È ancora in corso una delle tempeste geomagnetiche più lunghe e intense dell’attuale ciclo solare, un fenomeno iniziato nella mattina del primo giugno 2025 che continua a manifestare i suoi effetti sulla magnetosfera terrestre con caratteristiche di durata e intensità del tutto anomale
L’evento è stato innescato dall’arrivo di una potente espulsione di massa coronale, nota tecnicamente come CME, che ha raggiunto la Terra generando una tempesta geomagnetica di severa intensità classificata come G4 secondo la scala internazionale utilizzata dalla NOAA. La perturbazione magnetica ha raggiunto il suo picco massimo nelle prime ore del primo giugno, quando i valori dell’indice Kp hanno toccato il livello 8, corrispondente appunto alla categoria G4 che rappresenta il secondo livello più alto della classificazione delle tempeste geomagnetiche.
L’eccezionalità di questo evento risiede non soltanto nella sua intensità iniziale, ma soprattutto nella sua durata prolungata che continua a caratterizzare l’attività geomagnetica terrestre anche dopo diversi giorni dall’impatto iniziale. Dopo aver raggiunto il picco di classe G4, la tempesta è proseguita nei giorni successivi con intensità variabili, alternando fasi di attenuazione a momenti di recrudescenza, con una breve pausa registrata soltanto nella notte tra l’1 e il 2 giugno, per poi riprendere con rinnovato vigore. Il Centro di Previsione Meteorologica Spaziale della NOAA ha mantenuto attivo l’allerta per una forte tempesta di classe G3 anche per la giornata odierna, estendendo l’avviso fino alle ore 09:00 UTC del 3 giugno, confermando che gli strascichi del fenomeno potrebbero farsi sentire ancora nei prossimi giorni.
Secondo l’analisi fornita dal professor Mauro Messerotti, docente di Meteorologia spaziale presso l’Università di Trieste, la perturbazione geomagnetica attualmente in corso rappresenta un fenomeno di durata eccezionale nel panorama degli eventi solari osservati negli ultimi anni. “La perturbazione è ancora in corso, non ne ricordo un’altra di così lunga durata”, ha dichiarato l’esperto all’agenzia ANSA, sottolineando come la previsione dell’evoluzione futura dell’evento rimanga estremamente complessa a causa della molteplicità dei fattori coinvolti.
L’origine della tempesta può essere ricondotta a una potente espulsione di massa coronale verificatasi sulla superficie solare nella serata del 30 maggio, quando la regione attiva AR 4100, caratterizzata da campi magnetici particolarmente turbolenti e instabili, ha generato un brillamento solare di classe M8.2 alle ore 02:05 del 31 maggio. Questa esplosione solare ha scagliato nello spazio interplanetario un’enorme quantità di plasma magnetizzato che, viaggiando a velocità elevatissime, ha raggiunto la Terra nel pomeriggio del primo giugno, impattando contro la magnetosfera terrestre con effetti immediati e devastanti.
Ciò che rende questo evento particolarmente significativo dal punto di vista scientifico è la concomitanza di multiple sorgenti di perturbazione solare che hanno contribuito ad amplificare e prolungare gli effetti della tempesta geomagnetica. Come evidenziato dal professor Messerotti, “all’effetto della CME si è sommato quello del vento solare prodotto da due buchi coronali presenti sulla superficie del Sole, uno nell’emisfero Nord e uno in quello Sud, e quindi c’è stato un effetto cumulativo”. Questi buchi coronali, aree della corona solare caratterizzate da campi magnetici aperti che permettono la fuoriuscita di sciami di particelle ad altissima velocità, hanno generato flussi di vento solare che hanno raggiunto velocità superiori ai 2,5 milioni di chilometri orari, creando le condizioni ideali per l’intensificazione e il prolungamento della perturbazione geomagnetica.
L’interazione tra questi diversi flussi di vento solare a velocità differenti ha dato origine alle cosiddette regioni di interazione co-rotante, indicate con l’acronimo CIR, fenomeni che si verificano quando correnti solari lente e veloci si scontrano generando onde d’urto simili a quelle prodotte dalle espulsioni di massa coronale. Questo meccanismo ha contribuito significativamente ad amplificare l’intensità della tempesta geomagnetica, creando condizioni di perturbazione magnetica che si sono mantenute attive per un periodo di tempo decisamente superiore alla norma.
Gli effetti di questa tempesta geomagnetica prolungata si sono manifestati in diversi ambiti tecnologici e naturali, con conseguenze che spaziano dalle interferenze nei sistemi di comunicazione radio ai disturbi nei sistemi di navigazione satellitare GPS, fino alla possibilità di osservare fenomeni aurorali a latitudini insolitamente basse. Durante il picco dell’evento, l’indice Kp ha superato il valore critico di 7, soglia che rende possibile l’osservazione dell’aurora boreale anche alle latitudini dell’Italia settentrionale, offrendo agli appassionati di astronomia l’opportunità di assistere a uno spettacolo naturale normalmente riservato alle regioni polari.
Le tempeste geomagnetiche di classe G4 sono eventi relativamente rari che si verificano in media una sessantina di volte durante un ciclo solare completo di undici anni, ma la durata eccezionale dell’evento attuale lo colloca tra i fenomeni più significativi dell’attuale ciclo solare 25. L’intensità e la persistenza di questa perturbazione magnetica hanno richiesto un monitoraggio costante da parte dei centri specializzati internazionali, che hanno mantenuto attive le procedure di allerta per i possibili impatti sui sistemi tecnologici terrestri e spaziali.
L’evoluzione futura di questo evento geomagnetico rimane oggetto di attenta osservazione da parte della comunità scientifica internazionale, con i modelli previsionali che indicano un graduale attenuarsi dell’intensità della perturbazione nei prossimi giorni, anche se la possibilità di ulteriori episodi di intensificazione non può essere completamente esclusa. La complessità dei meccanismi fisici coinvolti e la molteplicità delle sorgenti di perturbazione rendono estremamente difficile formulare previsioni precise sull’andamento futuro dell’evento, confermando quanto affermato dagli esperti sulla difficoltà di predire con accuratezza l’evoluzione di fenomeni solari di questa portata.