Aumentano gli eventi meteo estremi in Italia, già 110 da inizio anno

L’Osservatorio Città Clima di Legambiente documenta 110 eventi meteorologici estremi in Italia nei primi cinque mesi del 2025, registrando un aumento del 31% rispetto al 2024 e confermando l’accelerazione della crisi climatica nazionale.

L’Italia si trova ad affrontare un’accelerazione preoccupante degli eventi meteorologici estremi che sta caratterizzando i primi cinque mesi del 2025, con un bilancio di 110 fenomeni climatici avversi già registrati dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente fino a metà maggio. Questo dato rappresenta un incremento del 31 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024, quando erano stati documentati 84 eventi, confermando una tendenza in costante peggioramento che riflette l’intensificarsi della crisi climatica sul territorio nazionale.

La tipologia di eventi che hanno colpito il Paese nei primi mesi dell’anno evidenzia una particolare concentrazione di fenomeni legati alle precipitazioni intense e ai venti estremi. Gli allagamenti da piogge intense rappresentano la categoria più numerosa con 34 episodi documentati, seguiti dai danni provocati dal vento che hanno raggiunto quota 23 eventi, mentre le esondazioni fluviali ammontano a 14 casi. Questa distribuzione riflette una modificazione sostanziale dei pattern meteorologici tradizionali, con fenomeni che si caratterizzano per intensità crescente e frequenza sempre più elevata.

Il quadro climatico nazionale che emerge dalle rilevazioni di Legambiente conferma una progressione allarmante degli eventi estremi negli ultimi anni, inserendosi in un contesto più ampio di cambiamenti climatici che hanno visto l’Italia registrare nel 2024 ben 351 eventi meteorologici estremi, con un aumento del 485 per cento rispetto al 2015. L’analisi dei dati pluriennali rivela come il fenomeno abbia assunto caratteristiche strutturali, con il 2023 che aveva già segnato un record negativo di 378 eventi estremi, rappresentando un incremento del 22 per cento rispetto al 2022.

La distribuzione geografica degli eventi climatici avversi nel periodo considerato ha mostrato una particolare concentrazione nelle regioni settentrionali, che storicamente risultano le più colpite da questa tipologia di fenomeni. Le regioni del Nord Italia, secondo i dati storici dell’Osservatorio, registrano mediamente il maggior numero di eventi estremi, seguite dalle regioni centrali e meridionali, con dinamiche che riflettono le specifiche caratteristiche orografiche e climatiche del territorio nazionale.

L’analisi meteorologica degli ultimi quindici anni evidenzia cambiamenti sostanziali nei pattern climatici italiani, con particolare riferimento all’innalzamento delle temperature che rappresenta il trend più indicativo del cambiamento climatico in corso. Nelle città del Nord le temperature giornaliere sono cresciute in media di 2,4 gradi centigradi rispetto al 2010, determinando un’impennata di fenomeni climatici estremi di magnitudo sempre più elevata, incluse ondate di calore prolungate e notti tropicali che hanno raggiunto le 80 unità annue.

La risposta istituzionale a questa escalation di eventi climatici estremi ha visto l’attivazione di protocolli di emergenza su scala nazionale, con il Dipartimento della Protezione Civile che ha emesso avvisi di condizioni meteorologiche avverse per dodici regioni, includendo Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria e Veneto. Gli episodi più recenti hanno evidenziato la necessità di un monitoraggio costante dei corsi d’acqua, con particolare attenzione ai fiumi Lambro e Sieve, che hanno registrato significativi innalzamenti dei livelli idrometrici.

Il settore agricolo nazionale continua a rappresentare uno degli ambiti più vulnerabili agli impatti degli eventi meteorologici estremi, con danni che si concentrano particolarmente sulle colture cerealicole e frutticole. Gli episodi di maltempo che hanno interessato le regioni settentrionali hanno provocato danni significativi alle coltivazioni di mais, grano, orzo e alle produzioni viticole, con grandinate che in alcune zone dell’Abruzzo hanno distrutto fino all’80 per cento dei vigneti. La provincia di Cuneo ha registrato una cinquantina di interventi dei vigili del fuoco in poche ore, mentre in Lombardia le precipitazioni hanno causato allagamenti estesi nei comuni della pianura bresciana occidentale.

La mobilitazione della società civile in risposta all’intensificarsi della crisi climatica ha trovato espressione nell’iniziativa promossa da oltre 300 giovani attivisti di Legambiente a Paestum, dove è stata realizzata una catena umana simbolica nell’ambito dello Youth Climate Meeting 2025. L’azione ha inteso richiamare l’attenzione delle istituzioni sulla necessità di accelerare la transizione energetica verso le fonti rinnovabili, abbandonando progressivamente l’utilizzo di combustibili fossili e implementando strategie più efficaci di mitigazione e adattamento climatico.

Le valutazioni internazionali sulla performance climatica italiana confermano una posizione di ritardo rispetto agli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico, con il Paese che si è posizionato al 43esimo posto nel Climate Change Performance Index 2025, mantenendosi nella parte bassa della classifica tra i paesi europei e mondiali. Questo posizionamento riflette il rallentamento nella riduzione delle emissioni climalteranti e l’inadeguatezza delle politiche nazionali di contrasto alla crisi climatica, con particolare riferimento a un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima considerato poco ambizioso rispetto alle sfide in corso.

L’evoluzione dei fenomeni climatici estremi registrata nei primi mesi del 2025 si inserisce in un contesto più ampio di trasformazione del clima mediterraneo, caratterizzato da una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta attraverso eventi violenti sempre più frequenti, sfasamenti stagionali marcati e precipitazioni concentrate in periodi ristretti. Questo scenario richiede un adeguamento sostanziale delle strategie di prevenzione e gestione del rischio idrogeologico, nonché un rafforzamento dei sistemi di allerta precoce e delle infrastrutture di protezione del territorio, per fronteggiare efficacemente le sfide climatiche che caratterizzeranno i prossimi anni.