Le Nazioni Unite avrebbero individuato in Luigi Di Maio il candidato ideale per assumere l’incarico di coordinatore speciale per il processo di pace in Medio Oriente, una nomina che comporterebbe anche l’attribuzione del titolo di vicesegretario generale dell’organizzazione internazionale. Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Foglio, l’attuale rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico sarebbe in pole position per ricoprire questa delicata carica con sede a Gerusalemme, dopo che le Nazioni Unite lo hanno contattato nelle scorse settimane ottenendo il consenso di tutte le parti coinvolte, compreso il governo italiano.
L’incarico prevede il coordinamento delle diverse entità delle Nazioni Unite che operano sul futuro di Israele e dei territori palestinesi, con la particolare responsabilità di supportare l’implementazione del cosiddetto Piano Trump per la pace nella regione. La carica di coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente rappresenta uno dei ruoli più strategici e delicati nell’architettura diplomatica internazionale, collocandosi al centro delle dinamiche geopolitiche mediorientali in un momento di particolare complessità regionale.
Il Piano Trump, punto cardine del mandato che verrebbe affidato a Di Maio, si articola in venti punti e mira a porre fine al conflitto nella Striscia di Gaza attraverso una serie di misure che vanno dalla smilitarizzazione del territorio alla creazione di un’amministrazione transitoria composta da tecnici palestinesi qualificati. Al centro della proposta americana figura l’istituzione di un Consiglio per la Pace internazionale presieduto dallo stesso presidente degli Stati Uniti Donald Trump, con la partecipazione di figure di spicco come l’ex primo ministro britannico Tony Blair, che avrebbe il compito di definire il quadro operativo e gestire i finanziamenti per la riqualificazione della Striscia di Gaza.
La procedura formale per la nomina di Di Maio è attualmente in corso, dopo che il parere positivo è stato espresso dalle parti coinvolte nel processo decisionale. Il governo italiano guidato da Giorgia Meloni ha dato il proprio assenso alla prospettiva di vedere un diplomatico italiano alla guida di questo cruciale dossier mediorientale, in un momento in cui la postura assunta dall’Italia nelle principali crisi regionali viene considerata un elemento di valore aggiunto per i rappresentanti delle istituzioni italiane che operano in Medio Oriente.
Luigi Di Maio, nato ad Avellino nel 1986, ha costruito nel corso degli anni un profilo internazionale di rilievo dopo una lunga esperienza nelle istituzioni italiane. La sua carriera politica lo ha visto ricoprire incarichi di primissimo piano: è stato vicepresidente del Consiglio dei Ministri, ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro nel primo governo Conte, per poi assumere la guida del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale sia nel secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte sia nel governo tecnico presieduto da Mario Draghi, mantenendo l’incarico fino all’ottobre 2022.
La svolta internazionale della carriera di Di Maio è arrivata nel 2023, quando su proposta dell’allora governo Draghi e dopo una selezione tra quattro candidati condotta dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell, ha assunto l’incarico di rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico il primo giugno 2023. In questa veste ha il compito di coordinare e sviluppare le relazioni tra Bruxelles e i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, occupandosi di tematiche che spaziano dalla sicurezza alle questioni energetiche, dal commercio agli investimenti. La sua performance in questo ruolo è stata ritenuta sufficientemente solida da meritare nel gennaio 2025 la riconferma per ulteriori due anni da parte della nuova Alta rappresentante Kaja Kallas, che ha sottolineato come Di Maio abbia contribuito in modo significativo a far progredire la cooperazione regionale e bilaterale con i Paesi del Golfo.
Il ruolo di coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, noto con l’acronimo Unsco, è stato ricoperto fino al 2025 dal diplomatico norvegese Tor Wennesland, che ha guidato la missione dal dicembre 2020. La posizione prevede anche l’incarico di rappresentante personale del segretario generale presso l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e l’Autorità Palestinese, nonché quello di inviato del segretario generale presso il Quartetto per il Medio Oriente, il meccanismo diplomatico che riunisce Nazioni Unite, Unione europea, Stati Uniti e Russia. Wennesland, diplomatico di carriera con una profonda esperienza mediorientale maturata attraverso incarichi come rappresentante norvegese presso l’Autorità Palestinese e ambasciatore in Egitto e Libia, ha operato in una fase estremamente complessa caratterizzata dall’escalation delle tensioni nella regione.
L’eventuale nomina di Di Maio rappresenterebbe un passo significativo nella sua carriera internazionale e un riconoscimento della fiducia riposta in lui dalla comunità internazionale per gestire questioni di estrema delicatezza geopolitica. La scelta di un italiano per questo ruolo strategico potrebbe riflettere anche l’apprezzamento per la posizione equilibrata che Roma ha mantenuto nelle complesse dinamiche mediorientali, cercando di preservare rapporti costruttivi sia con Israele sia con i Paesi arabi, nonché il sostegno italiano alle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite, con particolare riferimento alla presenza nella missione Unifil in Libano.
Il Piano Trump che Di Maio sarebbe chiamato a supportare prevede una serie di misure ambiziose e controverse: dalla smilitarizzazione completa della Striscia di Gaza con l’esclusione di Hamas da ogni forma di governo, alla creazione di una forza internazionale di stabilizzazione che dovrebbe sostituire le forze armate israeliane nei territori liberati, fino alla formazione di nuove forze di polizia palestinesi sotto la guida di Egitto e Giordania. Il cuore del progetto sta nella creazione di un’amministrazione transitoria composta da tecnici palestinesi qualificati e monitorata dal Consiglio per la pace internazionale, che dovrebbe gestire la fase di transizione fino a quando l’Autorità Nazionale Palestinese non avrà completato il programma di riforme necessario per riprendere il controllo di Gaza in modo sicuro ed efficace.
Il piano prevede inoltre investimenti miliardari per la ricostruzione e lo sviluppo della Striscia, con la creazione di una zona economica speciale che dovrebbe trasformare Gaza in un hub commerciale e finanziario nel Mediterraneo orientale. A tale scopo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato nel novembre 2025 una risoluzione che istituisce formalmente il Board of Peace come amministrazione transitoria con personalità giuridica internazionale, autorizzandolo a coordinare i finanziamenti per la ricostruzione in conformità con il piano americano e a istituire una Forza di Stabilizzazione Internazionale temporanea da dispiegare nella Striscia sotto un comando unificato.
La risoluzione, che ha segnato un punto di svolta senza precedenti nella storia delle Nazioni Unite, ha suscitato numerose critiche da parte di esperti di diritto internazionale e di organizzazioni per i diritti umani, che hanno contestato la legittimità di attribuire a un organismo esterno guidato dal presidente degli Stati Uniti poteri che tradizionalmente competono alle Nazioni Unite in materia di mantenimento della pace e sicurezza internazionale. La Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati ha dichiarato che la risoluzione rischia di consolidare il controllo esterno sulla governance, le frontiere, la sicurezza e la ricostruzione di Gaza, tradendo le persone che pretende di proteggere.
Nonostante le controversie, il processo diplomatico è ripartito dopo la firma degli accordi sulla prima fase del Piano Trump avvenuta al vertice di Sharm el-Sheikh. Gli Stati Uniti hanno rilanciato la propria iniziativa diplomatica in Medio Oriente con l’obiettivo di arrivare a un nuovo quadro politico che tenga insieme sicurezza israeliana e una qualche forma di autodeterminazione palestinese. Le Nazioni Unite hanno salutato il piano come un passo nella giusta direzione, mentre i Paesi del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar, hanno promesso investimenti e supporto tecnico per la ricostruzione della Striscia. Una conferenza con venticinque Paesi partner è stata organizzata a Doha per pianificare la Forza internazionale di stabilizzazione e definire i meccanismi operativi della seconda fase del piano.
In questo contesto complesso e in rapida evoluzione, il ruolo del coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente diventa cruciale per garantire il coordinamento tra i diversi attori internazionali coinvolti, per facilitare il dialogo tra le parti in conflitto e per assicurare che il processo di pace proceda nel rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. La scelta di Di Maio, se confermata, rappresenterebbe un riconoscimento delle sue capacità diplomatiche maturate attraverso l’esperienza come ministro degli Esteri italiano e come rappresentante speciale dell’Unione europea nel Golfo, dove ha costruito una rete di rapporti di alto livello con i governi della regione.
L’ex leader del Movimento Cinque Stelle, da cui si è separato nel 2022 per fondare il partito Impegno Civico prima di dedicarsi definitivamente alla carriera diplomatica internazionale, porterebbe nel ruolo di coordinatore Unsco la conoscenza diretta delle dinamiche politiche europee e mediorientali, oltre a una comprovata capacità di dialogo con gli attori regionali sviluppata nel corso del suo mandato come inviato dell’Unione europea. La sua nomina potrebbe anche rafforzare il ruolo dell’Italia come ponte tra Europa e Medio Oriente, confermando la centralità della diplomazia italiana in una delle aree più critiche per la stabilità internazionale.
Il governo italiano ha accolto con favore la prospettiva di vedere Di Maio alla guida di questo dossier strategico, considerandola un riconoscimento del lavoro svolto dalla diplomazia italiana nella regione mediorientale. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito in diverse occasioni la necessità di consolidare il cessate il fuoco e ha confermato il sostegno italiano al piano di pace del presidente Trump, auspicando che si possa passare presto alla seconda fase del processo, che prevede il disarmo di Hamas e la sua esclusione da ogni ruolo nel futuro governo palestinese.
La nomina definitiva di Di Maio dipenderà ora dal completamento della procedura formale all’interno delle Nazioni Unite, che prevede l’approvazione del segretario generale Antonio Guterres e la ratifica da parte degli Stati membri. Se la nomina dovesse andare in porto, Di Maio si troverebbe a gestire uno dei dossier più complessi e sensibili della politica internazionale, in un momento in cui la regione mediorientale attraversa una fase di profonda trasformazione e in cui le aspettative per una soluzione duratura del conflitto israelo-palestinese sono accompagnate da dubbi e preoccupazioni sulla sostenibilità del Piano Trump e sulla capacità della comunità internazionale di garantire un processo di pace equo e rispettoso dei diritti del popolo palestinese. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
