Burgez è fallito, ecco perché il fast food italiano più irriverente ha chiuso

Il tribunale di Milano dichiara la liquidazione giudiziale di Burgez, catena fondata nel 2015 da Simone Ciaruffoli, famosa per marketing provocatorio ma con debiti oltre 30mila euro.
Credit © X

Il tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato la liquidazione giudiziale per Burgez, la catena di fast food che dal 2015 aveva fatto dell’irriverenza e della provocazione il proprio marchio distintivo nel panorama della ristorazione italiana. La decisione, firmata dalla giudice Caterina Macchi a fine maggio, ha sancito la chiusura di un’avventura imprenditoriale che aveva saputo conquistare l’attenzione mediatica attraverso campagne di marketing controverse, ma che non è riuscita a trasformare la notorietà in sostenibilità economica. I debiti accumulati dalla società, secondo quanto riportato nella sentenza, risultano essere superiori ai 30.000 euro, una cifra che ha spinto l’azienda verso questa procedura che sostituisce il fallimento tradizionale.

Fondata nel 2015 da Simone Ciaruffoli, la catena aveva costruito la propria identità aziendale su un approccio comunicativo deliberatamente trasgressivo e anticonformista, presentandosi come “il primo smash burger in Europa” e rivendicando di aver “insegnato a tutti come fare gli hamburger”. L’espansione della catena aveva raggiunto dimensioni considerevoli, con 20 punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale, da Milano a Roma, generando un fatturato che nel 2022 aveva toccato quota 11,8 milioni di euro. Tuttavia, dietro questi numeri apparentemente positivi si celava una situazione finanziaria critica, evidenziata da una perdita di 2,4 milioni di euro nello stesso anno, nonostante un capitale sociale di 5 milioni di euro e costi del personale pari a 3,1 milioni.

Il percorso imprenditoriale di Ciaruffoli, figura poliedrica che combina competenze nel campo della comunicazione, della scrittura e della produzione televisiva, aveva trovato nel settore della ristorazione rapida un terreno fertile per sperimentare strategie di marketing non convenzionali. La filosofia aziendale di Burgez si basava su un approccio che ribaltava i tradizionali paradigmi del customer service, partendo dal presupposto che “il cliente non ha sempre ragione” e distinguendo tra la figura del cliente fisico e quella dell’utente digitale. Questa strategia comunicativa, gestita attraverso l’agenzia Upper Beast Side di cui lo stesso Ciaruffoli è fondatore e direttore creativo, aveva generato un seguito fedele ma anche numerose controversie.

Le campagne pubblicitarie di Burgez erano diventate leggendarie nel panorama del marketing italiano per la loro capacità di generare discussioni e polarizzare l’opinione pubblica. Tra gli esempi più eclatanti si ricordano l’annuncio di lavoro del 2018 che conteneva riferimenti considerati offensivi e discriminatori nei confronti delle lavoratrici italiane rispetto a quelle di origine filippina, e la controversa iniziativa per la Festa della Donna del 2019, quando venne offerta in omaggio una maglietta con riferimenti sessuali espliciti, provocando una valanga di critiche che portò alla rimozione immediata del post. Questi episodi dimostravano come la strategia comunicativa dell’azienda camminasse costantemente sul filo del rasoio tra provocazione e offesa.

La crescita della catena aveva beneficiato significativamente del boom del food delivery durante la pandemia, periodo in cui il fatturato aveva raggiunto i 10 milioni di euro grazie anche alle partnership con le piattaforme di consegna a domicilio. Il successo iniziale era stato alimentato dalla capacità di intercettare i gusti di una generazione abituata ai social media e ai linguaggi digitali, utilizzando meme, pubblicità comparativa e un tone of voice deliberatamente irriverente che sfidava i competitor consolidati come McDonald’s attraverso operazioni di guerrilla marketing. La strategia aveva funzionato nella fase di lancio, consentendo all’azienda di ritagliarsi una nicchia significativa nel mercato italiano degli smash burger.

Tuttavia, l’analisi delle performance digitali della catena rivela alcune criticità che potrebbero aver contribuito alla crisi attuale. Nonostante il profilo Instagram “instaburgez” contasse 95.000 follower, l’engagement rate medio risultava essere dello 0,05%, un dato significativamente inferiore agli standard del settore, con una media di appena 43 like per post. Questi numeri suggeriscono che, pur avendo conquistato visibilità e notorietà, la catena non era riuscita a trasformare l’attenzione mediatica in un coinvolgimento autentico e duraturo da parte del proprio pubblico. La provocazione costante, pur garantendo copertura mediatica, non aveva generato quella fedeltà necessaria per sostenere la crescita economica a lungo termine.

La situazione di Burgez si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà per il settore della ristorazione italiana, dove numerose catene hanno incontrato problemi analoghi negli ultimi anni. Il mercato del fast food in Italia, pur registrando una crescita complessiva con un valore di 17 miliardi di euro nel 2024, rimane dominato da grandi player internazionali come McDonald’s, Burger King e KFC, che beneficiano di economie di scala e modelli di business consolidati. Per le realtà italiane emergenti, la sfida consiste nel trovare un equilibrio tra differenziazione e sostenibilità economica, un obiettivo che Burgez non è riuscita a raggiungere nonostante l’innovativo approccio comunicativo.

La procedura di liquidazione giudiziale, che ha sostituito l’istituto del fallimento, consentirà alla società di vendere i propri beni per saldare i debiti nei confronti dei creditori. Il curatore nominato, l’avvocata Francesca Monica Cocco, dovrà procedere all’inventario dei beni aziendali e alla valutazione degli asset, mentre l’udienza per l’esame dello stato passivo è stata fissata per il 15 ottobre. Questa procedura potrebbe teoricamente aprire la strada a una riorganizzazione dell’attività, ma le prospettive appaiono complesse considerando la natura strutturale delle difficoltà economiche emerse. L’ultimo post pubblicato sui canali social della catena risale a sei giorni prima della dichiarazione di liquidazione, quando Burgez aveva annunciato la propria partecipazione al Nameless festival con tre postazioni, segno che l’attività commerciale era proseguita fino all’ultimo momento disponibile.