Il confronto impietoso tra i risultati al botteghino di due produzioni Disney racconta una storia che va ben oltre i semplici numeri degli incassi. Lilo & Stitch, il remake live-action del classico del 2002, ha polverizzato ogni record con oltre 400 milioni di dollari in una sola settimana di programmazione, di cui 341,7 milioni raccolti nel solo weekend di esordio. Una performance che assume contorni ancora più significativi se confrontata con il clamoroso fallimento di Biancaneve, che dopo un’intera corsa nelle sale mondiali si è fermato a soli 205 milioni di dollari.
Questo divario abissale non rappresenta semplicemente una questione di preferenze cinematografiche, ma evidenzia una frattura profonda tra le aspettative del pubblico e l’agenda ideologica che una certa Hollywood continua a imporre. Il successo di Lilo & Stitch dimostra inequivocabilmente che gli spettatori premiano ancora l’intrattenimento puro, le storie genuine e i personaggi autentici, respingendo con forza crescente le operazioni di ingegneria sociale mascherate da prodotti di intrattenimento. La piccola aliena blu e la bambina hawaiana hanno conquistato il cuore del pubblico mondiale proprio perché la loro storia parla di valori universali come famiglia, appartenenza e accettazione, senza forzature ideologiche o lezioni di morale imposte dall’alto.
Il fallimento di Biancaneve, al contrario, rappresenta l’epitome di tutto ciò che non funziona nell’approccio woke al cinema contemporaneo. Il film di Marc Webb è stato accompagnato fin dall’annuncio da una serie di controversie che hanno alienato sistematicamente ampie fasce di pubblico. La scelta di Rachel Zegler, attrice di origini colombiane, per interpretare un personaggio tradizionalmente associato alla "più bella del reame" ha scatenato dibattiti che sono andati ben oltre le semplici questioni di casting. Le dichiarazioni della stessa Zegler, che ha criticato aspramente il film originale del 1937 definendolo "estremamente datato nelle idee", hanno rivelato un atteggiamento di superiorità morale verso l’opera originale che il pubblico ha percepito come profondamente irrispettoso.
La strategia Disney di rivisitare i propri classici attraverso la lente del politicamente corretto ha mostrato tutti i suoi limiti. Con un budget produttivo di 270 milioni di dollari, a cui si sono aggiunti altri 80 milioni per riprese aggiuntive e promozione, Biancaneve doveva rappresentare un sicuro successo commerciale. Invece, l’ossessione per l’inclusività forzata e il revisionismo dei contenuti originali ha prodotto un’opera che è stata percepita dal pubblico come artificiosa e predicatoria. Gli spettatori, stanchi di vedersi somministrare lezioni di morale durante quello che dovrebbe essere un momento di svago, hanno votato con i loro portafogli, disertando le sale cinematografiche.
Il successo travolgente di Lilo & Stitch, che ha registrato 183 milioni di dollari nel solo mercato nordamericano durante il weekend di Memorial Day, stabilendo un nuovo record assoluto per questa ricorrenza, dimostra che esiste ancora spazio per storie che privilegiano l’emozione autentica rispetto all’agenda politica. Il pubblico ha risposto con entusiasmo a una narrazione che celebra i legami familiari, l’accoglienza e la diversità in modo naturale e non forzato. La figura di Stitch, alieno ribelle che trova la sua redenzione attraverso l’amore di una famiglia adottiva, rappresenta un modello narrativo che funziona perché è radicato in verità emotive universali piuttosto che in imperativi ideologici.
Anche il CEO di Disney, Bob Iger, ha dovuto ammettere pubblicamente che le critiche mosse alla compagnia riguardo alla deriva woke "potrebbero avere un certo grado di fondamento". Durante un’intervista alla CNBC, Iger ha riconosciuto che "inserire un messaggio come priorità numero uno nei nostri film e programmi TV non è ciò a cui miriamo" e che l’obiettivo principale deve essere "intrattenere". Queste dichiarazioni rappresentano un tardivo riconoscimento di una strategia commerciale fallimentare che ha allontanato il pubblico tradizionale senza riuscire a conquistarne uno nuovo.
Il fenomeno woke nel cinema, come evidenziato da numerosi osservatori del settore, ha trasformato l’industria dell’intrattenimento in un veicolo di propaganda ideologica. L’imposizione di questa agenda sui prodotti Disney ha causato perdite miliardarie, come nel caso del 2023 quando la compagnia ha perso circa un miliardo di dollari. Il motto americano "Get woke, go broke" ("Fai lo sveglio, vai in rovina") ha trovato nella Disney la sua più evidente conferma, con una serie di flop che hanno seguito la stessa formula: Ghostbusters del 2016, vari progetti legati a Star Wars, e ora Biancaneve.
Il contrasto tra i due film evidenzia una dinamica più ampia che sta attraversando l’industria cinematografica. Mentre Lilo & Stitch ha conquistato il pubblico con una storia che celebra valori tradizionali come famiglia e lealtà, Biancaneve ha fallito nel tentativo di decostruire e ricostruire una fiaba classica secondo parametri ideologici contemporanei. Gli spettatori hanno dimostrato di preferire narrazioni che li coinvolgano emotivamente piuttosto che opere che li giudichino moralmente. La differenza negli incassi rappresenta un verdetto inequivocabile: il pubblico globale ha scelto l’autenticità rispetto alla propaganda.
Questa lezione dovrebbe essere recepita non solo dalla Disney, ma dall’intera industria hollywoodiana. L’ossessione per il politicamente corretto e il revisionismo storico ha raggiunto un punto di saturazione che rischia di compromettere irreversibilmente il rapporto con il pubblico. I numeri di Lilo & Stitch dimostrano che esiste ancora un mercato vastissimo per prodotti di intrattenimento che privilegiano la qualità narrativa e l’emozione genuina. Il successo del film rappresenta una boccata d’ossigeno per un’industria che sembrava aver dimenticato la propria missione primaria: raccontare storie che uniscano piuttosto che dividere, che intrattengano piuttosto che indottrinare.
In conclusione, il trionfo di Lilo & Stitch e il fallimento di Biancaneve rappresentano un momento di svolta per l’industria cinematografica. Il pubblico ha inviato un messaggio chiaro e inequivocabile: è tempo di tornare a fare cinema per tutti, abbandonando esperimenti di ingegneria sociale che si sono rivelati commercialmente disastrosi e artisticamente sterili. La strada del successo passa ancora attraverso storie universali, personaggi credibili e valori autentici, non attraverso agenda politiche imposte dall’alto.