Scarica l'App NewsRoom.
Non perderti le ULTIME notizie e le ALLERTA METEO in tempo reale.

Scarica GRATIS

Caro energia, quello che non ti dicono sul sistema parassitario che spreme le tasche degli italiani

Calenda smaschera le rendite nascoste delle partecipate pubbliche: utili stellari per Enel e Terna, mentre famiglie e imprese affondano sotto il peso delle bollette più care d’Europa.
Credit © Unsplash

Il caro bollette non è solo una questione di mercati volatili e tensioni geopolitiche. È, soprattutto, il frutto di un sistema drogato da rendite parassitarie, da monopoli travestiti da concorrenza e da una gestione pubblica delle partecipate che, invece di tutelare cittadini e imprese, si comporta come una macchina da profitti senza rischio. A dirlo non è un oppositore ideologico del sistema, ma Carlo Calenda, senatore ed ex ministro dello Sviluppo economico, che ha smontato con precisione chirurgica l’architettura opaca del sistema energetico italiano, portando alla luce un intreccio perverso tra concessioni pubbliche, margini esorbitanti e tariffe insostenibili.

Secondo Calenda, le bollette italiane sono tra le più alte d’Europa non perché l’energia costi necessariamente di più alla fonte, ma perché la struttura dei costi è viziata. Circa il 40% della bolletta è legato al prezzo della borsa elettrica – negli ultimi mesi superiore dell’85% alla media europea – mentre il restante 60% è una giungla di oneri, accise e voci regolatorie. Ma è nei meccanismi concessori che si annida il cuore del problema.

L’energia idroelettrica, ad esempio, viene prodotta con costi irrisori – tra i 25 e i 30 euro al megawattora – ma venduta sul mercato a 140 euro. Un guadagno immenso per chi gestisce le concessioni, con margini che superano quelli delle grandi multinazionali del lusso. Calenda propone una soluzione semplice e concreta: vincolare i rinnovi delle concessioni alla vendita dell’energia a un prezzo massimo calmierato, ad esempio 60 euro/MWh. Un’operazione che consentirebbe di ridurre drasticamente il costo per le imprese, evitando chiusure e delocalizzazioni, e restituendo un senso di giustizia economica all’intero sistema.

Ma non finisce qui. Il senatore attacca con forza il rinnovo delle concessioni per la distribuzione elettrica, oggi in mano per l’85% a Enel Distribuzione. Il governo, in questo caso, ha imposto un contributo una tantum in cambio del rinnovo, che però Enel ha immediatamente ribaltato in bolletta. La beffa è doppia: i cittadini pagano un extra per garantire un vantaggio a un soggetto che non corre alcun rischio d’impresa, dato che i ricavi sono fissati dall’Autorità per l’energia. Enel Distribuzione, infatti, ha registrato un margine operativo lordo (EBIT) del 38%, più del doppio di quanto realizzato dai distributori francesi (17%). Ancora più impressionanti i numeri di Terna, la società che gestisce la trasmissione dell’energia in regime di monopolio: profitti pari al 42% del fatturato, livelli che – come osserva ironicamente Calenda – nemmeno Hermes riesce a raggiungere in Francia.

Il nodo non è l’inefficienza, ma l’efficienza deviata di un sistema che massimizza il profitto a scapito dell’interesse pubblico. “Sono aziende pubbliche che speculano sul pubblico”, denuncia Calenda. Ed è difficile dargli torto, guardando i bilanci di questi “gioielli” di Stato. I fondi finanziari internazionali li considerano asset sicuri e redditizi perché generano utili enormi senza i rischi tipici del mercato: rendite garantite, flussi di cassa stabili e prezzi drogati da regolazioni favorevoli.

Il paradosso è tutto qui: mentre famiglie e imprese lottano con bollette che prosciugano risparmi e competitività, lo Stato – o meglio, le sue partecipate – lucra sulla pelle dei cittadini. Una forma di autofagia istituzionale che mina la fiducia nelle istituzioni e deforma il concetto stesso di servizio pubblico. Da giornalista conservatore, che crede nel mercato, nella concorrenza e nell’efficienza, non posso che sostenere la linea di Calenda. Perché qui non si tratta di ideologia, ma di buon senso e giustizia economica.

La proposta di rivedere le concessioni, tagliare le rendite e riportare trasparenza nei meccanismi di formazione del prezzo dell’energia è non solo condivisibile, ma urgente. Non si può continuare a giustificare il caro energia con la guerra o il gas russo, quando il problema è – letteralmente – sotto casa nostra, nascosto tra le pieghe di bilanci pubblici opachi e di scelte politiche miopi o, peggio, compiacenti. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!