alessandro Bianco. Secondo quanto riportato dal Comitato di Redazione, “l’esito è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione”.
Nel corso dell’incontro è stato confermato che “tutte le attività editoriali che fanno capo a Exor tramite GEDI sono in vendita” e che “è in corso da tempo una trattativa con il gruppo greco AntennaUno” mentre “in parallelo si sta cercando un compratore per La Stampa a fronte del dichiarato disinteresse degli investitori greci per la nostra testata”. I rappresentanti aziendali hanno precisato che “l’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel giro di due mesi”.
Di fronte all’assenza di garanzie sul futuro della testata, sui livelli occupazionali e sulla solidità del potenziale compratore, la redazione de La Stampa ha proclamato l’assemblea permanente, decidendo di fermare l’uscita del giornale cartaceo e bloccare gli aggiornamenti del sito fino alla mattina di giovedì 11 dicembre. Nel comunicato diffuso, il Comitato di Redazione sottolinea come “non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo fatto fino a oggi”.
I giornalisti torinesi denunciano quello che considerano “un attacco senza precedenti alla dignità e a 150 anni di storia” della testata. Particolarmente amara è la citazione finale del comunicato, che richiama le parole pronunciate da John Elkann meno di due settimane prima: “A tutti coloro che conoscono e apprezzano il modo in cui La Stampa fa giornalismo, e anche a tutti coloro che hanno provato a colpire questo giornale, si può rispondere con chiarezza: La Stampa continuerà a informare i suoi lettori come ha sempre fatto con rigore, serietà e indipendenza, diceva John Elkann meno di due settimane fa. Al contrario dell’editore, noi crediamo ancora in queste parole”.
La vicenda della cessione di GEDI rappresenta l’epilogo di un percorso iniziato nel dicembre 2019, quando Exor acquisì il controllo del gruppo editoriale da Carlo De Benedetti attraverso la società CIR, rilevando il 43,78 per cento del capitale di GEDI per 102 milioni di euro. All’epoca, il gruppo rappresentava il primo editore di quotidiani in Italia, con Repubblica, La Stampa e 13 testate locali, oltre a edizioni periodici tra cui il settimanale L’Espresso, attività digitali di primo piano e tre emittenti radiofoniche nazionali, tra cui la prestigiosa Radio Deejay.
Tuttavia, nei cinque anni successivi, Elkann ha avviato un progressivo smantellamento del gruppo attraverso una serie di cessioni che hanno ridotto drasticamente il perimetro aziendale. Il percorso di dismissione è stato avviato nell’ottobre 2020 con la vendita de Il Tirreno, La Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio e La Nuova Ferrara. Negli anni successivi sono state cedute altre testate storiche come La Nuova Sardegna nel 2021, La Gazzetta di Mantova nell’autunno del 2023, e poi l’intero pacchetto dei quotidiani del Nordest (Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, La Nuova di Venezia e Mestre, Il Corriere delle Alpi di Belluno, Il Messaggero Veneto di Udine e Il Piccolo di Trieste) nell’ottobre 2023 al gruppo NEM per 38 milioni di euro. Anche Il Secolo XIX di Genova è stato venduto, così come il settimanale L’Espresso e la prestigiosa testata culturale Micromega.
A dicembre 2024, GEDI ha siglato un accordo preliminare per la cessione de La Provincia Pavese al gruppo editoriale SAE, lasciando a GEDI, prima dell’attuale operazione di vendita totale, solo La Sentinella del Canavese di Ivrea come ultimo giornale locale, oltre a Repubblica, La Stampa, le tre radio nazionali, Limes, HuffPost, National Geographic e Le Scienze. Questo progressivo smantellamento ha suscitato forti critiche da parte delle redazioni, che hanno manifestato in più occasioni contro la politica aziendale, interrogandosi sul perché Elkann avesse acquistato un gran numero di testate per poi progressivamente liberarsene.
I conti del gruppo GEDI testimoniano la profondità della crisi. Nel 2024, GEDI ha chiuso l’anno con una perdita di circa 45 milioni di euro, in miglioramento rispetto ai 102 milioni di rosso del 2023, ma comunque significativa. Il fatturato consolidato è sceso a 386,8 milioni di euro, con un calo del 18,2 per cento rispetto all’anno precedente. La controllata GEDI News Network, che gestisce Repubblica e La Stampa, ha registrato nel 2024 ricavi per 224 milioni di euro e perdite per 15 milioni, contro i 95 milioni di rosso dell’anno precedente. Il risultato è stato ottenuto attraverso drastici tagli ai costi, con il numero di dipendenti passato da 793 a 616 unità e il costo del personale sceso da 117 a 86 milioni di euro.
Le copie giornaliere diffuse sono crollate da 347mila a 251mila, anche se il dato è in parte influenzato dalla cessione di alcune testate. I ricavi editoriali sono scesi da 169 a 118 milioni di euro, mentre quelli pubblicitari da 132 a 103 milioni. L’unico comparto in positivo è quello radiofonico, che ha ottenuto un fatturato in crescita del 4,3 per cento a 63,5 milioni e un utile operativo di 10 milioni. Per sostenere il gruppo, Exor è intervenuta direttamente rinunciando a un credito da 40 milioni di euro e riducendo un finanziamento da 190 a 170 milioni, contribuendo a migliorare i conti patrimoniali con l’indebitamento netto sceso a 200,1 milioni e il patrimonio netto salito da 52,2 a 68,4 milioni di euro.
La vendita delle attività editoriali di GEDI avviene inoltre in un momento simbolico per Repubblica, che si prepara a festeggiare il 50esimo anniversario della sua fondazione il prossimo 14 gennaio 2026. Il quotidiano fu fondato da Eugenio Scalfari, già direttore de L’Espresso, che il 14 gennaio 1976 lanciò un giornale destinato a rompere gli schemi dell’informazione tradizionale e offrire un nuovo approccio approfondito, incisivo e capace di influenzare l’opinione pubblica. Secondo le indiscrezioni, John Elkann avrebbe comunicato di voler essere presente alla festa per i 50 anni della testata, prima di procedere alla firma del passaggio ai greci.
Un ulteriore elemento di complessità nella trattativa riguarda il possibile ricorso al golden power da parte del governo italiano. Questo strumento consente all’esecutivo di esercitare poteri speciali in settori ritenuti strategici per la difesa e la sicurezza nazionale, tra cui le comunicazioni e le frequenze radiofoniche. Nel caso della cessione di GEDI al gruppo greco Antenna, con la presenza del fondo sovrano saudita come azionista di minoranza, il governo potrebbe valutare l’applicazione del golden power considerando le frequenze radiofoniche di Radio Deejay, M2O e Radio Capital come asset strategico nazionale. Tale procedura non si applicherebbe invece nel caso di acquisizione da parte di Del Vecchio, essendo quest’ultimo un imprenditore italiano.
Secondo quanto emerso dalle fonti di stampa, nel caso in cui l’acquisizione venisse finalizzata, il piano industriale del gruppo Antenna prevederebbe anche una significativa riduzione dell’organico. In base ai calcoli di GEDI e considerando l’eventuale accesso a risorse per prepensionamenti, la nuova proprietà potrebbe procedere al prepensionamento di circa 100 giornalisti a Repubblica nei prossimi 24 mesi e di altri 40 a La Stampa. Secondo le fonti vicine all’offerente greco, il piano non punterebbe a mantenere le radio Deejay, Capital e M2O così come sono, ma mirerebbe piuttosto a integrarle in un assetto produttivo e organizzativo diverso dall’attuale, applicando potenzialmente il modello anglosassone con una verticalizzazione dei processi produttivi editoriali e commerciali.
Per quanto riguarda Repubblica, secondo alcune indiscrezioni il piano industriale in fase di scrittura prevederebbe cospicui investimenti e anche una versione del quotidiano romano tutta in inglese, che potrebbe diventare un punto di riferimento per chi cerca notizie sull’Italia dal mondo anglosassone. Le stesse fonti confermano che la linea editoriale resterebbe teoricamente immutata, basata su posizioni critiche verso l’attuale governo, in ossequio all’idea della famiglia greca di mantenere la linea da editore puro interessato a contemperare la gestione economica dell’azienda con la necessità di assicurare integrità e indipendenza dei giornalisti. Tuttavia, queste rassicurazioni appaiono insufficienti agli occhi dei giornalisti, preoccupati dal coinvolgimento del fondo saudita e dall’assenza di garanzie concrete sul futuro occupazionale e sulla salvaguardia dell’autonomia redazionale.
La vicenda ha suscitato anche reazioni politiche. Il leader di Azione Carlo Calenda ha attaccato John Elkann sui social media per la gestione della cessione del gruppo GEDI, esprimendo solidarietà alla redazione de La Stampa. Anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha manifestato preoccupazione per i presunti legami politici della nuova proprietà greca, con particolare riferimento alla vicinanza di Kyriakou al primo ministro greco conservatore Kyriakos Mitsotakis, legami che potrebbero creare problemi alla sinistra italiana. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha espresso solidarietà ai colleghi del gruppo GEDI “in difesa dell’autonomia della professione e della dignità del lavoro giornalistico”.
Venerdì 12 dicembre è previsto un incontro tra i Comitati di Redazione de La Stampa, di Repubblica e della Sentinella con i vertici di GEDI, nel tentativo di ottenere chiarimenti e garanzie concrete sul futuro delle testate e dei livelli occupazionali. La mobilitazione dei giornalisti prosegue, con l’obiettivo dichiarato di difendere con ogni mezzo la dignità professionale e la storia di testate che hanno rappresentato pilastri del giornalismo italiano. La redazione di Repubblica ha ribadito che “il nostro giornalismo non sarà mai in vendita” e si è detta pronta alla mobilitazione. Quella de La Stampa ha sottolineato che “in gioco c’è una testata che ha scritto la storia del giornalismo con un forte radicamento territoriale e una proiezione internazionale che non può essere né svenduta né scaricata a un qualsiasi compratore”.
L’esito della trattativa appare comunque segnato, con Exor determinata a completare l’operazione di dismissione entro i primi mesi del 2026, chiudendo definitivamente il capitolo della presenza della famiglia Agnelli-Elkann nel mondo dell’editoria italiana. Resta da vedere se il governo italiano deciderà di intervenire attraverso il golden power per tutelare gli interessi nazionali nel settore strategico delle comunicazioni, e soprattutto quale sarà il destino di decine di giornalisti che rischiano di perdere il posto di lavoro in un settore già profondamente in crisi. Quello che appare certo è che la cessione di Repubblica e La Stampa segna la fine di un’epoca per il giornalismo italiano e l’inizio di una fase di profonda incertezza per due delle testate più prestigiose e influenti del Paese. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
