Scarica l'App NewsRoom.
Non perderti le ULTIME notizie e le ALLERTA METEO in tempo reale.

Scarica GRATIS

Canada, un’Orsa Polare adotta un cucciolo: il raro caso ripreso dai ricercatori -VIDEO-

Nella regione di Churchill, Manitoba, un’orsa polare è stata documentata mentre alleva un cucciolo adottato: si tratta del tredicesimo caso osservato in 45 anni.

Nelle terre ghiacciate della Baia di Hudson, nel Canada settentrionale, un evento straordinario ha catturato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Un’orsa polare è stata documentata mentre alleva un cucciolo che non è biologicamente suo, un comportamento rarissimo per il più grande predatore terrestre del pianeta. Il caso è stato registrato dai ricercatori nella regione di Churchill, Manitoba, località universalmente riconosciuta come la “capitale mondiale degli orsi polari” per la straordinaria concentrazione di esemplari che vi transitano durante le migrazioni annuali.

Il fenomeno è stato documentato nel corso della migrazione stagionale degli orsi polari lungo la costa occidentale della Baia di Hudson, precisamente nelle vicinanze del Parco Nazionale di Wapusk. Secondo quanto riportato dai ricercatori di Environment and Climate Change Canada e dell’organizzazione internazionale Polar Bears International, l’orsa’ identificata con il codice X33991′ era stata avvistata inizialmente nella primavera del 2025, quando era emersa dalla sua tana di maternità accompagnata da un solo cucciolo, opportunamente marcato con un sistema di tracciamento GPS per finalità scientifiche. Quando gli scienziati l’hanno nuovamente localizzata nel novembre successivo, la situazione era radicalmente mutata: accanto all’orsa si trovavano ora due cuccioli, uno dotato di marcatore identificativo e l’altro completamente privo di qualsiasi sistema di tracciamento, elemento che ha immediatamente destato i sospetti degli studiosi circa la sua provenienza.

Evan Richardson, biologo specializzato nella ricerca sugli orsi polari presso Environment and Climate Change Canada, ha confermato l’eccezionalità dell’osservazione, sottolineando come questo rappresenti solamente il tredicesimo caso documentato di adozione nella sottopopolazione occidentale della Baia di Hudson nel corso degli ultimi quarantacinque anni di monitoraggio continuo, durante i quali sono stati studiati circa quattromilaseicento esemplari individuali. Richardson ha evidenziato come le femmine di orso polare siano madri estremamente dedicate e dotate di un istinto materno particolarmente sviluppato, caratteristiche che potrebbero spiegare questo comportamento apparentemente altruistico. Secondo l’interpretazione del ricercatore, quando una femmina con cuccioli incontra un piccolo solitario che piange sulla tundra, semplicemente non riesce ad abbandonarlo e lo accoglie nella propria famiglia, prendendosene cura come se fosse il proprio.

La conferma definitiva dell’adozione è giunta attraverso l’analisi genetica dei campioni di DNA prelevati dal cucciolo non marcato. Gli scienziati stanno ora procedendo con ulteriori test per identificare con precisione la madre biologica del piccolo e comprendere le circostanze che hanno portato alla separazione. Dalle ricerche precedenti su casi analoghi è emerso che in alcune situazioni le madri biologiche dei cuccioli adottati erano ancora in vita, suggerendo che si possa trattare di un fenomeno definito dagli esperti come “scambio di cucciolate”, piuttosto che di un semplice affidamento di orfani. Tuttavia, nel caso specifico dell’esemplare X33991, il destino della madre originaria del cucciolo adottato rimane ancora avvolto nel mistero.

Alysa McCall, direttrice della divulgazione scientifica e ricercatrice presso Polar Bears International, ha espresso il proprio stupore di fronte all’evento, dichiarando che si tratta di un comportamento estremamente insolito le cui motivazioni profonde non sono ancora completamente comprese dalla scienza. McCall ha però sottolineato l’importanza cruciale di questa adozione per la sopravvivenza del cucciolo. I dati statistici raccolti nel corso di decenni di ricerche sul campo indicano infatti che il tasso di sopravvivenza dei cuccioli di orso polare fino all’età adulta si attesta intorno al cinquanta percento nelle condizioni migliori, ma tale percentuale crolla drammaticamente a valori prossimi allo zero nel caso di cuccioli rimasti privi della madre. La presenza di una figura materna durante i primi due anni e mezzo di vita risulta quindi assolutamente determinante per l’apprendimento delle tecniche di caccia, delle strategie di sopravvivenza nell’ambiente artico e per il sostentamento attraverso l’allattamento e la protezione dai predatori.

Le osservazioni condotte dai ricercatori indicano che l’orsa adottiva ha un’età stimata di circa cinque anni, mentre entrambi i cuccioli sono stati classificati come “Cubs of the Year”, ovvero cuccioli dell’anno, con un’età compresa tra i dieci e gli undici mesi. Secondo quanto riportato negli studi, i due piccoli appaiono in buone condizioni di salute e continueranno presumibilmente a vivere con la madre fino al raggiungimento dell’età di circa due anni e mezzo, periodo in cui verranno svezzati e diventeranno progressivamente indipendenti. Durante questo arco temporale fondamentale, i cuccioli accompagneranno l’orsa sul ghiaccio marino della Baia di Hudson, dove apprenderanno le tecniche essenziali per la caccia alle foche’ principalmente foche dagli anelli e foche barbute’ che costituiscono la base alimentare primaria di questi mammiferi artici.

Il sistema di collari GPS satellitari installato sull’orsa X33991 nell’ambito di un programma di ricerca collaborativo tra Environment and Climate Change Canada, Polar Bears International e l’Università dell’Alberta, permette agli scienziati di monitorare in tempo reale gli spostamenti della famiglia attraverso il Polar Bear Tracker, una piattaforma digitale accessibile al pubblico che consente di seguire i movimenti degli orsi attraverso il ghiaccio marino durante la stagione invernale. I dati più recenti confermano che la famiglia si è già trasferita sul ghiaccio della baia, dove la madre ha iniziato le attività di caccia necessarie per il sostentamento del gruppo e per l’addestramento pratico dei cuccioli alle tecniche predatorie.

La regione di Churchill rappresenta un’area di importanza cruciale per lo studio e la conservazione degli orsi polari. Ogni anno, durante i mesi autunnali di ottobre e novembre, circa un migliaio di esemplari si concentra lungo le coste della Baia di Hudson in attesa che le acque si ghiaccino sufficientemente da permettere loro di spostarsi sulla banchisa per la stagione di caccia. Il fenomeno è determinato da una combinazione di fattori oceanografici e geografici particolari: le correnti e i venti prevalenti fanno sì che il ghiaccio si formi prima nella parte occidentale e nordoccidentale della baia, rendendo questa zona il punto di partenza ideale per la migrazione stagionale degli orsi verso le aree di caccia.

Il Parco Nazionale di Wapusk, situato a sud di Churchill e privo di qualsiasi infrastruttura stradale, ospita una delle più grandi aree di tane di maternità per orsi polari al mondo. Le femmine gravide trascorrono l’inverno ritirate in tane scavate nella torba e nella neve, dove partoriscono i cuccioli’ generalmente due, talvolta tre’ tra dicembre e gennaio. I piccoli nascono estremamente vulnerabili, con un peso inferiore al chilogrammo, ciechi e privi di denti. Protetti e allattati dalla madre nella tana, crescono rapidamente, e solo verso marzo o aprile sono pronti per affacciarsi al mondo esterno. Durante i mesi di febbraio e marzo, il parco offre l’opportunità unica di osservare questi cuccioli di circa tre mesi mentre fanno le prime esperienze nel loro ambiente nevoso, sempre sotto lo stretto controllo delle madri.

La sottopopolazione di orsi polari della Baia di Hudson occidentale è considerata dalla comunità scientifica internazionale come un indicatore precoce degli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni artiche. Quest’area rappresenta infatti uno degli habitat più meridionali per la specie e appartiene alla cosiddetta “regione ecologica del ghiaccio stagionale”, dove il ghiaccio marino si scioglie completamente durante l’estate, costringendo gli orsi a trascorrere diversi mesi sulla terraferma in uno stato di semi-digiuno. Il periodo privo di ghiaccio si è progressivamente allungato di circa tre o quattro settimane rispetto ai dati registrati negli anni Ottanta del secolo scorso, determinando conseguenze significative sulla condizione fisica degli animali. Ogni giorno trascorso a digiuno comporta per un orso polare la perdita di circa un chilogrammo di peso corporeo, con impatti diretti sulla salute, sulla capacità riproduttiva e sulla sopravvivenza dei cuccioli.

Le ricerche condotte attraverso l’analisi di dati demografici raccolti nel corso di quasi cinque decenni hanno documentato un declino preoccupante della popolazione. Tra il 2016 e il 2021, la popolazione della Baia di Hudson ha registrato una contrazione del 27%, e le stime attuali suggeriscono che il numero di orsi presenti nell’area sia approssimativamente la metà di quello documentato nel 1987. Gli studi più recenti indicano che i cambiamenti nelle condizioni energetiche della popolazione sono direttamente correlati all’anticipo della rottura del ghiaccio primaverile e all’allungamento del periodo di acque libere, con effetti che si accumulano nel corso di più anni sulla condizione fisiologica degli animali.

Nonostante le sfide poste dal riscaldamento climatico, Richardson ha voluto sottolineare il valore simbolico positivo dell’evento di adozione osservato. In un contesto caratterizzato da notizie prevalentemente negative riguardanti il destino degli orsi polari, questo episodio dimostra che gli esemplari sono capaci di comportamenti di mutua assistenza. Richardson ha evidenziato come, in un periodo in cui gli orsi hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, la capacità delle femmine di accogliere cuccioli aggiuntivi e di allevarli con successo fino allo svezzamento rappresenti un elemento positivo per la popolazione di Churchill. Dei tredici casi di adozione documentati nella sottopopolazione occidentale della Baia di Hudson, tre cuccioli adottati sono sopravvissuti fino all’età adulta, dimostrando che questo comportamento può effettivamente contribuire alla conservazione della specie.

La documentazione video e fotografica dell’evento è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra i ricercatori governativi e le organizzazioni non governative dedicate alla conservazione. Le immagini mostrano i cuccioli mentre esplorano il paesaggio innevato, con la madre che li sorveglia da vicino, e sequenze in cui uno dei piccoli si affretta a raggiungere gli altri membri della famiglia. Questo materiale visivo, oltre al suo valore scientifico, rappresenta uno strumento fondamentale per la sensibilizzazione del pubblico riguardo all’importanza della conservazione dell’Artico e delle specie che lo abitano.

Polar Bears International, organizzazione fondata nel 1992 e divenuta nel corso degli anni un punto di riferimento mondiale per la conservazione degli orsi polari, svolge un ruolo cruciale nella ricerca, nell’educazione e nelle attività di advocacy per la protezione della specie e del suo habitat. Con sede operativa a Churchill e progetti che si estendono attraverso tutto l’Artico, comprese le regioni di Svalbard, Russia e Alaska, l’organizzazione collabora con istituzioni scientifiche, governi e comunità indigene per affrontare le sfide sia a breve sia a lungo termine che minacciano la sopravvivenza degli orsi polari. La missione dell’organizzazione si concentra sulla conservazione degli orsi polari e del ghiaccio marino da cui dipendono, oltre che sull’ispirazione delle persone a interessarsi dell’Artico, delle minacce al suo futuro e della connessione di questo fragile ecosistema con il clima globale.

La popolazione globale di orsi polari è attualmente stimata in circa ventiseimila esemplari distribuiti in venti popolazioni attraverso l’Artico. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura classifica la specie come “vulnerabile”, prevedendo un declino della popolazione superiore al trenta percento nell’arco delle prossime tre generazioni, corrispondenti a circa trentaquattro anni e mezzo, principalmente a causa della riduzione dell’area di occupazione e della qualità dell’habitat determinata dalla perdita del ghiaccio marino. In Canada, dove risiede circa i due terzi della popolazione mondiale di orsi polari’ approssimativamente sedicimila dei circa venticinquemila esemplari viventi’ la specie è attualmente classificata come “Special Concern” a livello federale ai sensi del National Species at Risk Act, mentre le province di Manitoba e Ontario hanno adottato classificazioni più restrittive, designando gli orsi polari come specie minacciata ai sensi delle rispettive legislazioni provinciali sulla protezione delle specie a rischio.

La minaccia più significativa per le popolazioni canadesi e globali di orsi polari rimane la perdita di habitat dovuta alla riduzione del ghiaccio marino conseguente all’aumento delle temperature atmosferiche causato dalle emissioni globali di gas serra. Le previsioni scientifiche indicano che, se le emissioni di gas serra continueranno secondo le tendenze attuali senza interventi significativi per modificare i sistemi energetici, si potrebbe assistere alla perdita della maggior parte degli orsi polari del mondo entro la fine del secolo. L’Artico si sta riscaldando a un tasso quattro volte superiore rispetto al resto del pianeta, con conseguenze dirette e indirette sulla condizione corporea degli orsi, sui tassi di sopravvivenza di adulti e cuccioli, sul successo riproduttivo, sulla distribuzione e abbondanza delle prede, sul trasferimento di contaminanti e sulla frammentazione dell’habitat.

Le ricerche genetiche più avanzate condotte recentemente hanno rivelato che gli orsi polari dell’alto Artico canadese potrebbero essere particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico, con un rischio elevato di diventare “maladattati” alle nuove condizioni ambientali. Gli studi hanno identificato prove di adattamento locale alle condizioni del ghiaccio marino e della temperatura, ma le proiezioni per gli scenari climatici futuri suggeriscono che gli orsi dell’alto Artico canadese presentano il rischio maggiore di diventare inadatti alle condizioni di riscaldamento climatico. Ricerche innovative hanno inoltre dimostrato che quattro decenni di riscaldamento globale hanno determinato un “invecchiamento genetico” degli orsi superiore alla loro età cronologica effettiva, con l’allungamento dei periodi privi di ghiaccio che ha incrementato lo stress fisiologico sugli animali.

Il caso dell’adozione documentato a Churchill rappresenta quindi non solo un evento scientificamente rilevante per la comprensione del comportamento sociale di una specie generalmente considerata solitaria, ma anche un promemoria della resilienza e dell’adattabilità che caratterizzano questi straordinari mammiferi artici. Mentre la comunità internazionale si confronta con la necessità di azioni decisive per mitigare il cambiamento climatico e proteggere gli ecosistemi polari, episodi come questo offrono uno spiraglio di speranza e dimostrano l’importanza fondamentale della ricerca scientifica continua e del monitoraggio a lungo termine per la conservazione della biodiversità artica. L’impegno dei ricercatori canadesi e delle organizzazioni internazionali nel documentare e comprendere questi fenomeni continua a fornire informazioni preziose per orientare le politiche di gestione e conservazione, con l’obiettivo ultimo di garantire la sopravvivenza a lungo termine degli orsi polari e dell’ecosistema artico di cui sono parte integrante e simbolo riconosciuto a livello globale. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!