Guerra Israele-Iran, Rischio impennata carburanti

Le tensioni geopolitiche mediorientali e l’instabilità dei mercati energetici alimentano il rischio di una significativa impennata dei prezzi dei carburanti in Italia, con potenziali aumenti che potrebbero costare alle famiglie oltre 400 euro all’anno.
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Il mercato dei carburanti italiano attraversa una fase di estrema volatilità caratterizzata da molteplici fattori di rischio che minacciano di provocare una significativa impennata dei prezzi alla pompa nelle prossime settimane. La situazione attuale presenta un quadro complesso dove le tensioni geopolitiche internazionali si intrecciano con dinamiche economiche interne, creando le condizioni per potenziali rincari che potrebbero gravare pesantemente sui bilanci familiari degli automobilisti.

La drammatica escalation del conflitto tra Israele e Iran verificatasi nelle ultime ore ha provocato un immediato rialzo delle quotazioni petrolifere sui mercati internazionali, con il Brent che ha registrato un aumento superiore al 10% toccando i 77 dollari al barile. L’attacco israeliano condotto contro installazioni nucleari e militari iraniane, denominato operazione “Rising Lion”, ha colpito obiettivi strategici tra cui strutture di arricchimento dell’uranio, siti produttivi missilistici e residenze di alti comandanti delle Guardie della Rivoluzione. Questa azione militare ha riacceso i timori degli operatori per possibili interruzioni nell’offerta energetica dalla regione mediorientale, considerata cruciale per la stabilità dei mercati globali.

Secondo le analisi degli esperti del settore, il rischio maggiore è rappresentato dal possibile blocco dello Stretto di Hormuz, corridoio strategico attraverso il quale transita una quota significativa delle forniture petrolifere mondiali. Gli analisti di J.P. Morgan prevedono che in caso di ulteriore escalation militare, il prezzo del petrolio potrebbe raggiungere i 120 dollari al barile, mentre altre previsioni più conservative parlano di un consolidamento intorno ai 78-80 dollari. L’incertezza geopolitica ha inoltre spinto al rialzo anche le quotazioni del gas naturale, con il TTF che ha registrato un incremento del 4%.

Parallelamente alle tensioni geopolitiche, le decisioni dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e dei suoi alleati stanno influenzando significativamente l’andamento dei prezzi energetici. L’OPEC+ ha annunciato un incremento della produzione di petrolio di 411.000 barili al giorno per il mese di giugno, nonostante il recente crollo dei prezzi e le prospettive di una domanda globale in rallentamento. Questa strategia, che rappresenta il secondo mese consecutivo di accelerazione degli aumenti produttivi, risponde alle pressioni esercitate dall’amministrazione Trump per contenere i prezzi e sostenere i consumi globali.

Tuttavia, le previsioni degli analisti di Goldman Sachs suggeriscono uno scenario di possibile calo dei prezzi nella seconda metà del 2025, con il Brent che potrebbe scendere fino a una media di 60 dollari al barile. Questo scenario dipenderà dall’evoluzione delle decisioni dell’OPEC+ riguardo l’aumento della produzione di greggio e dalla possibile recessione globale che potrebbe ridurre la domanda energetica. La volatilità del mercato petrolifero risulta inoltre amplificata dalle crescenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, con Pechino che ha imposto dazi del 15% su carbone e gas naturale liquefatto americano e tariffe aggiuntive del 10% sul petrolio statunitense.

I primi mesi del 2025 hanno già evidenziato una preoccupante tendenza al rialzo dei prezzi dei carburanti, con la benzina che ha superato i 2,4 euro al litro nelle stazioni autostradali e il gasolio che ha raggiunto i 2,3 euro al litro. Sulla rete urbana, i prezzi del self-service si attestano intorno a 1,8 euro al litro per la benzina e 1,7 euro per il gasolio, registrando aumenti significativi rispetto ai valori di dicembre 2024. Il Codacons ha quantificato l’impatto economico di questi rincari, stimando che ogni automobilista potrebbe dover sostenere una spesa aggiuntiva di 36 euro all’anno, considerando due pieni al mese.

L’associazione dei consumatori ha inoltre evidenziato come questi aumenti si verifichino nonostante una sostanziale stabilità delle quotazioni petrolifere, con il Brent cresciuto del 4% rispetto ai valori di fine dicembre ma comunque lontano dai picchi registrati in passato. Questa discrepanza tra quotazioni internazionali e prezzi alla pompa solleva interrogativi sulla trasparenza del mercato italiano e sull’efficacia dei meccanismi di controllo dei prezzi. Le modifiche alle accise introdotte con decreto interministeriale del 15 maggio, che prevedono un aumento di 1,5 centesimi al litro sul gasolio e una riduzione di pari entità sulla benzina, contribuiscono ulteriormente alla complessità del quadro tariffario.

Il rischio di impennata dei prezzi si inserisce in un contesto caratterizzato da crescenti difficoltà strutturali del settore della distribuzione carburanti, con numerosi impianti che stanno affrontando crisi operative e logistiche. La situazione più emblematica riguarda la rete Europam, dove centinaia di stazioni di servizio nelle province di Torino, Cuneo e Biella sono rimaste a secco per cinque giorni consecutivi, provocando perdite economiche ingenti per i gestori e disagi significativi per gli automobilisti. Questi episodi evidenziano la fragilità di un sistema distributivo che fatica a garantire la continuità del servizio, amplificando i rischi legati alla volatilità dei prezzi.

La crisi del settore si manifesta anche attraverso la chiusura di aree di servizio autostradali per difficoltà economiche, un fenomeno senza precedenti che testimonia la pressione sui margini operativi dei gestori. Le associazioni di categoria denunciano margini sempre più ridotti e costi crescenti, mentre la mancanza di investimenti infrastrutturali rischia di compromettere la qualità del servizio offerto agli automobilisti. Questo scenario di instabilità strutturale potrebbe amplificare gli effetti di eventuali shock esterni sui prezzi, rendendo il mercato più vulnerabile a improvvise impennate tariffarie.

L’analisi delle prospettive future del mercato dei carburanti evidenzia molteplici fattori di rischio che potrebbero determinare un’impennata dei prezzi nei prossimi mesi. Le crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente rappresentano il principale elemento di instabilità, con il potenziale di provocare interruzioni nelle forniture energetiche che si rifletterebbero immediatamente sui prezzi alla pompa. Parallelamente, l’incertezza economica globale e i conflitti commerciali tra le superpotenze stanno creando un clima di volatilità che favorisce la speculazione sui mercati energetici.

Gli esperti del settore evidenziano come l’incremento del gas naturale liquefatto a discapito del gas tradizionale esponga il mercato energetico a maggiori rischi geopolitici rispetto al passato. Le variabili macroeconomiche, comprese le politiche monetarie delle banche centrali e l’evoluzione dell’inflazione, potrebbero inoltre influenzare significativamente i prezzi delle materie prime energetiche. In questo contesto, le famiglie italiane rischiano di dover affrontare una stangata che potrebbe superare i 400 euro all’anno per nucleo familiare, considerando sia gli effetti diretti sui rifornimenti sia quelli indiretti legati ai maggiori costi di trasporto delle merci.

Le associazioni dei consumatori sollecitano interventi governativi per mitigare l’impatto dei rincari, proponendo misure come la riduzione delle accise, l’introduzione di un’accisa mobile proporzionale alle quotazioni internazionali e la sterilizzazione dell’IVA sui carburanti. Tuttavia, il governo ha evidenziato i costi elevati di tali interventi, stimando in un miliardo di euro al mese il costo della riduzione delle accise sulla benzina. La ricerca di un equilibrio tra sostenibilità fiscale e tutela del potere d’acquisto delle famiglie rappresenta una delle sfide principali che le istituzioni dovranno affrontare per gestire il rischio di una significativa impennata dei prezzi dei carburanti.