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È morto Jerry Adler, addio al mitico Hesh nei Soprano

Jerry Adler, storico stage manager di Broadway e indimenticabile Hesh de I Soprano, muore a 96 anni dopo una carriera iniziata dietro le quinte e culminata con il successo televisivo oltre i 70 anni.

Il mondo dello spettacolo perde una delle sue figure più rispettate: Jerry Adler, l’indimenticabile Herman “Hesh” Rabkin de I Soprano, si è spento sabato 23 agosto 2025 nella sua casa di New York all’età di 96 anni. L’annuncio della scomparsa è stato diffuso dalla famiglia attraverso un necrologio online, chiudendo il capitolo di una vita straordinaria trascorsa prevalentemente nell’ombra dei palcoscenici, prima di conquistare la celebrità in età matura.

Nato il 4 febbraio 1929 a Brooklyn da una famiglia ebrea profondamente radicata nel teatro americano, Adler apparteneva alla celebre dinastia degli Adler che ha segnato la storia dello spettacolo statunitense. Suo prozio Jacob Pavlovič Adler era stato una leggenda del teatro yiddish, mentre sua cugina Stella Adler divenne una delle più influenti insegnanti di recitazione del Novecento, formando generazioni di attori tra cui Marlon Brando e Robert De Niro. Nonostante questo prestigioso lignaggio artistico, Jerry iniziò la sua carriera nel 1951 come assistente direttore di scena, scegliendo deliberatamente di rimanere dietro le quinte per oltre quattro decenni.

La carriera teatrale di Adler si sviluppò nell’età d’oro di Broadway, dove divenne stage manager di alcune delle produzioni più iconiche della storia americana. Nel 1956 gestì il debutto originale di “My Fair Lady”, supervisionando una produzione che vedeva protagonisti Rex Harrison e una giovanissima Julie Andrews agli esordi. Durante quegli anni formò collaborazioni professionali con i giganti del teatro e del cinema: Arthur Miller, Harold Pinter, Orson Welles, Marlene Dietrich e Katharine Hepburn, quest’ultima particolarmente esigente durante le produzioni teatrali. Gli aneddoti riguardanti il suo lavoro con la Hepburn divennero leggendari: l’attrice fermava addirittura i cantieri edili nelle vicinanze del teatro quando dovevano essere eseguite le parti musicali più delicate.

Negli anni Settanta Adler ampliò le sue competenze passando alla regia teatrale, firmando nel 1976 un remake di “My Fair Lady” che gli valse una candidatura al prestigioso Drama Desk Award. Tuttavia, il vero punto di svolta della sua carriera arrivò soltanto negli anni Novanta, quando decise di abbandonare il ruolo di supervisore per cimentarsi nella recitazione. Il suo debutto televisivo risale al 1991 nella serie “Brooklyn Bridge”, segnando l’inizio di una fase completamente nuova che lo avrebbe trasformato da professionista invisibile in volto riconoscibile del panorama televisivo americano.

Il successo più significativo arrivò nel 1999, quando Adler aveva già compiuto settant’anni, con il ruolo di Herman “Hesh” Rabkin nella serie HBO “I Soprano”, che lo accompagnò dal 1999 al 2007 per complessivi 28 episodi distribuiti lungo le sei stagioni. Il personaggio di Hesh rappresentava un unicum narrativo all’interno dell’universo creato da David Chase: ex produttore musicale ebreo legato alla famiglia criminale di Tony Soprano, navigava con intelligenza e saggezza tra due mondi apparentemente inconciliabili, quello della cultura ebraica e quello della mafia italoamericana. Con il suo sarcasmo tagliente e la calma controllata, Adler riuscì a conferire spessore umano e culturale a un contesto dominato da violenza e contraddizioni morali, diventando il consigliere più rispettato nella cerchia di Tony Soprano interpretato da James Gandolfini.

Il talento di Adler non si limitò alla serie cult HBO. La sua versatilità artistica lo portò a interpretare ruoli memorabili in numerose produzioni televisive di successo: Sidney Feinberg, il capo dei vigili in “Rescue Me”, Howard Lyman, l’odioso avvocato in “The Good Wife” e “The Good Fight”, oltre ad apparizioni significative in “Mad About You”, “Un medico tra gli orsi”, “Transparent”, “Broad City”, “Law & Order” e “CSI”. Ogni personaggio veniva caratterizzato con quella precisione psicologica che derivava dalla sua lunga esperienza dietro le quinte, dove aveva osservato e studiato le dinamiche interpretative dei più grandi attori del suo tempo.

Parallelamente alla carriera televisiva, Adler sviluppò una presenza cinematografica significativa, collaborando con registi di prestigio internazionale. Woody Allen lo diresse in “Misterioso omicidio a Manhattan” nel 1993, mentre Charlie Kaufman lo volle in “Synecdoche, New York” nel 2008. Sidney Lumet lo coinvolse in “Find Me Guilty” nel 2006, e J.C. Chandor in “1981: Indagine a New York” nel 2014, confermando la sua capacità di adattarsi a registri cinematografici diversi mantenendo sempre quella naturalezza interpretativa che caratterizzava le sue performance. Tra i suoi ultimi lavori cinematografici figura “Driveways” del 2019, diretto da Andrew Ahn, che rappresentò l’epilogo di una filmografia ricca e variegata.

Il ritorno di Adler sui palcoscenici di Broadway come attore rappresentò la chiusura di un cerchio professionale. Nel 2000 recitò in “Taller Than a Dwarf”, mentre nel 2015, all’età di 86 anni, interpretò il padre del protagonista in “Fish in the Dark” accanto a Larry David, dimostrando una vitalità artistica che sfidava qualsiasi convenzione anagrafica. Questa capacità di reinventarsi professionalmente in età avanzata costituisce probabilmente l’aspetto più straordinario della sua biografia: pochi artisti hanno saputo trasformare una carriera di servizio in una celebrità autentica mantenendo integra la propria dignità professionale.

La longevità artistica di Adler è testimoniata dai suoi 53 crediti a Broadway, che lo rendevano il terzo membro più anziano ancora attivo dell’Actors’ Equity Association. La sua esperienza dietro le quinte aveva forgiato una comprensione profonda della macchina teatrale che si rivelò preziosa quando iniziò a recitare: sapeva esattamente cosa serviva a una produzione, come muoversi negli spazi scenici e come relazionarsi con colleghi e tecnici. Questa competenza trasversale lo rese un attore particolarmente apprezzato dai registi, che potevano contare sulla sua professionalità assoluta e sulla sua capacità di adattamento a qualsiasi contesto produttivo.

I messaggi di cordoglio giunti dopo l’annuncio della sua scomparsa testimoniano l’affetto e il rispetto che circondavano la figura di Adler nell’ambiente dello spettacolo. Frank J. Reilly, suo amico di lunga data, ha scritto: “Il grande attore, il mio amico Jerry Adler, è morto oggi all’età di 96 anni. Lo conoscete per uno dei suoi ruoli iconici e per molte delle sue apparizioni come guest star. Niente male per uno che ha iniziato a recitare a 65 anni”. Questo tributo sintetizza perfettamente l’eccezionalità di un percorso artistico che ha sfidato tutte le convenzioni dell’industria dell’intrattenimento americana.

Adler lascia la moglie Joan Laxman, psicologa, con cui era sposato dal 1994, dopo precedenti matrimoni con Cathy Rice e Dolores Parker. La sua eredità artistica rappresenta un esempio unico di dedizione al teatro e alla televisione americana: una carriera che abbraccia oltre settant’anni di storia dello spettacolo, durante i quali ha contribuito al successo di produzioni leggendarie rimanendo spesso nell’ombra, per poi conquistare la celebrità proprio quando la maggior parte delle persone si ritira dalla vita professionale. La figura di Jerry Adler dimostra che il talento autentico non conosce limiti anagrafici e che l’esperienza accumulata in decenni di lavoro dietro le quinte può trasformarsi in una risorsa interpretativa di valore inestimabile.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!