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US Open, milionario polacco ruba un cappello autografato a un bambino: sommerso da insulti -VIDEO-

Il CEO polacco Piotr Szczerek diventa protagonista di uno scandalo mondiale dopo aver sottratto un cappellino a un bambino agli US Open.

Un gesto di pochi secondi ha trascinato un imprenditore milionario e la sua azienda in una tempesta mediatica planetaria. Piotr Szczerek, amministratore delegato della società polacca di pavimentazione Drogbruk, è diventato il protagonista involontario di uno dei più grandi scandali social dell’anno dopo aver sottratto un cappellino autografato destinato a un bambino durante gli US Open 2025.

L’episodio si è verificato giovedì 29 agosto al termine dell’incontro di secondo turno tra il tennista polacco Kamil Majchrzak e il russo Karen Khachanov, numero 9 del ranking mondiale. Dopo una battaglia durata oltre quattro ore e conclusasi al quinto set con la vittoria del polacco, Majchrzak si era avvicinato alle tribune per firmare autografi e distribuire gadget ai tifosi, seguendo una tradizione consolidata nel mondo del tennis professionistico.

Le telecamere hanno immortalato il momento esatto in cui il tennista ha consegnato il suo cappellino da gioco al piccolo Brock, ma prima che il bambino potesse afferrarlo definitivamente, Szczerek lo ha strappato con decisione dalle sue mani, infilandolo rapidamente nella borsa della moglie. La scena, trasmessa in diretta televisiva e registrata dalle numerose telecamere presenti, ha mostrato il volto deluso e sorpreso del bambino, mentre Majchrzak, ignaro dell’accaduto, continuava a firmare autografi per altri fan.

Il video dell’incidente ha iniziato a circolare sui social network nel giro di poche ore, raggiungendo dimensioni virali straordinarie. Secondo i dati forniti dal centro di analisi Res Futura, le visualizzazioni hanno superato il miliardo entro quattro ore dalla pubblicazione iniziale, rendendo Szczerek temporaneamente il polacco più famoso al mondo sui social media, escludendo le celebrità sportive nazionali.

La reazione della rete è stata immediata e feroce. Gli utenti di Twitter, Instagram e TikTok hanno espresso indignazione collettiva, definendo il gesto di Szczerek come “vergognoso”, “inaccettabile” e “un esempio di arroganza”. La comunità digitale si è rapidamente trasformata in un vero e proprio tribunale popolare, con migliaia di commenti che condannavano il comportamento dell’imprenditore e chiedevano giustizia per il bambino offeso.

Le conseguenze per l’azienda di Szczerek sono state immediate e devastanti. La Drogbruk, società specializzata nella produzione di pavimentazioni e materiali per l’edilizia fondata nel 1999 insieme alla moglie Anna, è stata investita da quello che gli esperti definiscono “review bombing”, ovvero la pubblicazione coordinata di recensioni negative su larga scala. Le piattaforme di valutazione come GoWork e Trustpilot sono state letteralmente invase da migliaia di commenti negativi, molti dei quali scritti apertamente da persone che non avevano mai utilizzato i servizi dell’azienda ma volevano esprimere la propria disapprovazione per il comportamento del CEO.

In poche ore, la valutazione aziendale è precipitata a 1,4 stelle su 5, mentre i commenti si moltiplicavano con definizioni come “CEO terribile”, “persona spregevole” e “mai più”. La situazione è diventata talmente incontrollabile che l’azienda ha dovuto disabilitare la possibilità di lasciare nuovi commenti su diverse piattaforme digitali.

La risposta iniziale di Szczerek ha ulteriormente alimentato le polemiche. Secondo quanto riportato dai media internazionali, l’imprenditore avrebbe pubblicato un messaggio sul forum polacco GoWork in cui difendeva le proprie azioni con arroganza: “Sì, l’ho preso. Sì, l’ho fatto rapidamente. Ma come ho sempre detto, nella vita chi prima arriva meglio alloggia. Se fossi stato più veloce, lo avresti preso tu“. Il post, successivamente rimosso, conteneva anche velate minacce legali verso chi lo criticava: “Vi ricordo che insultare un personaggio pubblico è soggetto a responsabilità legali. Tutti i commenti offensivi, le calunnie e le insinuazioni saranno analizzate per valutare la possibilità di portare la questione in tribunale”.

La situazione si è complicata ulteriormente quando sono iniziate a circolare false dichiarazioni attribuite a Szczerek e ai suoi presunti legali. Una fantomatica “kancelaria WKB Lawyers” aveva diffuso un comunicato falso, prontamente smentito dai veri professionisti che hanno minacciato azioni legali per l’uso improprio della loro denominazione. Questo episodio ha evidenziato come, durante le crisi reputazionali digitali, proliferino rapidamente contenuti falsi che complicano ulteriormente la gestione della situazione.

Di fronte al crescente scandalo, Szczerek ha scelto la strada del silenzio digitale, disattivando tutti i suoi profili social e sparendo completamente dalla scena pubblica. Questa strategia di comunicazione si è rivelata controproducente, alimentando ulteriormente le speculazioni e la rabbia degli utenti che interpretavano il silenzio come un segno di colpevolezza e mancanza di pentimento.

Mentre la tempesta mediatica si abbatteva sul CEO polacco, Kamil Majchrzak ha dimostrato una classe e una sportività esemplari. Non appena venuto a conoscenza dell’accaduto attraverso i video circolanti sui social, il tennista ha immediatamente lanciato un appello pubblico per rintracciare il bambino: “Dopo la partita, non mi sono accorto che il mio cappello non era arrivato al bambino. Potreste aiutarmi a trovarlo? Se sei tu o i tuoi genitori vedono questo, mandatemi un messaggio“.

L’appello di Majchrzak ha scatenato una mobilitazione collettiva positiva sui social network. Migliaia di utenti hanno condiviso il messaggio, trasformando la ricerca del bambino in una vera e propria missione digitale. Nel giro di poche ore, la “potenza di Internet” – come l’ha definita lo stesso tennista – ha permesso di identificare e contattare la famiglia di Brock.

Sabato 31 agosto si è consumato il lieto fine di questa storia. Majchrzak ha organizzato un incontro personale con il bambino proprio negli impianti degli US Open, documentando il momento attraverso foto e video pubblicati sui suoi profili Instagram. Il tennista ha consegnato a Brock non solo un nuovo cappellino autografato, ma un’intera borsa di gadget e memorabilia del torneo, trasformando quella che era stata un’esperienza negativa in un ricordo indimenticabile per il giovane tifoso.

“Ciao mondo, insieme a Brock vi auguriamo una splendida giornata”, ha scritto Majchrzak accompagnando le immagini dell’incontro. Il gesto del tennista polacco è stato universalmente applaudito dai media internazionali e dai social network, diventando uno dei momenti più toccanti e significativi di questa edizione degli US Open.

Solo il primo settembre Szczerek ha rotto il silenzio con un’ammissione di colpa pubblica attraverso la pagina Facebook di Drogbruk. “Commisi un grave errore comportandomi in modo inappropriato”, ha scritto l’imprenditore, scusandosi pubblicamente e precisando che tutti i precedenti comunicati e dichiarazioni circolanti in rete non erano autentici: “Né io, né mia moglie, né i miei figli abbiamo mai commentato questa situazione sui social media. Non abbiamo utilizzato alcuno studio legale in merito. Tutte le presunte dichiarazioni apparse in rete non sono di nostra authorship”.

L’imprenditore ha anche rivelato il costo personale dello scandalo: “Questa situazione mi ha mostrato che un momento di disattenzione può vanificare anni di lavoro e sostegno. È per me una lezione dolorosa ma necessaria di umiltà”. Ha concluso promettendo un maggiore impegno in iniziative a favore di bambini e giovani, nel tentativo di ricostruire la reputazione perduta.

La vicenda ha assunto dimensioni talmente ampie che media di tutto il mondo hanno dedicato articoli e servizi all’episodio. Dalle testate americane come CNN e New York Post, a quelle europee come BBC e Corriere della Sera, fino ai media asiatici e sudamericani, l’incidente del cappellino è diventato un caso di studio sulla velocità e l’impatto delle dinamiche digitali moderne.

Esperti di comunicazione e crisis management hanno analizzato l’episodio come un esempio paradigmatico di come un singolo gesto possa demolire in poche ore la reputazione costruita in decenni di attività imprenditoriale. Il caso Szczerek è entrato nei manuali di gestione della crisi aziendale come dimostrazione di quanto sia fondamentale una risposta rapida, autentica e umile quando si verifica un incidente reputazionale nell’era dei social media.

Per l’azienda Drogbruk, che prima dello scandalo era una realtà rispettata nel settore delle costruzioni polacco e sponsor di numerose iniziative sportive giovanili, la strada verso il recupero dell’immagine appare lunga e complessa. Gli analisti di mercato stimano che potrebbero servire anni per riparare completamente i danni reputazionali subiti, nonostante le scuse pubbliche e i tentativi di riconciliazione.

La storia del cappellino rubato agli US Open rimarrà probabilmente nella memoria collettiva come un monito sui pericoli dell’era digitale, ma anche come una dimostrazione di come lo sport possa ancora essere veicolo di valori positivi. Il contrasto tra l’arroganza di Szczerek e la generosità di Majchrzak ha creato una narrazione che trascende il semplice episodio sportivo, diventando una parabola moderna sui valori umani, la responsabilità sociale e il potere trasformativo della tecnologia quando viene utilizzata per scopi costruttivi.

Il bambino Brock, inconsapevole protagonista di questa vicenda planetaria, ha ricevuto non solo il cappellino desiderato, ma anche una lezione di vita sul fatto che, nonostante esistano persone capaci di gesti meschini, ci sono sempre altre disposte a riparare il torto subito. Una lezione che, in un mondo sempre più polarizzato e cinico, assume un valore inestimabile.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!