Coop Alleanza 3.0 ha annunciato la decisione di rimuovere dai propri scaffali alcuni prodotti israeliani in segno di supporto alle popolazioni civili della Striscia di Gaza, una mossa che rappresenta una svolta significativa nel panorama della grande distribuzione italiana
La cooperativa ha comunicato ufficialmente che le escalation di queste ultime settimane hanno spinto Coop Alleanza a dare un segnale di coerenza rispetto alla propria posizione etica, decidendo di rimuovere dai suoi scaffali alcune referenze di arachidi e salsa Tahina prodotte in Israele, oltre agli articoli a marchio Sodastream. Questa decisione si inserisce nel quadro di una più ampia campagna promossa da migliaia di soci della cooperativa che, attraverso petizioni e mobilitazioni, hanno chiesto l’interruzione della commercializzazione di prodotti israeliani fino a quando Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Parallelamente alla rimozione dei prodotti israeliani, Coop Alleanza 3.0 ha introdotto nel proprio assortimento la Gaza Cola, una bevanda che rappresenta un progetto al cento per cento di proprietà palestinese. Questa bevanda, lanciata nel 2023 da un gruppo di imprenditori palestinesi guidati dall’attivista Osama Qashoo, non è soltanto un prodotto commerciale ma costituisce un simbolo di resistenza e solidarietà. Il ricavato delle vendite delle lattine contribuirà alla ricostruzione dell’ospedale Al-Karama nel nord della Striscia di Gaza, una struttura sanitaria gravemente danneggiata durante i bombardamenti israeliani.
La Gaza Cola si presenta come una bevanda completamente palestinese, dagli ingredienti utilizzati alle mani che realizzano ogni lattina, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la comunità palestinese creando posti di lavoro e sostenendo le imprese locali. Il progetto, che ha già venduto oltre mezzo milione di lattine principalmente nel Regno Unito e in altri paesi europei, mira a trasformare un prodotto di largo consumo in un veicolo di cambiamento sociale. La bevanda è prodotta in Polonia e distribuita attraverso una rete di negozi e ristoranti frequentati da comunità musulmane e palestinesi, oltre che da consumatori sensibili alle questioni etiche.
La decisione di Coop Alleanza 3.0 non rappresenta un caso isolato nel panorama cooperativo italiano. Anche Unicoop Firenze ha annunciato la cessazione della vendita di prodotti israeliani dai propri punti vendita, una scelta maturata dopo mesi di mobilitazioni da parte di soci e attivisti. La rimozione riguarda particolarmente alcuni prodotti a marchio Coop, come arachidi e salsa tahina precedentemente prodotte in Israele, per i quali sono già stati individuati fornitori alternativi egiziani. Durante l’assemblea dei soci del 30 maggio, la presidente Daniela Mori ha confermato pubblicamente lo stop alla vendita, accogliendo le istanze portate avanti dal Coordinamento interregionale Soci Coop per la Palestina.
Queste iniziative si inquadrano in una più ampia campagna nazionale che coinvolge oltre centosessanta associazioni riunite nella Rete Campagna GD per la Palestina, che chiede alla grande distribuzione di interrompere la vendita di prodotti israeliani. La campagna, parte del più ampio movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), sostiene che molti prodotti israeliani attualmente in vendita sono erroneamente etichettati come Made in Israel quando in realtà la loro produzione riconduce alle terre palestinesi occupate. I promotori dell’iniziativa evidenziano come sia inaccettabile che vengano venduti prodotti del sistema che definiscono genocidario di Israele, al pari di come non è accettabile la presenza di prodotti derivanti da lavoro infantile o caporalato.
La campagna ha avuto origine nell’aprile 2024 da un gruppo di soci Coop che avevano segnalato la presenza di prodotti israeliani sugli scaffali, evolvendo successivamente in una mobilitazione che ha coinvolto migliaia di soci di Coop Alleanza 3.0, Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno. I soci promotori hanno organizzato interventi durante le assemblee separate della Coop e hanno consegnato lettere ai delegati nazionali, richiamandosi all’articolo 5.3 del Codice Etico di Coop che stabilisce il pieno rispetto delle normative sui diritti umani come criterio fondamentale per la scelta dei fornitori.
La Gaza Cola, intanto, continua la sua espansione sul mercato italiano, risultando disponibile in diverse città tra cui Milano, Roma, Trieste, Firenze, Ancona, Napoli, Modena e Reggio Emilia. La bevanda si distingue non soltanto per il suo valore simbolico ma anche per la sua finalità concreta di sostegno alla ricostruzione sanitaria nella Striscia di Gaza. Il progetto di ricostruzione dell’ospedale Al-Karama prevede la creazione di una struttura di seimilacinquecento metri quadri su cinque piani, con servizi di maternità, chirurgia generale, cure pediatriche e ortopediche, per un costo stimato di quattro milioni di dollari.
La risposta del mercato alla Gaza Cola è stata particolarmente positiva tra i consumatori che desiderano esprimere solidarietà attraverso le proprie scelte d’acquisto. In Italia, la bevanda è andata sold out in tempi rapidi, con il distributore che sta già lavorando per il restock. Il successo commerciale della Gaza Cola testimonia come esistano consumatori disposti a trasformare l’atto quotidiano del consumo in una forma di attivismo politico e sociale, scegliendo prodotti che incarnano valori di giustizia e resistenza.
Parallelamente, la decisione delle cooperative Coop ha suscitato reazioni contrastanti. Mentre i sostenitori della campagna celebrano quello che definiscono un segnale di coerenza etica, altri commentatori hanno criticato la scelta, paragonandola storicamente ai boicottaggi antisemiti del passato. L’Osservatorio Antisemitismo ha definito l’iniziativa come un sostegno al movimento BDS, evidenziando come alcuni manifesti invitino a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane. Tuttavia, i promotori della campagna precisano che la loro richiesta non rappresenta un boicottaggio ma un appello alla responsabilità etica delle cooperative, sottolineando come la libertà di scelta dei consumatori non possa essere sufficiente in presenza di quelle che considerano violazioni gravi dei diritti umani.
L’iniziativa delle cooperative italiane si inserisce in un contesto internazionale più ampio, dove campagne di boicottaggio contro prodotti israeliani si stanno diffondendo in diversi paesi, particolarmente nel mondo arabo e in alcune nazioni europee. La tendenza vede consumatori che utilizzano applicazioni e liste per evitare l’acquisto di prodotti associati a Israele, mentre alcune città hanno adottato politiche di esclusione dei prodotti israeliani dagli edifici pubblici. Questo fenomeno riflette una crescente politicizzazione del consumo, dove le scelte d’acquisto diventano strumenti di espressione politica e di pressione economica.
Coop Alleanza 3.0, che ha recentemente ricevuto il riconoscimento come una delle duecentoquaranta aziende italiane Leader della Sostenibilità 2025, rappresenta l’unica realtà del settore della Grande Distribuzione Organizzata ad aver ottenuto questo prestigioso riconoscimento. La cooperativa ha sempre posto la sostenibilità al centro della propria missione, impegnandosi a gestire ogni attività in modo responsabile attraverso il Piano di sostenibilità 2024-2027 intitolato La mia spesa fa di più. In questo contesto, la decisione di rimuovere i prodotti israeliani e introdurre la Gaza Cola può essere interpretata come un ulteriore passo verso la coerenza tra i valori dichiarati e le azioni concrete della cooperativa.
La vicenda evidenzia come la grande distribuzione italiana stia attraversando una fase di trasformazione, dove le pressioni dei consumatori e dei soci spingono le aziende a prendere posizioni su questioni geopolitiche complesse. Il caso di Coop Alleanza 3.0 e Unicoop Firenze potrebbe rappresentare un precedente significativo per altre catene della grande distribuzione, che potrebbero trovarsi a dover rispondere a simili richieste da parte dei propri clienti. L’introduzione della Gaza Cola nei punti vendita Coop non rappresenta soltanto una scelta commerciale ma costituisce una dichiarazione di principi che potrebbe influenzare le future politiche di approvvigionamento dell’intera cooperazione di consumo italiana.