Il dibattito sullo ius scholae continua a dividere profondamente il panorama politico italiano, con una spaccatura inedita che attraversa anche la maggioranza di governo guidata da Giorgia Meloni. La questione della riforma della legge sulla cittadinanza, ferma da oltre trent’anni, è tornata prepotentemente al centro dell’agenda politica dopo le dichiarazioni del vicepremier Antonio Tajani, che ha rilanciato la proposta di Forza Italia denominata “Ius Italiae”, scatenando immediate reazioni contrastanti sia all’interno della coalizione di centrodestra che nelle opposizioni.
Lo ius scholae rappresenta un principio giuridico che lega l’acquisizione della cittadinanza italiana al completamento di un percorso scolastico, differenziandosi sostanzialmente dall’attuale sistema basato sullo ius sanguinis, in vigore dal 1992. La formulazione più discussa prevede che possa acquisire la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia o arrivato entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia risieduto legalmente nel territorio nazionale e frequentato regolarmente almeno cinque anni di studio in uno o più cicli scolastici.
La proposta di Forza Italia, presentata ufficialmente da Tajani nell’ottobre 2024, introduce invece il concetto di “Ius Italiae” con requisiti più stringenti rispetto alle formulazioni precedenti. Secondo questa versione, gli stranieri nati in Italia o arrivati entro il quinto anno di età, che risiedono ininterrottamente per dieci anni e completano con successo il ciclo scolastico obbligatorio, possono ottenere la cittadinanza a sedici anni. Tajani ha sottolineato come la proposta non sia permissiva e non favorisca l’immigrazione illegale, basandosi invece su principi di serietà e diritti, affermando che “essere cittadino italiano è una cosa seria”.
Una delle caratteristiche distintive della proposta azzurra riguarda la limitazione della trasmissione della cittadinanza per ius sanguinis, escludendo gli stranieri con ascendenza italiana quando genitori, nonni e bisnonni sono nati all’estero. Questa modifica mira a evitare quello che Tajani definisce “abusi” nel sistema attuale, garantendo che la cittadinanza non diventi “un business o una barzelletta”.
Il fronte favorevole allo ius scholae presenta una composizione particolarmente eterogenea che attraversa diversi schieramenti politici. Forza Italia rappresenta l’elemento di maggiore novità in questo panorama, con Tajani che ha definito la riforma “sacrosanta” e ha affermato che “l’avrebbe voluta anche Berlusconi”. Il partito azzurro ha annunciato l’intenzione di presentare la propria proposta di legge sia alla Camera che al Senato, dopo averla sottoposta per valutazione ai capigruppo di Lega, Fratelli d’Italia e Noi Moderati.
Il Partito Democratico mantiene una posizione di apertura verso lo ius scholae, pur preferendo una riforma più ampia che garantisca lo ius soli. I democratici hanno ricordato come già nella scorsa legislatura fosse stato portato avanti un progetto di legge sul tema, invitando a ripartire dalle proposte precedenti. Il Movimento 5 Stelle si è dichiarato favorevole all’introduzione dello ius scholae, distanziandosi dalla posizione del PD sullo ius soli.
Anche Azione e Italia Viva hanno espresso sostegno alla riforma, con i rispettivi leader Carlo Calenda e Matteo Renzi che avevano proposto nei loro programmi elettorali di concedere la cittadinanza italiana a chi ha frequentato “per almeno cinque anni un percorso di formazione in Italia e a tutti gli studenti stranieri che hanno svolto e completato gli studi universitari” nel Paese. Alleanza Verdi e Sinistra ha manifestato sostegno alla proposta, mentre Noi Moderati, guidato da Maurizio Lupi, ha assunto una posizione allineata con quella di Forza Italia.
L’opposizione di Lega e Fratelli d’Italia
La Lega ha manifestato una netta contrarietà alla proposta, con il segretario Matteo Salvini che ha definito lo ius scholae “non una priorità” e “non nell’agenda di governo”. Il partito di Salvini sostiene che l’Italia sia già il Paese che nell’Unione europea concede più cittadinanze agli stranieri e che quindi le norme debbano rimanere invariate, senza scorciatoie. I leghisti hanno inoltre accusato Forza Italia di voler minare la stabilità del governo con questa iniziativa.
Fratelli d’Italia ha assunto una posizione più sfumata ma sostanzialmente contraria, affermando che altre sarebbero le priorità attuali. Tuttavia, emerge un dato interessante dal passato politico: quando era all’opposizione, la presidente Meloni aveva difeso la possibilità di concedere la cittadinanza italiana agli adolescenti stranieri che avessero concluso la scuola dell’obbligo. Questa posizione precedente evidenzia come il dibattito sullo ius scholae non sia sempre stato caratterizzato da posizioni rigidamente definite lungo i tradizionali schieramenti politici.
L’attuale legge sulla cittadinanza, datata 5 febbraio 1992, è incentrata sul principio dello ius sanguinis, secondo cui un bambino è italiano se almeno uno dei genitori possiede la cittadinanza italiana. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto diciotto anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”. La legge richiede una residenza continuativa di dieci anni, con la particolarità che basta mancare un solo giorno perché il conteggio ricominci.
Un ulteriore requisito prevede che il richiedente sia titolare di un reddito minimo per tre anni consecutivi, condizione che diventa spesso un vincolo insuperabile per molti giovani impegnati negli studi. Secondo i dati dell’Ufficio Statistica del Ministero dell’Istruzione e del Merito, nelle scuole italiane sono presenti 914.860 studenti con cittadinanza non italiana, bambini e adolescenti definiti “italiani di fatto ma non di diritto”.
Un elemento significativo del dibattito emerge dai sondaggi sull’opinione pubblica: secondo una rilevazione Dire-Tecnè condotta tra il 29 e 30 agosto 2024, il 58% degli italiani si dichiara favorevole allo ius scholae, mentre il 26% degli intervistati si oppone e il 16% non esprime una posizione definita. Questi dati evidenziano come il sostegno alla riforma superi significativamente l’opposizione, attraversando trasversalmente diverse sensibilità politiche.
Le organizzazioni sindacali del mondo scolastico hanno espresso sostegno alla proposta. La Cisl Scuola, attraverso la segretaria generale Ivana Barbacci, ha definito le aperture sullo ius scholae come necessarie per “politiche più lungimiranti di integrazione e inclusione sociale”, sottolineando come la presenza di alunni con cittadinanza straniera superi il 10% della popolazione scolastica. La UIL Scuola, con il segretario generale Pino Turi, ha affermato che “lo Ius Scholae bisogna farlo e non parlarne”, evidenziando come “la scuola ha dimostrato con la sua azione di essere un potentissimo strumento di integrazione certificata”.
L’analisi dei numeri parlamentari rivela uno scenario complesso per l’approvazione di una riforma dello ius scholae. Alla Camera, Fratelli d’Italia e Lega possono contare su 182 deputati su 400, mentre Forza Italia dispone di 45 seggi. Se il partito di Tajani dovesse allearsi con le opposizioni favorevoli alla riforma, si creerebbe una maggioranza numerica sufficiente per l’approvazione del provvedimento, scenario che però comporterebbe una frattura senza precedenti nella coalizione di centrodestra.
La strategia di Forza Italia appare orientata verso la ricerca di un dialogo preventivo con gli alleati di governo, come dimostrato dall’invio della proposta ai capigruppo di Camera e Senato di Lega, Fratelli d’Italia e Noi Moderati. Questa iniziativa diplomatica mira evidentemente a evitare uno scontro frontale all’interno della maggioranza, pur mantenendo ferma la volontà di procedere con la riforma.