Da tre mesi non riceve la pensione, l’Inps: “Dimostri che non è morto”

Un pensionato di 78 anni di Posta Fibreno non riceve la pensione da marzo a causa di un errore burocratico che lo ha registrato come deceduto al posto di un familiare effettivamente morto.
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Un incredibile caso di burocrazia assurda ha colpito Michele, pensionato di 78 anni residente a Posta Fibreno, in provincia di Frosinone, che da marzo 2025 non riceve più la pensione perché l’INPS lo considera ufficialmente deceduto. L’anziano, tuttavia, è vivo e vegeto, ma ora deve affrontare l’arduo compito di dimostrare la propria esistenza al sistema previdenziale italiano attraverso un certificato ufficiale che attesti il suo stato di vita.

La vicenda ha avuto origine il 24 febbraio scorso quando un familiare novantenne di Michele è effettivamente deceduto presso l’ospedale “Santissima Trinità” di Sora. Nel caos della compilazione dei documenti da consegnare alle onoranze funebri, qualcuno ha commesso un errore fatale: anziché redigere un solo atto di morte per il vero defunto, ne sono stati compilati due, e in uno di questi compare il nome di Michele al posto del reale scomparso. Questo errore documentale ha innescato una catena di comunicazioni burocratiche che ha portato l’INPS a ricevere la notifica del presunto decesso di Michele, determinando così la cessazione immediata degli emolumenti pensionistici dal mese di marzo.

La scoperta dell’equivoco è avvenuta quando Michele, preoccupato per il mancato pagamento della pensione che arrivava sempre puntualmente, si è recato presso gli uffici dell’istituto previdenziale per chiedere spiegazioni. La risposta ricevuta dal personale è stata surreale: “Guardi che lei è morto”, una comunicazione che ha lasciato l’anziano profondamente scosso e incredulo. Nonostante la sua presenza fisica negli uffici, il sistema informatico dell’INPS continuava a registrarlo come deceduto, rendendo necessaria una procedura formale per rettificare l’errore.

L’avvocato Antonio Lecce, che sta assistendo Michele in questa particolare vicenda, ha tentato di risolvere la questione attraverso una diffida formale inviata all’ASL di Frosinone. Tuttavia, la macchina burocratica si era già messa in moto e la comunicazione inviata due giorni dopo dalla stessa ASL, che si era accorta della svista, non è riuscita a fermare il processo di cessazione dei pagamenti pensionistici. L’errore di una “penna distratta” si è così trasformato in una “cessazione immediata degli emolumenti” per un uomo che continua a vivere la sua quotidianità normalmente.

La situazione kafkiana in cui si trova Michele evidenzia le criticità del sistema burocratico italiano, dove un documento errato può avere conseguenze immediate e devastanti sulla vita delle persone. L’anziano, che aveva sempre ricevuto regolarmente la sua pensione, si è trovato improvvisamente privato della sua unica fonte di sostentamento economico senza alcuna colpa o responsabilità da parte sua. La rigidità delle procedure amministrative ha fatto sì che nemmeno la sua presenza fisica presso gli uffici dell’INPS fosse sufficiente a dimostrare il suo stato di vita.

Il caso di Michele non rappresenta un episodio isolato nel panorama burocratico italiano. Nel 2021, un commerciante di 55 anni di Sassari, Alberto La Spina, si era trovato in una situazione simile quando, recandosi presso un patronato per una pratica relativa alla madre deceduta, aveva scoperto di risultare morto nei sistemi informatici dell’INPS dal 10 ottobre precedente. Anche in quel caso, nonostante avesse ottenuto un “certificato di esistenza in vita” dal Comune di Sassari, l’INPS continuava a considerarlo deceduto, creando un paradosso amministrativo difficile da risolvere.

Queste vicende mettono in luce le problematiche strutturali del sistema di comunicazione tra gli enti pubblici italiani, dove errori di trascrizione o sviste possono generare conseguenze drammatiche per i cittadini coinvolti. Il processo di correzione di tali errori risulta spesso lungo e complesso, richiedendo l’intervento di professionisti legali e tempi di attesa che possono protrarsi per mesi, lasciando le persone in situazioni di grave disagio economico e psicologico.

La procedura standard dell’INPS prevede che, in caso di segnalazione di decesso, il pagamento della pensione venga immediatamente sospeso in attesa della verifica dell’evento da parte del Comune competente. Questo meccanismo, che dovrebbe garantire il controllo contro le percezioni indebite di prestazioni previdenziali, può trasformarsi in un incubo burocratico quando si verificano errori nella trasmissione dei dati. I medici necroscopi e le anagrafi comunali sono tenuti per legge a comunicare online all’INPS i decessi entro 48 ore dall’evento, ma quando questi dati sono errati, il sistema automatico procede ugualmente alla sospensione dei pagamenti.

La digitalizzazione dei servizi pubblici, pur rappresentando un importante passo avanti nell’efficienza amministrativa, ha evidenziato anche nuove fragilità del sistema. L’automazione dei processi, se da un lato accelera le procedure, dall’altro può amplificare gli effetti di errori umani, rendendo più complessa la correzione di sviste che in passato potevano essere risolte con maggiore flessibilità. Nel caso di Michele, l’errore iniziale si è propagato attraverso diversi sistemi informatici, creando una situazione in cui la realtà fisica della persona vivente non viene riconosciuta dal sistema digitale.

Ora Michele deve affrontare un percorso burocratico per riottenere la sua pensione, rivolgendosi a un patronato e rifacendo completamente la pratica previdenziale. L’avvocato Lecce non esclude azioni risarcitorie qualora la questione non dovesse risolversi rapidamente, considerando il danno economico e il disagio subito dal suo assistito. La vicenda solleva interrogativi sulla necessità di semplificare le procedure di verifica e di implementare meccanismi di controllo più efficaci per evitare che errori simili possano ripetersi in futuro, garantendo maggiore tutela ai cittadini che si trovano coinvolti in situazioni così paradossali.