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Artem Tkachuk, “Ho scoperto di avere una sorella su Instagram”

L’attore di Mare Fuori rivela nell’ultima puntata di Ciao Maschio di aver scoperto una sorella tramite Instagram e di aver quasi abbandonato l’Italia per arruolarsi in Ucraina.
Credit © Rai

L’attore di Mare Fuori Artem Tkachuk ha fatto rivelazioni intime e toccanti durante la sua partecipazione all’ultima puntata stagionale di Ciao Maschio, il programma condotto da Nunzia De Girolamo in onda su Rai 1. L’interprete di Pino ‘o pazzo ha confessato di aver scoperto l’esistenza di una sorella attraverso i social media e di aver seriamente considerato l’idea di tornare in Ucraina per arruolarsi nell’esercito, una decisione che avrebbe comportato conseguenze irreversibili per la sua carriera e la sua vita in Italia.

Durante l’intervista trasmessa sabato 7 giugno in seconda serata, Tkachuk ha rivelato particolari inediti della sua vita privata che testimoniano il legame indissolubile con le sue radici ucraine nonostante il successo ottenuto nel panorama televisivo italiano. “Ho scoperto di avere una sorella, però non l’ho mai vista”, ha dichiarato l’attore ventiquattrenne nato a Uman nel 2000, aggiungendo di averla conosciuta circa un anno fa attraverso Instagram quando “sono successe alcune dinamiche” che hanno portato alla scoperta di questo legame familiare. La giovane donna vive in Ucraina con un figlio, mentre il marito combatte attualmente al fronte, una situazione che ha spinto Artem a offrire il suo sostegno morale ed economico attraverso messaggi e aiuti concreti, pur mantenendo un rapporto esclusivamente virtuale attraverso la piattaforma social.

La rivelazione più scioccante dell’intervista ha riguardato però il momento di profonda crisi vissuto dall’attore all’inizio del 2025, quando una forte nostalgia per la patria lo ha portato a maturare la decisione di abbandonare l’Italia per tornare definitivamente in Ucraina. “Non vi nascondo che all’inizio di quest’anno, periodo di marzo, ho avuto un po’ dei momenti di nostalgia forte come se non sentivo di voler continuare a vivere qua”, ha confessato Tkachuk, rivelando di aver addirittura acquistato i biglietti aerei per il viaggio che avrebbe cambiato radicalmente il corso della sua esistenza. La decisione, maturata in un momento di particolare vulnerabilità emotiva, comportava però conseguenze drammatiche: il rientro in Ucraina avrebbe significato l’arruolamento obbligatorio nell’esercito e l’impossibilità di fare ritorno in Italia, dove ha costruito la sua carriera artistica e la sua nuova vita.

L’attore ha spiegato con lucidità le implicazioni legali della sua situazione, evidenziando come la sua residenza e i dati anagrafici siano ancora registrati in Ucraina, circostanza che lo renderebbe immediatamente soggetto agli obblighi militari previsti dal paese in guerra. “Se vado lì, rischio di non ritornare più, perché comunque lì ho la mia residenza, ancora vecchi dati anagrafici”, ha precisato, aggiungendo che “mi arruolerebbero” automaticamente al suo arrivo. La consapevolezza di questa realtà non ha però inizialmente fermato la sua determinazione, tanto che ha ammesso candidamente: “Se devo morire, preferisco morire là che qua in Italia”, una dichiarazione che rivela la profondità del conflitto interiore vissuto dall’attore tra l’attaccamento alle origini e la vita costruita nel paese che lo ha accolto.

La biografia di Artem Tkachuk rappresenta un perfetto esempio di integrazione riuscita nonostante le difficoltà iniziali legate alla sua condizione di immigrato. Nato il 7 luglio 2000 nella cittadina ucraina di Uman, si è trasferito in Italia all’età di sei anni insieme alla famiglia, stabilendosi nel quartiere Salicelle di Afragola, in provincia di Napoli, dove ha dovuto affrontare episodi di discriminazione legati alle sue origini straniere. La sua infanzia è stata caratterizzata da un continuo movimento tra Ucraina e Italia, trascorrendo alcuni anni con i nonni paterni nel paese natale prima di stabilirsi definitivamente nel territorio campano, dove ha sviluppato la passione per la recitazione che lo ha poi portato al successo nazionale.

Il percorso artistico di Tkachuk è iniziato quasi per caso quando, all’età di diciassette anni, un regista lo ha notato in un bar napoletano e lo ha messo in contatto con Claudio Giovannesi, che gli ha offerto il ruolo di Tyson nel film “La paranza dei bambini” del 2019. Il vero successo è però arrivato l’anno successivo con “Mare Fuori”, la serie televisiva prodotta da Rai Fiction che lo ha reso celebre in tutta Italia interpretando Giuseppe “Pino” Pagano, soprannominato “o’ pazzo” per il suo carattere irascibile e impetuoso. Il personaggio, detenuto nell’immaginario Istituto Penale per Minorenni di Napoli ispirato al carcere di Nisida, ha permesso all’attore di esprimere al meglio le sue capacità interpretative, consolidando la sua posizione nel panorama televisivo nazionale.

La partecipazione a “Ciao Maschio” rappresenta per Tkachuk un’importante occasione di confronto personale in un contesto televisivo che privilegia la profondità del racconto rispetto alla superficialità dell’intrattenimento. Il programma, ideato come “viaggio nell’universo maschile attraverso parole, immagini e scambio di opinioni”, va in onda dal 2021 nella seconda serata del sabato su Rai 1, ospitando in ogni puntata tre personalità maschili che si sottopongono alle domande di Nunzia De Girolamo e al giudizio finale dell’opinionista di turno, attualmente Maruska Starr. La trasmissione ha rappresentato per l’attore di origini ucraine un momento di riflessione pubblica sulla propria identità, sui legami familiari e sui dilemmi morali legati al conflitto in corso nel suo paese natale.

Le dichiarazioni di Tkachuk assumono particolare rilevanza nel contesto della guerra in Ucraina, che ha profondamente segnato la comunità ucraina in Italia e ha riaperto questioni identitarie complesse per chi, come l’attore, vive una doppia appartenenza culturale. La scoperta della sorella attraverso Instagram e la consapevolezza della sua condizione di madre sola con il marito al fronte rappresentano il volto umano di un conflitto che continua a separare famiglie e a creare sofferenze individuali al di là delle dinamiche geopolitiche. L’intervento di quello che Artem ha definito un “angelo custode” ha impedito che prendesse una decisione che avrebbe compromesso irreversibilmente il suo futuro, ma ha anche evidenziato la profondità del legame emotivo che lo unisce alla patria d’origine nonostante il successo raggiunto in Italia.

La testimonianza dell’attore di Mare Fuori rappresenta un documento prezioso per comprendere le complessità dell’integrazione e i conflitti identitari vissuti da chi ha costruito una nuova vita mantenendo però radici profonde nel paese d’origine, particolarmente quando quest’ultimo si trova in una situazione di guerra che richiama al dovere patriottico e alla solidarietà familiare. Le sue parole offrono uno spaccato autentico delle contraddizioni e delle difficoltà emotive che caratterizzano l’esperienza migratoria contemporanea, dove il successo professionale non sempre riesce a colmare il vuoto lasciato dalla distanza geografica e culturale dalle proprie origini.