Il prossimo weekend dell’ 8 e 9 giugno 2025 rappresenta un appuntamento cruciale per la democrazia italiana, con circa cinquanta milioni di cittadini chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi che potrebbero modificare profondamente il panorama normativo nazionale in materia di lavoro e cittadinanza. I seggi elettorali rimarranno aperti nella giornata di domenica 8 giugno dalle ore 7 alle 23 e nella giornata di lunedì 9 giugno dalle ore 7 alle 15, in una consultazione che richiede il raggiungimento del quorum del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto per validare i risultati.
La consultazione referendaria si articola attorno a quattro quesiti promossi dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro e da altre associazioni della società civile, focalizzati sulla revisione di aspetti centrali della legislazione sul lavoro, e un quinto quesito proposto dal partito Più Europa con il sostegno di Possibile, Partito Socialista Italiano, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista, dedicato alla semplificazione delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Le proposte referendarie hanno largamente superato la soglia minima di cinquecentomila adesioni richiesta dalla normativa, raccogliendo milioni di firme e dimostrando un significativo interesse popolare verso i temi oggetto della consultazione.
Il primo quesito: reintegro nel posto di lavoro per licenziamenti illegittimi
Il primo quesito referendario, identificato dalla scheda di colore verde, propone l’abrogazione del Decreto Legislativo numero 23 del 4 marzo 2015, componente centrale del Jobs Act che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. La normativa attualmente in vigore consente alle imprese con più di quindici dipendenti di non reintegrare un lavoratore licenziato anche quando un giudice dichiari illegittimo e infondato l’interruzione del rapporto di lavoro, limitando il risarcimento a un’indennità economica calcolata in base all’anzianità di servizio. In caso di vittoria del Sì, verrebbe ripristinata la possibilità di reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro per tutti i casi di licenziamento illegittimo, riportando in vigore le tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015.
La modifica normativa interesserebbe principalmente le aziende con oltre quindici dipendenti e specificatamente i lavoratori assunti a partire dal 2015, data di entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro promossa dal governo guidato da Matteo Renzi. La Corte Costituzionale e numerose sentenze della Corte di Cassazione hanno già evidenziato problematiche relative all’applicazione della normativa vigente, suggerendo in diverse occasioni interpretazioni più garantiste nei confronti dei diritti dei lavoratori.
Il secondo quesito: eliminazione del tetto agli indennizzi nelle piccole imprese
Il secondo quesito, rappresentato dalla scheda di colore arancione, mira a eliminare il limite massimo di sei mensilità previsto per l’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di sedici dipendenti. Attualmente, i lavoratori delle piccole imprese, che secondo i dati sindacali ammontano a circa tre milioni e settecentomila unità, possono ottenere al massimo sei mensilità di risarcimento anche quando un giudice reputi completamente infondata l’interruzione del rapporto lavorativo. La vittoria del Sì comporterebbe l’abolizione di questo tetto massimo, affidando al giudice la determinazione del giusto risarcimento senza limitazioni predefinite dalla normativa, pur mantenendo l’esclusione del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro per le piccole imprese.
Il terzo quesito: contratti a termine e obbligo di causale
Il terzo quesito referendario, identificato dalla scheda grigia, propone l’abrogazione di specifiche disposizioni del Decreto Legislativo numero 81 del 15 giugno 2015, che disciplinano la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato e le condizioni per proroghe e rinnovi. La normativa attualmente vigente ha semplificato notevolmente le procedure per l’utilizzo dei contratti a termine, eliminando in molti casi l’obbligo di specificare le ragioni oggettive che giustificano il ricorso a questa tipologia contrattuale. In caso di approvazione del quesito, verrebbe ripristinato l’obbligo di causale per i contratti a tempo determinato, imponendo ai datori di lavoro di motivare specificamente le ragioni che rendono necessario il ricorso a contratti non permanenti e limitando le possibilità di abuso di questa forma contrattuale.
Il quarto quesito: responsabilità solidale negli appalti
Il quarto quesito, rappresentato dalla scheda rossa, affronta la questione della responsabilità solidale negli appalti in materia di sicurezza sul lavoro, proponendo l’abrogazione della norma che attualmente esclude la responsabilità del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni derivanti da rischi specifici dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. La vittoria del Sì estenderebbe il principio della responsabilità solidale anche ai casi in cui l’infortunio sia collegato a un rischio specifico proprio dell’impresa appaltatrice, rendendo il committente corresponsabile degli incidenti sul lavoro indipendentemente dalla loro natura specifica. Questa modifica normativa potrebbe comportare un significativo rafforzamento delle tutele per i lavoratori impiegati in catene di appalto e subappalto, settori spesso caratterizzati da maggiori rischi per la sicurezza.
Il quinto quesito: riduzione dei tempi per la cittadinanza
Il quinto e ultimo quesito, identificato dalla scheda gialla, propone di dimezzare da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale continuativa in Italia richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per poter presentare domanda di cittadinanza italiana. La normativa attuale prevede che i cittadini di paesi non appartenenti all’Unione Europea debbano risiedere legalmente e continuativamente sul territorio nazionale per almeno dieci anni prima di poter avviare la procedura di naturalizzazione, cui si aggiungono spesso anni di attesa per l’effettiva concessione della cittadinanza. La vittoria del Sì ridurrebbe significativamente i tempi di attesa, facilitando l’integrazione e il riconoscimento giuridico degli stranieri che abbiano stabilito un legame stabile con il territorio italiano.
Quorum e implicazioni politiche
La validità dei referendum dipende dal raggiungimento del quorum, che richiede la partecipazione di almeno la metà più uno degli aventi diritto al voto, condizione che negli ultimi anni si è rivelata particolarmente impegnativa da soddisfare. Il governo e i partiti di centrodestra stanno apertamente sostenendo l’astensione, consapevoli che il mancato raggiungimento del quorum comporterebbe automaticamente l’invalidazione della consultazione indipendentemente dal risultato dei singoli quesiti. La battaglia politica si concentra quindi non solo sul merito delle proposte normative, ma anche sulla mobilitazione elettorale, con i promotori dei referendum impegnati in una campagna volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della partecipazione democratica. La coincidenza delle date referendarie con il secondo turno delle elezioni amministrative in numerosi comuni italiani potrebbe influenzare positivamente l’affluenza alle urne, offrendo un’opportunità aggiuntiva per il raggiungimento del quorum necessario.