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Dal primo gennaio Pluto e Betty Boop liberi dal copyright

Il primo gennaio 2026 scadono i diritti d’autore sulle opere del 1930: le prime versioni di Pluto e Betty Boop entrano nel pubblico dominio, aprendo a nuovi usi creativi ma con precisi limiti legali sui marchi.

Lo scoccare della mezzanotte del primo gennaio 2026 segnerà un momento spartiacque nella storia della proprietà intellettuale statunitense, con l’ingresso ufficiale nel pubblico dominio di una serie di opere pubblicate nel 1930, tra cui spiccano le incarnazioni primigenie di due icone assolute dell’animazione mondiale: Pluto e Betty Boop. In virtù del Copyright Term Extension Act del 1998, noto colloquialmente come “Mickey Mouse Protection Act”, la protezione del diritto d’autore negli Stati Uniti si estende per 95 anni dalla data di pubblicazione, un termine temporale che, una volta esaurito, restituisce le opere alla collettività, permettendo a chiunque di riprodurle, rielaborarle e distribuirle senza necessità di autorizzazioni o pagamento di royalties.

Per gli studiosi di storia del cinema e per i creativi di tutto il mondo, l’evento riveste un’importanza capitale, sebbene richieda una lettura attenta delle sottigliezze legali che governano l’evoluzione dei personaggi seriali. Nel caso specifico del fedele compagno di Topolino, la versione che si libera dai vincoli del copyright è esclusivamente quella apparsa per la prima volta nel cortometraggio The Chain Gang, distribuito nelle sale americane nel settembre del 1930. In questa pellicola, il personaggio non portava ancora il nome di Pluto, bensì appariva come un anonimo segugio da caccia (o bloodhound) sguinzagliato sulle tracce di un Topolino evaso di prigione; solo successivamente, nel corto The Picnic dello stesso anno, sarebbe stato identificato come “Rover”, il cane di Minni, prima di acquisire la denominazione definitiva e le caratteristiche psicologiche più complesse che lo avrebbero reso celebre nel 1931 con The Moose Hunt.

Parallelamente, la situazione di Betty Boop presenta sfumature ancora più complesse e affascinanti sotto il profilo filologico, dato che il personaggio che entra nel pubblico dominio differisce sostanzialmente dalla sensuale flapper girl impressa nell’immaginario collettivo. La sua apparizione inaugurale nel corto Dizzy Dishes, datato agosto 1930 e prodotto dai Fleischer Studios, ci restituisce infatti una figura ibrida, antropomorfa ma con evidenti tratti canini, dotata di lunghe orecchie da cane che in seguito si sarebbero trasformate nei celebri orecchini a cerchio. Questa distinzione è fondamentale poiché i detentori dei diritti, i Fleischer Studios, hanno già chiarito attraverso comunicati ufficiali che, mentre il design originale del 1930 diverrà di libero utilizzo, le successive evoluzioni del personaggio e, soprattutto, il marchio registrato “Betty Boop” rimarranno saldamente protetti, impedendo di fatto lo sfruttamento commerciale che possa generare confusione nel consumatore circa l’origine del prodotto.

Il fenomeno del “Public Domain Day” del 2026 non si limiterà tuttavia all’animazione, ma investirà un vasto patrimonio culturale che include capolavori della letteratura e della cinematografia internazionale, scatenando quella che gli esperti definiscono una vera e propria valanga culturale. Tra le opere che diverranno patrimonio comune figurano pietre miliari del genere noir come il romanzo Il falcone maltese di Dashiell Hammett, il primo volume della saga di Nancy Drew, The Secret of the Old Clock, e pellicole di importanza storica come il film premio Oscar All’ovest niente di nuovo, tratto dal romanzo di Remarque. Questa liberalizzazione massiccia offre opportunità inedite per la conservazione digitale, permettendo a cineteche e archivi online di restaurare e diffondere copie ad alta definizione di pellicole che rischiavano l’oblio a causa dell’irreperibilità degli aventi diritto o dei costi proibitivi di licenza.

La caduta del copyright su queste opere solleva interrogativi stimolanti sul futuro riutilizzo creativo di icone che hanno plasmato il Novecento, ponendo le basi per una nuova ondata di adattamenti che potrebbero spaziare dalla rilettura filologica alla parodia dissacrante, come già osservato con il recente ingresso nel pubblico dominio della prima versione di Topolino nel 2024. Tuttavia, gli esperti legali ammoniscono che la linea di demarcazione tra libertà creativa e violazione del marchio rimane sottile: se il diritto d’autore protegge l’opera creativa in sé e scade col tempo, il marchio tutela l’identità commerciale e può essere rinnovato perpetuamente finché viene utilizzato attivamente sul mercato. Di conseguenza, mentre sarà perfettamente legale realizzare un nuovo cartone animato utilizzando il design del cane di The Chain Gang o della proto-Betty Boop di Dizzy Dishes, commercializzare merchandise che utilizzi i loghi moderni o suggerisca un legame ufficiale con la Disney o i Fleischer Studios rimarrà un terreno minato passibile di azioni legali.

In definitiva, il primo gennaio 2026 rappresenterà non solo una scadenza burocratica, ma un momento di restituzione culturale che permetterà alle generazioni contemporanee di dialogare direttamente con l’eredità artistica del 1930, anno cruciale che vide il consolidamento del sonoro al cinema e la fioritura di linguaggi espressivi che ancora oggi costituiscono l’ossatura dell’industria dell’intrattenimento globale. La possibilità di accedere liberamente a queste risorse costituisce un arricchimento inestimabile per il dominio pubblico, garantendo che queste opere possano continuare a vivere, mutare e ispirare ben oltre il secolo della loro creazione. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!