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Compravendita di voti in Campania, gli audio shock di Portici e Giugliano scuotono il Partito Democratico

Scandalo in Campania: audio shock rivelano presunta compravendita di voti a Portici e Giugliano, con cinquanta euro offerti per preferenze e posti di lavoro promessi in cambio di sostegno elettorale. Carmela Rescigno della Lega denuncia, Pd e protagonisti in silenzio.

Una bufera giudiziaria si abbatte sulla politica campana dopo la diffusione di registrazioni audio che documenterebbero presunti casi di compravendita di voti in vista delle elezioni comunali e regionali. Al centro dello scandalo due comuni dell’area metropolitana di Napoli, Portici e Giugliano in Campania, dove emergono modalità inquietanti di presunto scambio elettorale che chiamano in causa esponenti e liste vicine al Partito Democratico. Le registrazioni, rese pubbliche dal quotidiano Il Giornale il 26 dicembre 2025, hanno spinto Carmela Rescigno, coordinatrice regionale della Lega in Campania e presidente della commissione anticamorra della scorsa legislatura, a presentare formale denuncia all’autorità giudiziaria.

Il primo episodio riguarda Portici, comune vesuviano di circa cinquantamila abitanti amministrato dal sindaco dem Vincenzo Cuomo. Un audio vocale datato 8 giugno 2022, appena tre giorni prima delle elezioni comunali di quell’anno, documenta una conversazione in cui una donna invita conoscenti e amiche a recarsi da Luca Manzo, all’epoca già assessore e oggi assessore alla pubblica istruzione della città. Le parole registrate sono inequivocabili e rivelano un sistema di presunta corruzione elettorale di particolare gravità.

Secondo quanto riportato dalle fonti giornalistiche che hanno avuto accesso alla registrazione integrale, la donna afferma testualmente: “Se sei interessata a venire ci vediamo da vicino perché questa persona ci ha voluto conoscere da vicino, lui vuole conoscere a chi lo vota. Paola, vieni, io lo sto dicendo a tutte perché sono cinquanta euro a voto, ed è come se le trovassi per terra, è peccato non approfittarne”. La registrazione descrive un meccanismo nel quale gli elettori avrebbero dovuto incontrare personalmente l’assessore Manzo, ricevere da lui un bigliettino con i nomi da votare alle elezioni comunali e, come contropartita per il disturbo, una banconota da cinquanta euro. La donna protagonista del vocale, della quale le testate giornalistiche affermano di conoscere l’identità, avrebbe avuto evidentemente un ruolo nella campagna elettorale del candidato, fungendo da tramite tra il politico e i potenziali elettori.

L’audio assume particolare rilevanza alla luce dei risultati elettorali: Luca Manzo ottenne alle comunali del 12 giugno 2022 oltre cinquecento preferenze personali, un risultato che gli consentì l’elezione in consiglio comunale e successivamente la nomina ad assessore con delega all’istruzione nella giunta guidata da Vincenzo Cuomo. Quest’ultimo, sindaco di Portici dal 2017 dopo un primo mandato dal 2004 al 2012 conclusosi con le dimissioni per l’elezione al Senato, è esponente di spicco del Partito Democratico campano. Secondo quanto emerso dalla cronaca politica delle ultime settimane, il nome di Cuomo sarebbe stato in pole position per entrare nella giunta regionale di Roberto Fico, neoeletto presidente della Campania con una coalizione di centrosinistra che comprende Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e altre forze progressiste.

La vicenda di Portici non costituisce un caso isolato. Parallelamente è emerso un secondo audio, anch’esso diffuso da Il Giornale e finito nelle mani di Carmela Rescigno, che riguarda Giugliano in Campania, il comune più popoloso della provincia di Napoli con oltre centoventisei mila abitanti. Protagonista di questa seconda registrazione è Salvatore D’Agostino, consigliere comunale che prima delle elezioni regionali del novembre 2025 si sarebbe attivamente impegnato nella campagna elettorale a favore di una lista civica collegata al Partito Democratico e a sostegno del candidato presidente Roberto Fico. L’audio documenta un colloquio tra D’Agostino e una persona alla quale il consigliere prometteva un posto di lavoro in cambio del voto.

Le parole registrate delineano un meccanismo di presunto scambio politico-elettorale particolarmente insidioso perché coinvolge una categoria vulnerabile: la comunità rom. Il consigliere D’Agostino avrebbe affermato: “Sai quanta gente abbiamo sistemato. La mattina arrivi, fai lavà le manine ai bambini, je lavi la faccia, poi stai un poco co’ loro, li aiuti a studià e fa e cose, e basta. Poi però devi far votare per gli amici miei”. Il riferimento è al campo rom di Giugliano, considerato uno dei più grandi d’Europa, dove opera una cooperativa che ha ottenuto appalti e finanziamenti dal Comune per l’assistenza alla popolazione romaní. Secondo la ricostruzione giornalistica, il consigliere comunale avrebbe offerto opportunità lavorative come assistente nel campo rom in cambio della promessa di far votare familiari e conoscenti per la lista da lui sostenuta.

Giugliano in Campania è da tempo amministrato da giunte di centrosinistra ed è stato anche commissariato in passato per infiltrazioni camorristiche. Il territorio presenta storicamente criticità legate alla criminalità organizzata e alla gestione di appalti pubblici. La vicenda del campo rom si inserisce in questo contesto già complesso, sollevando interrogativi sulla trasparenza nella gestione dei servizi sociali e sull’utilizzo di risorse pubbliche destinate alle fasce più vulnerabili della popolazione. Il Partito Democratico locale si era in passato battuto pubblicamente per la difesa del campo rom e aveva polemizzato con la Lega quando quest’ultima, guidata proprio da Carmela Rescigno, aveva organizzato visite ispettive accompagnando il leader nazionale Matteo Salvini. In quell’occasione i democratici avevano accusato il Carroccio di strumentalizzare la condizione dei rom per fini elettorali, un’accusa che oggi appare paradossale alla luce delle registrazioni emerse.

Dal punto di vista giuridico, le condotte descritte negli audio potrebbero configurare diverse fattispecie di reato previste dall’ordinamento italiano. La più grave è lo scambio elettorale politico-mafioso disciplinato dall’articolo 416-ter del codice penale, che punisce con la reclusione da dieci a quindici anni chiunque accetti la promessa di procurare voti mediante modalità mafiose in cambio dell’erogazione o della promessa di denaro o altre utilità. La pena è aumentata della metà se il candidato risulta eletto, arrivando fino a ventidue anni e mezzo di reclusione. Questo reato, introdotto per contrastare i legami tra politica e criminalità organizzata, richiede però la prova del coinvolgimento di associazioni mafiose o dell’uso del metodo mafioso.

Più direttamente applicabile ai casi emersi appare la corruzione elettorale prevista dall’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica numero 570 del 1960, che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con multe l’elettore che per dare il proprio voto o astenersi ha accettato offerte o promesse di denaro o altre utilità. Questa norma sanziona la compravendita pura e semplice di voti, senza necessità di dimostrare collegamenti con organizzazioni criminali. La giurisprudenza ha chiarito che il reato si consuma già al momento dell’accettazione della promessa, anche se l’accordo non viene poi materialmente eseguito. Viene punito sia chi offre denaro o utilità in cambio di voti, sia chi accetta tali promesse. Nel caso specifico degli audio diffusi, sarà compito dell’autorità giudiziaria verificare se le promesse documentate abbiano avuto seguito concreto e se vi sia stata effettiva erogazione di denaro o assegnazione di posti di lavoro.

Carmela Rescigno, protagonista della denuncia, è figura di primo piano nella politica campana. Consigliera regionale della Lega, nella passata legislatura ha presieduto la commissione speciale anticamorra della Regione Campania, ruolo che le ha consentito di tessere una fitta rete di contatti con cittadini che denunciano sopraffazioni e illegalità. Proprio grazie a questa attività e alla fiducia che molti cittadini ripongono in lei, Rescigno sarebbe entrata in possesso delle due registrazioni audio, consegnate poi alle testate giornalistiche e all’autorità giudiziaria. La consigliera regionale ha più volte affrontato situazioni di intimidazione per la sua attività contro la camorra: nell’ottobre 2022 ricevette una busta con un proiettile presso la sua abitazione a Camposano, in provincia di Napoli, episodio che testimonia i rischi connessi all’impegno contro l’illegalità in territori difficili.

La vicenda assume rilievo politico nazionale perché coinvolge indirettamente figure di primo piano del centrosinistra campano. Vincenzo Cuomo, sindaco di Portici e possibile futuro assessore regionale, rappresenta un tassello importante negli equilibri della giunta che Roberto Fico sta componendo dopo la vittoria alle elezioni regionali del novembre 2025. Fico, esponente del Movimento Cinque Stelle ed ex presidente della Camera dei deputati, ha vinto con oltre il sessanta per cento dei consensi grazie a una coalizione larghissima che ha superato le divisioni storiche tra Partito Democratico e pentastellati. La segretaria nazionale del PD Elly Schlein avrebbe spinto per l’ingresso di Cuomo nella squadra di governo regionale, rendendo lo scandalo potenzialmente imbarazzante per la leadership democratica.

Il timing delle rivelazioni non è casuale. Gli audio sono stati diffusi a ridosso delle festività natalizie, quando l’attenzione mediatica tende a calare, ma in un momento politicamente delicato per la Campania. La giunta regionale di Fico non è ancora stata completata proprio per le complesse trattative tra le diverse anime della coalizione, con il nodo rappresentato dalla possibile nomina di Cuomo che rischia di lasciare Portici senza sindaco per la seconda volta, dopo che già nel 2012 il comune venne commissariato in seguito alle sue dimissioni per andare a Roma come senatore. La città vesuviana vive una fase delicata con cantieri aperti, opere incompiute e nodi amministrativi irrisolti che renderebbero un ulteriore commissariamento particolarmente problematico per i cittadini.

Dal Partito Democratico, al momento della diffusione della notizia, non sono arrivati commenti ufficiali. Né la segreteria nazionale a Roma, né quella regionale campana, né tanto meno le federazioni locali di Portici e Giugliano hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche sulla vicenda. Questo silenzio è stato sottolineato con forza dalle testate che hanno dato notizia dello scandalo e dalle opposizioni di centrodestra. Anche i diretti interessati, Luca Manzo e Salvatore D’Agostino, non hanno fornito repliche o smentite alle accuse che emergono dalle registrazioni. L’assenza di una presa di posizione politica da parte dei vertici democratici rischia di alimentare il sospetto che episodi del genere non siano isolati ma rappresentino modalità diffuse di gestione del consenso elettorale in alcune aree della Campania.

Le opposizioni di centrodestra hanno colto l’occasione per attaccare duramente il PD e il neoeletto presidente Fico. Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia, ha dichiarato: “Attendiamo che i vertici del Partito Democratico prendano le distanze da questa vicenda dai contorni scandalosi”. Gli europarlamentari di FdI Alberico Gambino e Stefano Cavedagna hanno definito “gravissimo” quanto emerso, chiedendo verifiche sulla regolarità del voto nei seggi interessati. Il tema è particolarmente sensibile per la destra di governo, che ha fatto della lotta alla corruzione e dell’illegalità amministrativa uno dei suoi cavalli di battaglia, soprattutto al Sud dove i fenomeni di malaffare elettorale risultano storicamente più radicati.

La Campania presenta da decenni criticità strutturali nel rapporto tra politica e criminalità organizzata. Numerosi comuni della regione sono stati sciolti per infiltrazioni camorristiche negli ultimi trent’anni. Il voto di scambio, nelle sue diverse forme, costituisce uno dei principali canali attraverso cui la malavita condiziona le scelte elettorali e penetra nelle amministrazioni locali. Già nel luglio 2022 la Procura di Napoli aprì un’inchiesta su presunti episodi di voto di scambio alle elezioni regionali del 2020, con otto indagati tra cui il consigliere regionale Carmine Mocerino, accusato di aver ottenuto voti attraverso soggetti legati alla criminalità organizzata nella frazione di Caravita del comune di Cercola. Quella vicenda rivelò un sistema nel quale i voti venivano “reclutati” da intermediari che operavano in aree di influenza di clan camorristici, con pestaggi ai danni di chi non rispettava gli accordi o non versava tangenti.

Gli audio di Portici e Giugliano, pur riguardando presumibilmente contesti diversi e non necessariamente legati a dinamiche mafiose, descrivono comunque una patologia democratica profonda. La compravendita di voti mina alla radice il principio della libera scelta elettorale, trasformando il diritto-dovere di voto in una merce di scambio. Quando il consenso viene acquistato con denaro o promesse di lavoro, il mandato elettorale che ne deriva risulta viziato e il rappresentante eletto non agisce più nell’interesse generale ma in quello di chi ha finanziato la sua elezione. Questo meccanismo crea un circolo vizioso nel quale le risorse pubbliche vengono utilizzate non per erogare servizi alla collettività ma per alimentare sistemi clientelari che garantiscono la perpetuazione del potere.

Il caso del campo rom di Giugliano risulta particolarmente emblematico. Una struttura che dovrebbe rappresentare un luogo di accoglienza e integrazione, finanziata con risorse pubbliche per offrire assistenza a una delle categorie più fragili e marginalizzate della società, rischia di trasformarsi in serbatoio di voti da utilizzare nelle competizioni elettorali. Se confermato, questo sistema rivelerebbe non solo una violazione della legge elettorale ma anche un cinismo politico che strumentalizza la povertà e l’esclusione sociale per fini di potere. Le persone che vivono nel campo rom, già vittime di discriminazioni e difficoltà economiche, diventerebbero oggetto di un ulteriore abuso: quello di chi offre loro opportunità lavorative non per migliorare le loro condizioni ma per ottenere in cambio sostegno elettorale.

La magistratura dovrà ora fare chiarezza attraverso le indagini che partiranno dalla denuncia di Carmela Rescigno. Sarà necessario verificare l’autenticità delle registrazioni, identificare con certezza i protagonisti delle conversazioni, accertare se le promesse documentate siano state mantenute e se vi sia stato effettivo passaggio di denaro o assegnazione di incarichi lavorativi in cambio di voti. Gli investigatori dovranno anche ricostruire l’entità del fenomeno: si tratta di episodi isolati o di una pratica sistematica? Quanti elettori sono stati coinvolti? Quali risultati elettorali potrebbero essere stati influenzati da queste dinamiche? Solo al termine di un’indagine approfondita sarà possibile stabilire se le condotte emerse configurino reati perseguibili e quali responsabilità penali possano essere contestate.

Sul piano politico, lo scandalo pone interrogativi più ampi sulla qualità della classe dirigente e sui meccanismi di selezione del personale politico nelle aree del Mezzogiorno. Se da un lato è indubbio che la maggior parte degli amministratori opera con onestà e dedizione al bene comune, dall’altro episodi come quelli emersi a Portici e Giugliano evidenziano la persistenza di sacche di malcostume che inquinano la democrazia locale. I partiti nazionali, e in questo caso specifico il Partito Democratico, hanno la responsabilità di vigilare sulle federazioni territoriali, di verificare la moralità dei candidati presentati alle elezioni e di intervenire tempestivamente quando emergono comportamenti scorretti. Il silenzio mantenuto finora dai vertici del PD appare insufficiente di fronte alla gravità delle accuse e rischia di essere interpretato come tolleranza verso pratiche che dovrebbero invece essere condannate senza ambiguità.

La vicenda si inserisce in un momento delicato per il centrosinistra campano e nazionale. Dopo anni di divisioni e conflitti interni, in particolare tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, la costruzione del cosiddetto “campo largo” aveva rappresentato un tentativo di superare le contrapposizioni per offrire un’alternativa credibile al governo di centrodestra. La vittoria schiacciante di Roberto Fico alle regionali campane, con oltre il sessanta per cento dei consensi, aveva confermato la validità di questa strategia unitaria. Tuttavia, la rivelazione di presunti metodi illegali nella raccolta del consenso elettorale rischia di minare la credibilità della coalizione e di fornire argomenti agli avversari politici che denunciano da tempo l’esistenza di zone grigie nel rapporto tra sinistra e gestione del potere al Sud.

Le prossime settimane saranno decisive per capire gli sviluppi dello scandalo. L’autorità giudiziaria dovrà decidere se aprire formalmente un’inchiesta sulla base della denuncia presentata da Carmela Rescigno. Il Partito Democratico, a tutti i livelli, dovrà necessariamente prendere posizione per chiarire se intende prendere le distanze dai comportamenti contestati e quali eventuali provvedimenti disciplinari intende adottare nei confronti degli esponenti coinvolti. Roberto Fico, come neoeletto presidente della Regione Campania, potrebbe trovarsi di fronte a scelte difficili nella composizione della giunta, dovendo bilanciare gli equilibri politici interni alla coalizione con l’esigenza di salvaguardare l’immagine e la credibilità della nuova amministrazione regionale.

Per i cittadini di Portici e Giugliano, al di là delle vicende giudiziarie e delle polemiche politiche, resta la delusione di scoprire che in alcuni casi il voto, strumento fondamentale di partecipazione democratica, possa essere stato ridotto a merce di scambio. La fiducia nelle istituzioni, già fragile in molte aree del Mezzogiorno per la storia di inefficienza amministrativa e penetrazione criminale, rischia di subire un ulteriore colpo. Ricostruire questa fiducia richiederà non solo l’accertamento delle responsabilità individuali da parte della magistratura, ma anche un impegno serio e trasparente da parte di tutte le forze politiche per ripulire la vita pubblica da pratiche che offendono la dignità degli elettori e tradiscono i principi della democrazia rappresentativa. Solo attraverso un’azione congiunta di repressione penale dei comportamenti illegali e di rinnovamento etico e culturale della politica sarà possibile restituire senso e valore all’esercizio del diritto di voto e alla partecipazione dei cittadini alla vita delle comunità locali. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!