Rising Lion, ecco perché l’operazione di Israele contro l’Iran si chiama così

L’operazione “Rising Lion” contro l’Iran richiama il simbolo storico del leone persiano pre-1979 e il versetto biblico del Leone di Giuda.
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L’operazione militare lanciata da Israele contro l’Iran nella mattinata del 13 giugno 2025 è stata denominata “Rising Lion”, una scelta che affonda le radici in un complesso intreccio di simbolismi storici, religiosi e politici che merita un’analisi approfondita per comprenderne le implicazioni strategiche e comunicative.

Il nome “Rising Lion” rappresenta un deliberato riferimento al simbolo nazionale dell’Iran prima della rivoluzione islamica del 1979, quando il leone con la spada costituiva l’elemento centrale della bandiera persiana sotto la dinastia Pahlavi. Questo simbolo, che ornava il vessillo iraniano per secoli, rappresentava la forza, il coraggio e la sovranità monarchica dello Shah, incorporando anche elementi religiosi legati ad Ali, cugino e genero del profeta Maometto, particolarmente venerato nella tradizione sciita.

Cosa vuol dire Rising Lion?

La bandiera iraniana storica raffigurava un leone posto davanti al sole sorgente, simbolismo che risaliva al tredicesimo secolo e che aveva inizialmente significato religioso e astrologico, con il sole in relazione a Zoroastro. Il leone impugnava la spada di Ali, elemento che conferiva al simbolo una dimensione sacra particolarmente significativa per la popolazione sciita dell’Iran.

Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha più volte dichiarato che l’obiettivo di Israele non è rivolto contro il popolo iraniano, ma specificamente contro il regime degli ayatollah. In questo contesto, la scelta del nome “Rising Lion” assume una valenza strategica precisa: evocando il simbolo dell’Iran monarchico, Israele intende comunicare la propria volontà di vedere cadere il regime teocratico instaurato da Khomeini nel 1979.

Il “leone che si alza” non rappresenta quindi solo un riferimento nostalgico, ma costituisce un potente richiamo a un’Iran che, secondo la visione israeliana, dovrebbe risorgere dalle ceneri del regime attuale. Questa scelta denominativa suggerisce un ritorno a un’epoca precedente, un’identità nazionale liberata dall’attuale sistema teocratico, alludendo a un potenziale cambiamento politico che ripristini un passato percepito come meno ostile.

Parallelamente al riferimento storico iraniano, l’operazione “Rising Lion” incorpora anche una forte componente biblica che si inserisce nella tradizione israeliana di attribuire nomi carichi di simbolismo religioso alle operazioni militari. Netanyahu stesso ha reso esplicito questo collegamento inserendo un biglietto scritto a mano nel Muro Occidentale di Gerusalemme con il versetto biblico: “Un popolo che si alza come una leonessa e come un leone si solleva”.

Questo versetto, tratto dal Libro dei Numeri (23:24), fa parte del primo oracolo di Balaam e descrive la forza e la determinazione del popolo di Israele attraverso la metafora del leone. Il testo completo recita: “Ecco, il popolo si leverà come un grande leone, e si solleverà come un giovane leone: non si coricherà finché non avrà divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi”.

Nella tradizione ebraica, il leone riveste un significato particolare come simbolo della tribù di Giuda, dalla quale discendevano secondo la tradizione sia il re Davide che il Messia. Il Leone di Giuda rappresenta dignità, vittoria, forza perpetua e giustizia divina, elementi che si ricollegano alla benedizione di Giacobbe a Giuda nel Libro della Genesi, dove viene chiamato “cucciolo di leone”.

Questa simbologia leonina è profondamente radicata nella cultura israeliana e trova espressione anche nel nome “Ariel” (Leone di Dio), tradizionalmente associato alla città di Gerusalemme. L’uso di questo simbolismo nell’operazione “Rising Lion” conferisce quindi all’azione militare una legittimazione religiosa e storica che si riconnette alle radici identitarie dello Stato ebraico.

La scelta di denominazioni cariche di simbolismo per le operazioni militari rappresenta una costante nella strategia comunicativa israeliana. Le principali operazioni del XXI secolo a Gaza hanno avuto nomi con connotazioni belliche e difensive: “Piombo fuso” nel 2008, “Margine protettivo” nel 2014, “Guardiano delle mura” nel 2021 e “Spade di ferro” dal 7 ottobre 2023.

Anche l’operazione “Carri di Gedeone” lanciata contro Gaza nel 2025 ha seguito questa tradizione, evocando la vittoria biblica di Gedeone contro i Madianiti con soli trecento uomini, simbolo di come la fede e l’astuzia possano trionfare sull’inferiorità numerica. Questi nomi non sono mai casuali, ma vengono scelti deliberatamente per inquadrare l’azione militare all’interno di una continuità storica e morale legata alla sopravvivenza.

L’utilizzo di denominazioni simboliche per i sistemi d’arma e le operazioni militari israeliane risponde anche a una precisa strategia psicologica. I nomi biblici e storici servono non solo a legittimare moralmente l’azione militare presso l’opinione pubblica israeliana, ma anche a trasmettere messaggi specifici ai nemici e agli alleati internazionali.

Nel caso di “Rising Lion”, il messaggio è duplice: da un lato si richiama alla nostalgia per un Iran pre-rivoluzionario percepito come meno minaccioso, dall’altro si afferma la determinazione israeliana attraverso il simbolismo biblico del leone di Giuda. Questa doppia valenza rende l’operazione non solo un’azione militare, ma anche un atto di comunicazione strategica volto a influenzare la percezione del conflitto