NewsRoom è anche su WhatsApp.
Non perderti le ULTIME notizie e le ALLERTA METEO in tempo reale.

Iscriviti al Canale

Grandine gigante in Italia, ecco le regioni più vulnerabili e perché

La conformazione orografica italiana, dominata da Alpi, Prealpi e Pianura Padana, crea le condizioni ideali per lo sviluppo di supercelle temporalesche in grado di generare grandinate con chicchi di dimensioni straordinarie, colpendo con maggiore frequenza le regioni pedemontane e la vasta pianura settentrionale.
Credit © X

La crescita di eventi di grandine con chicchi dal diametro superiore ai cinque centimetri ha attirato l’attenzione degli esperti meteorologi per la loro capacità di provocare danni ingenti a coltivazioni, infrastrutture e autoveicoli. Questi fenomeni, sempre più frequenti in alcune aree del Paese, non sono casuali, ma strettamente legati alla conformazione geografica e all’orografia del territorio. Comprendere quali regioni italiane risultino maggiormente esposte e perché richiede di analizzare con rigore le dinamiche convettive e i fattori morfologici che favoriscono la formazione di celle temporalesche eccezionalmente intense

Le grandinate di dimensioni eccezionali si originano in nubi cumulonembi dotate di correnti ascensionali intense, in grado di trattenere e ingrossare i chicchi di ghiaccio fino a un punto in cui cadono al suolo con violenza. Perché si generino grandinate giganti è indispensabile la convergenza di aria calda e umida nei bassi strati, stratificazioni di aria fredda in quota e un particolare innesco orografico che potenzi la convezione. La presenza di masse d’aria subtropicali, unite a infiltrazioni più fresche dall’Atlantico, crea le condizioni per lo sviluppo di supercelle, sistemi temporaleschi rotanti che possono sostenere grandinate di diametro notevole

L’Italia presenta caratteristiche uniche: un mare caldo circostante che fornisce umidità e due catene montuose, le Alpi a nord e gli Appennini a sud, che agiscono come barriere o canalizzatori. In particolare, la fascia pedemontana alpina e prealpina, che comprende la Lombardia, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, rappresenta la zona più esposta a grandinate intense. Qui l’aria umida proveniente dalla Pianura Padana e dal Mediterraneo viene costretta a risalire lungo i pendii dei rilievi, innescando moti convettivi forzati che danno vita a nubi temporalesche autorigeneranti capaci di produrre chicchi di dimensioni eccezionali

La Pianura Padana è il secondo elemento chiave nella genesi dei fenomeni grandinigeni di grandi dimensioni. La vasta distesa di terra piatta, delimitata dalle Alpi a nord e dagli Appennini a sud, funge da autentico imbuto per le correnti d’aria: l’accumulo di calore e umidità nei bassi strati, unito al raffreddamento in quota, alimenta lo sviluppo di cumulonembi esplosivi. Le regioni di Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia, in particolare nelle aree centro-orientali di queste regioni, registrano il maggior numero di eventi grazie alla configurazione orografica che favorisce il ristagno di aria calda e l’incontro con correnti più fredde

Piemonte e Lombardia evidenziano un rischio elevato non solo per la pianura, ma anche per le valli che si inoltrano nei rilievi alpini. Le zone come la Pianura Padana occidentale e i bacini prealpini del Verbano e dell’Ossola sono spesso teatro di supercelle in transito, con grandinate di diametro superiore ai sette centimetri segnalate negli ultimi anni. Analogamente, Emilia-Romagna, e in misura minore Veneto orientale e Friuli-Venezia Giulia, registrano grandinate violente, favorite dalla vicinanza delle catene montuose che potenziano la convezione orografica

Esempi recenti hanno confermato la centralità di questi fattori morfologici: tra il 2020 e il 2024, nella Pianura Padana sono state osservate grandinate con chicchi di ghiaccio fino a dodici centimetri di diametro, con perdite economiche stimate in centinaia di milioni di euro. Tali eventi hanno colpito soprattutto l’area tra Bergamo e Brescia, la bassa pianura modenese e le zone pedemontane di Treviso e Pordenone, dimostrando come la combinazione di pianura e rilievo costituisca un mix letale per l’intensità dei fenomeni

Le regioni dell’Appennino centrale presentano un rischio inferiore di grandine gigante rispetto al Nord, ma non sono del tutto esenti. Toscana, Umbria e Marche, nelle aree interne montane, possono sperimentare grandinate medio–grossolane durante il picco estivo dell’instabilità, soprattutto quando le correnti atlantiche interagiscono con l’aria calda di origine mediterranea. Tuttavia, l’orografia meno elevata e la configurazione a catena continua riducono l’intensità convettiva rispetto alla cornice alpina

Il rischio di grandine gigante in Italia è strettamente correlato alla morfologia del territorio: la fascia pedemontana alpina e prealpina e la Pianura Padana si confermano le regioni più vulnerabili per la loro capacità di incanalare e concentrare aria calda e umida, favorendo la genesi di temporali estremi. Per monitorare e prevedere con precisione questi fenomeni, diventa imprescindibile integrare osservazioni radar, modelli numerici ad alta risoluzione e una dettagliata conoscenza orografica, al fine di proteggere adeguatamente le aree esposte e ridurre l’impatto dei prossimi eventi grandinigeni

Add a comment

Lascia un commento