Le nuove indagini sul delitto di Garlasco riportano alla luce elementi inquietanti che erano rimasti sepolti negli archivi delle prime investigazioni. Tra le carte riesumate dalla procura di Pavia emergono intercettazioni che gettano una luce diversa sui rapporti tra la famiglia Cappa, cugini della vittima Chiara Poggi, e l’allora indagato Alberto Stasi. Il procuratore capo Fabio Napoleone, l’aggiunto Stefano Civardi e le pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza stanno ricostruendo un puzzle complesso che potrebbe ribaltare la versione ufficiale del delitto avvenuto il 13 agosto 2007.
Al centro della nuova inchiesta si collocano quattro telefonate anonime ricevute dal cellulare Nokia di Chiara Poggi proprio il giorno dell’omicidio, alle ore 11.38, 12.46, 13.27 e 13.30. Questi contatti telefonici rappresentano un unicum nella cronologia delle comunicazioni della vittima, dal momento che nei mesi precedenti al delitto non erano mai state registrate chiamate di questo tipo. Gli investigatori dell’epoca avevano inizialmente ipotizzato che potessero provenire da un’agenzia di viaggi milanese, ma l’attività commerciale risultava chiusa per le ferie estive di Ferragosto. Le analisi tecniche successive hanno dimostrato che la disabilitazione permanente della visualizzazione del numero chiamante era presente soltanto per l’utenza fissa dell’abitazione di Alberto Stasi e per quella dell’agenzia viaggi non operativa.
Le perizie informatiche condotte dai tecnici Roberto Porta e Daniele Occhetti, disposte dal giudice Stefano Vitelli durante il primo processo, hanno documentato anche due chiamate precedenti alle ore 9.44 e 10.17, identificate come i consueti “squilli del buongiorno” che Alberto Stasi era solito inviare alla fidanzata. Chiara Poggi non rispose a nessuna di queste comunicazioni, e secondo la ricostruzione processuale l’ora del decesso della giovane si colloca tra le 9.12 e le 9.35 di quella mattina. La chiamata effettiva di Stasi avvenne alle 13.31, un minuto dopo l’ultima telefonata anonima, quando il fidanzato decise di recarsi presso l’abitazione di via Pascoli per verificare le condizioni della ragazza.
Parallelamente a questi elementi tecnici, assumono particolare rilevanza le intercettazioni telefoniche che coinvolgono la famiglia Cappa, parenti stretti della vittima che disponevano delle chiavi dell’abitazione dei Poggi e conoscevano le modalità per disattivare il sistema di allarme della villetta. Ermanno Cappa, avvocato e padre delle gemelle Stefania e Paola, emerge dalle registrazioni come una figura di primo piano nelle dinamiche investigative dell’epoca. Il 12 dicembre 2007, in una conversazione telefonica con la figlia Stefania, l’uomo pronuncia parole che oggi acquisiscono un significato particolare: “Stai tranquilla che l’indagine va avanti come si deve che quel cretino lì se devono incastrarlo lo incastrano”, riferendosi chiaramente ad Alberto Stasi.
Le registrazioni documentano anche gli stati d’animo di Stefania Cappa durante i mesi successivi al delitto, quando la giovane manifestava una certa irritazione nei confronti delle modalità investigative. Nel verbale del 13 febbraio 2008, la cugina della vittima sfoga la propria frustrazione con gli inquirenti: “Ho detto: potete prendere tutta la mia casa! Le biciclette, le scarpe, tutto! Ma il tutore di una persona malata! Voi mi fate ridere!”. Il riferimento al tutore ortopedico riguardava la sorella Paola, elemento che diventerà oggetto di ulteriori accertamenti nelle indagini successive. Stefania Cappa dimostra di avere un carattere particolarmente vivace, come lei stessa ammette durante le intercettazioni: “C’era il comandante Cassese e lui sa che io ho il carattere che veramente sputo sangue”.
Un elemento di particolare interesse investigativo riguarda la cosiddetta “telefonata fantasma” che Stefania Cappa sostiene di aver effettuato a Chiara Poggi il 12 agosto 2007, il giorno precedente l’omicidio. La giovane ha riferito ai carabinieri per tre volte di aver contattato la cugina dalla propria abitazione per concordare un appuntamento presso la Croce Garlaschese, dove avrebbe svolto il proprio turno di volontariato dalle 15 alle 19.30 del giorno successivo. Tuttavia, questa comunicazione telefonica non risulta in alcun modo registrata nei tabulati delle compagnie telefoniche, creando un’anomalia che gli investigatori stanno attualmente approfondendo nell’ambito della nuova inchiesta che vede indagato Andrea Sempio.
Le intercettazioni rivelano anche il rapporto che Stefania Cappa intratteneva con i media dell’epoca, dimostrando una certa dimestichezza con i meccanismi dell’informazione televisiva e giornalistica. In una conversazione registrata, la giovane dichiara con una certa spavalderia: “Se dico: guarda che mi hanno interrogata, mi becco un frac… almeno cinquantamila euro per andare a Matrix e centomila per andare a Porta a Porta!”. Questo atteggiamento evidenzia come la cugina della vittima fosse perfettamente consapevole dell’interesse mediatico suscitato dal caso e delle potenziali opportunità economiche derivanti dalla propria posizione di testimone privilegiata.
Il quadro investigativo si complica ulteriormente con la presenza di testimonianze contraddittorie e ritrattazioni che hanno caratterizzato le prime fasi dell’inchiesta. Marco Demontis Muschitta, testimone che aveva inizialmente accusato Stefania Cappa di essere presente sulla scena del crimine, successivamente ritrattà le proprie dichiarazioni. Le intercettazioni documentano anche le conversazioni di questo testimone con il proprio padre, che gli suggeriva: “Lo hanno fatto per proteggerti. Magari altri testimoni dicevano che quella persona lì era da un’altra parte e tu eri incastrato”. Muschitta venne successivamente querelato per calunnia proprio da Ermanno Cappa, ma il processo si concluse con un’assoluzione.
La procura di Pavia sta ora procedendo con un incidente probatorio che prevede l’acquisizione del DNA di diverse persone, comprese le gemelle Cappa, nel tentativo di chiarire le tracce biologiche rinvenute sotto le unghie della vittima. Questi elementi genetici, che secondo alcuni periti potrebbero essere compatibili con Andrea Sempio, rappresentano uno dei pochi indizi materiali su cui si basa la nuova inchiesta. Tuttavia, la compatibilità del DNA con la dinamica dell’omicidio rimane controversa, considerando che tutte le sentenze hanno stabilito che Chiara Poggi fu sorpresa dall’aggressore e non ebbe modo di difendersi.
L’attuale indagine si muove su un terreno particolarmente complesso, dovendo conciliare la sentenza definitiva di condanna di Alberto Stasi con l’ipotesi di un concorso di persone nell’omicidio. Gli inquirenti stanno esplorando la possibilità che il delitto sia stato pianificato da qualcuno che non era fisicamente presente sulla scena del crimine, una teoria che richiederà prove sostanziali per essere sostenuta in sede processuale. Il tempo trascorso, diciotto anni dal delitto, rappresenta sia un ostacolo che un’opportunità per far emergere verità rimaste celate nelle pieghe delle prime investigazioni.