Un risultato inatteso scuote la politica newyorkese: alla chiusura dello spoglio delle prime schede delle primarie democratiche per il sindaco di New York, Zohran Mamdani, 33 anni, ha ribaltato i pronostici superando l’ex governatore Andrew Cuomo. Con oltre il 90% delle schede scrutinante, Mamdani ha raccolto circa il 43% delle preferenze, mentre Cuomo si è fermato intorno al 36%: un margine di sette punti che ha costretto il veterano della politica dem a riconoscere con un messaggio ai propri sostenitori: “Questa notte non era la nostra notte, ma quella di Mamdani”.
Il deputato statale, figlio della regista Mira Nair e nato in Uganda da genitori di origini indiane, ha costruito la sua campagna attorno a uno slogan semplice e diretto: abbassare drasticamente il costo della vita nella Grande Mela. Promettendo autobus gratuiti, blocco degli affitti concordati e maggiori tasse sui ricchi, Mamdani ha conquistato soprattutto il voto dei giovani e delle fasce popolari, proponendo un’agenda definita “di sinistra radicale” dai suoi oppositori. Ne è nato un autentico scontro tra la visione progressista del giovane assemblyman e l’esperienza di Cuomo, che puntava su un programma di moderazione e sull’eredità istituzionale della sua carriera. Cuore della battaglia è stato il welfare cittadino, con Mamdani che ha fatto leva su un’aspettativa di ridisegno radicale delle politiche urbane.
La vittoria di Mamdani, che si definisce socialista e musulmano, segna una svolta per il Partito Democratico di New York: per la prima volta un candidato con quel profilo ideologico ottiene la candidatura ufficiale. Tuttavia, l’esito delle primarie non è definitivo: il sistema di voto per preferenza lascia aperta la possibilità di ricalcolo fino al 1° luglio, quando si completeranno le operazioni di trasferimento dei voti di seconda scelta, ma l’ampio vantaggio iniziale rende improbabile un capovolgimento.
Lo stesso Cuomo ha lasciato intendere di valutare una corsa indipendente in autunno, forte di un proprio “Fight and Deliver” ballot line rivolto agli elettori sfiduciati dal partito. Nel frattempo il sindaco uscente Eric Adams, travolto da scandali interni e deciso a correre da indipendente, spera di catturare il voto moderato e quello dell’elettorato ebraico allarmato dalle posizioni di Mamdani sul conflitto israelo-palestinese. La competizione di novembre si preannuncia quindi aperta su tre fronti, con il repubblicano Curtis Sliwa ben posizionato in una città dalla forte maggioranza democratica.
Gli osservatori sottolineano che l’ascesa di Mamdani riflette un malessere profondo tra i cittadini per il caro vita e la sensazione di distanza dalla politica tradizionale. Allo stesso tempo, il repentino successo dell’outsider democratico rischia di alimentare tensioni interne al partito e di offrire terreno di scontro ai repubblicani. Una campagna fondata su proposte popolari, ma finanziariamente sostenibile solo attraverso un aumento della pressione fiscale sulle classi più agiate, che potrebbe incontrare resistenze anche all’interno delle istituzioni statali, dove la governatrice Hochul ha già espresso dubbi su nuovi balzelli.
In un clima di crescente polarizzazione nazionale, New York diventa cartina di tornasole per le strategie future dei Democratici. Se Mamdani riuscirà a tradurre la sua vittoria di partenza in successo alle elezioni di novembre, la città si troverà guidata per la prima volta da un sindaco musulmano e associato al movimento dei Democratic Socialists of America, con un programma radicale destinato a stravolgere il tradizionale approccio centrista. Resta da vedere se la coalizione progressista saprà mantenere coesa la base elettorale nei mesi a venire, mentre le opposizioni tenteranno di erodere il consenso investendo sui timori relativi alla capacità gestionale e alla sostenibilità economica del piano proposto.