Quello che doveva essere un tradizionale momento di convivialità familiare, il pranzo di Natale, si è trasformato in una drammatica corsa contro il tempo per un uomo di 77 anni residente a Trento, il quale ha rischiato la vita a causa di una gravissima e rara complicazione medica scaturita da un’abbuffata di lenticchie. La vicenda, che ha dell’incredibile per la dinamica e per l’eccezionalità della patologia riscontrata, ha visto il coinvolgimento diretto del primario di Chirurgia generale dell’ospedale Santa Chiara, il dottor Alberto Brolese, protagonista di un rientro d’urgenza dalle ferie che ha assunto i contorni di una vera e propria missione di salvataggio.
Tutto ha avuto inizio durante il banchetto natalizio, quando l’anziano, forse tradito dall’atmosfera di festa e dall’abbondanza delle portate, ha consumato una quantità eccessiva di legumi, in particolare lenticchie, alimento simbolo delle festività ma che, in questo specifico caso, si è rivelato l’innesco di una catena di eventi quasi fatale. Sentendosi appesantito e in preda a un forte malessere gastrico, l’uomo ha tentato di indursi il vomito per liberarsi dal peso sullo stomaco, una manovra apparentemente banale che tuttavia, nei soggetti anziani con tessuti meno elastici e più fragili, può comportare rischi incalcolabili. Lo sforzo violento e la pressione esercitata sui tessuti hanno infatti provocato quella che in termini medici viene definita sindrome di Boerhaave, ovvero la rottura spontanea e completa della parete esofagea.
La gravità della situazione è apparsa immediatamente evidente ai sanitari del pronto soccorso di Trento, dove il paziente è giunto in condizioni disperate. La sindrome di Boerhaave rappresenta una delle emergenze chirurgiche più temibili, caratterizzata da un tasso di mortalità che può raggiungere e superare l’80% se non trattata con tempestività assoluta. Nel caso specifico, la lacerazione dell’esofago ha impedito al cibo ingerito di essere espulso, deviandolo invece all’interno della cavità toracica. Le lenticchie e i succhi gastrici, altamente corrosivi e pieni di batteri, si sono riversati nel mediastino, la zona del torace compresa tra i due polmoni, innescando un processo infettivo fulminante e potenzialmente letale noto come mediastinite. Il quadro clinico del 77enne richiedeva un intervento chirurgico di altissima complessità, una procedura che non ammetteva errori né ritardi, rendendo necessaria la presenza di una mano esperta e decisionale.
In quel momento il dottor Alberto Brolese, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia generale 2 dell’ospedale di Trento, si trovava ad Adria, in provincia di Rovigo, per trascorrere i giorni di festa con la propria famiglia. Informato telefonicamente dai colleghi della gravità estrema del caso e della diagnosi infausta che pendeva sul paziente, il primario non ha esitato un solo istante a interrompere le vacanze per mettersi alla guida verso il capoluogo trentino. Il viaggio si è trasformato in una corsa frenetica lungo l’autostrada, con il medico costretto a segnalare la propria urgenza sventolando un fazzoletto bianco dal finestrino e utilizzando le quattro frecce d’emergenza per farsi largo nel traffico delle festività. Durante il tragitto, la sua vettura è stata persino fermata da una pattuglia della polizia stradale per un controllo, una sosta forzata che si è risolta rapidamente non appena il chirurgo ha potuto esibire il tesserino medico e spiegare la natura vitale della sua destinazione.
Giunto al Santa Chiara, il dottor Brolese è entrato immediatamente in sala operatoria, dove l’équipe era già pronta per assisterlo in un intervento durato oltre quattro ore. La procedura ha richiesto una meticolosa pulizia della cavità toracica per rimuovere i residui alimentari e i liquidi settici che avevano invaso il torace, seguita dalla delicata ricostruzione della parete esofagea lacerata. Si è trattato di un lavoro di altissima precisione, complicato dall’età avanzata del paziente e dalla fragilità dei tessuti interessati dalla lesione. Nonostante le statistiche fossero decisamente a sfavore, l’operazione si è conclusa con successo e il paziente è stato trasferito nel reparto di rianimazione, dove le sue condizioni sono state stabilizzate, permettendo ai medici di sciogliere la prognosi riservata e dichiararlo fuori pericolo di vita.
La vicenda ha offerto lo spunto per una riflessione più ampia sui pericoli legati all’alimentazione durante i periodi festivi, quando le abitudini dietetiche vengono spesso stravolte da eccessi quantitativi e qualitativi. Lo stesso dottor Brolese, commentando l’accaduto, ha voluto sottolineare come episodi di questa natura, sebbene rari nella loro forma più estrema come la sindrome di Boerhaave, non siano isolati nel contesto delle emergenze post-natalizie. Gli ospedali registrano regolarmente un picco di ricoveri legati a patologie acute derivanti da abusi alimentari, tra cui spiccano le pancreatiti acute, le coliche biliari e le epatiti su base alcolica, condizioni che possono evolvere rapidamente verso quadri clinici severi.
La sindrome di Boerhaave, descritta per la prima volta nel 1724 dal medico olandese Herman Boerhaave, rimane una patologia subdola e devastante. Essa si verifica tipicamente a seguito di un aumento improvviso della pressione intraluminale nell’esofago, causata da sforzi di vomito a glottide chiusa. La perforazione che ne consegue permette il passaggio di saliva, succo gastrico, bile e cibo nel mediastino, causando uno shock settico rapido che porta alla morte nella maggior parte dei casi non diagnosticati entro le prime 24 ore. Il fatto che il cibo coinvolto fosse costituito da lenticchie ha reso la situazione particolarmente complessa, data la consistenza del legume che, non potendo essere espulso né digerito correttamente a causa del blocco funzionale e della rottura, ha agito come un corpo estraneo contaminante all’interno di una zona sterile del corpo umano.
Il recupero del 77enne sarà lungo e richiederà un attento monitoraggio per escludere complicanze tardive come stenosi o infezioni residue, ma il peggio sembra essere passato grazie alla prontezza della diagnosi e all’abnegazione del personale medico coinvolto. Questo caso limite serve da monito severo sull’importanza della moderazione a tavola, specialmente per le persone anziane o affette da patologie pregresse, per le quali un semplice pasto abbondante può trasformarsi in un fattore di rischio mortale. La fisiologia dell’invecchiamento comporta infatti una riduzione dell’elasticità dei tessuti e della motilità gastrointestinale, rendendo l’organismo meno capace di gestire carichi di lavoro digestivo eccessivi o stress meccanici improvvisi come quelli generati dal vomito autoindotto.
In conclusione, la storia a lieto fine di Trento rimane una testimonianza dell’eccellenza del sistema sanitario e della dedizione dei suoi professionisti, capaci di anteporre il dovere deontologico al riposo personale. Allo stesso tempo, essa ribadisce la necessità di approcciare le tradizioni culinarie con consapevolezza e misura, evitando che il piacere della tavola si tramuti in un’emergenza sanitaria. Le autorità mediche continuano a raccomandare, specialmente durante le festività di fine anno, di prestare la massima attenzione ai segnali del proprio corpo e di evitare comportamenti a rischio come le abbuffate incontrollate, che possono mettere a dura prova anche fisici apparentemente sani. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
