La Repubblica Islamica dell’Iran ha annunciato di essere pronta a utilizzare 2.000 missili nei prossimi attacchi contro Israele, una cifra che rappresenta un incremento di venti volte superiore rispetto ai proiettili balistici lanciati finora nel conflitto in corso
Secondi fonti delle Guardie Rivoluzionarie citate dal New York Times, Teheran aveva inizialmente pianificato di lanciare 1.000 missili balistici contro lo Stato ebraico in risposta all’attacco israeliano sui siti nucleari iraniani, ma non è riuscita a concretizzare tale offensiva a causa dei danni inflitti dall’aeronautica militare israeliana alle basi di lancio iraniane. Questa limitazione tecnica spiega perché l’Iran ha potuto lanciare soltanto circa 100 missili contro Israele in ciascuna delle prime ondate di attacco.
L’escalation militare tra i due Paesi ha raggiunto livelli senza precedenti dopo l’operazione israeliana “Leone Nascente”, condotta nella notte tra il 12 e il 13 giugno 2025. L’offensiva israeliana ha coinvolto circa 200 velivoli da combattimento che hanno scaricato oltre 300 bombe su obiettivi militari e impianti nucleari iraniani, colpendo principalmente i siti di arricchimento dell’uranio di Natanz e causando 78 morti e 320 feriti tra la popolazione civile iraniana.
La risposta iraniana non si è fatta attendere, con il lancio dell’operazione “True Promise 3” che ha comportato il bombardamento di diverse città israeliane attraverso raffiche multiple di missili balistici. Le sirene d’allarme hanno risuonato in tutto il territorio israeliano, da Tel Aviv a Gerusalemme, mentre la popolazione veniva invitata a rifugiarsi nei bunker. Il bilancio degli attacchi iraniani su Israele ha registrato almeno tre morti e oltre 80 feriti, con un edificio residenziale colpito direttamente nella città di Rishon Lezion.
Il conflitto ha assunto dimensioni che vanno oltre il confronto bilaterale Iran-Israele, coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti d’America. Fonti militari iraniane citate dall’agenzia Fars hanno dichiarato che “la guerra si estenderà nei prossimi giorni e includerà anche basi statunitensi nella regione”. Secondo queste fonti, “gli aggressori saranno l’obiettivo di una risposta iraniana decisa e su vasta scala”.
Le minacce iraniane alle installazioni militari statunitensi nel Medio Oriente hanno spinto Washington ad adottare misure precauzionali immediate. Il Dipartimento di Stato americano ha ordinato l’evacuazione del personale diplomatico non essenziale dall’Iraq e ha autorizzato la partenza dei familiari dei militari dalle basi strategiche della regione. Tra le strutture interessate figurano l’ambasciata di Baghdad e parte del personale civile della base della Quinta Flotta in Bahrein.
Il rafforzamento della presenza militare statunitense nella regione ha visto lo spostamento di risorse navali significative, incluso il cacciatorpediniere USS Thomas Hudner, dotato di sistemi di difesa contro missili balistici, dal Mediterraneo occidentale verso quello orientale. Attualmente sono circa 40.000 i soldati americani dislocati nell’area, un incremento rispetto ai 30.000 usuali, con la Marina che dispone di ulteriori mezzi tra cui gruppi da battaglia con portaerei.
L’operazione israeliana ha conseguito risultati strategici di rilievo, decimando i vertici militari iraniani attraverso attacchi mirati. Tra le vittime figura il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate iraniane, generale Mohammad Bagheri, il comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami e il maggiore generale Gholam Ali Rashid, comandante della Forza Khatam al-Anbiya. Sei scienziati nucleari di alto livello sono stati eliminati negli attacchi, tra cui Abdolhamid Minooshahr, Ahmad Reza Zolfaqari e Fereydoun Abbasi.
Gli impianti nucleari iraniani hanno subito danni considerevoli, con particolare riferimento al complesso di Natanz, considerato il cuore pulsante del programma nucleare della Repubblica Islamica. Il sito di Fordow ha riportato danni limitati secondo le autorità iraniane, che hanno dichiarato di aver preventivamente spostato “una parte significativa delle attrezzature e dei materiali”. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha confermato che non si sono registrati aumenti dei livelli di radiazioni.
Secondo l’intelligence israeliana, l’Iran dispone attualmente di uranio arricchito sufficiente per costruire 15 ordigni nucleari. L’Agenzia ONU per il nucleare aveva segnalato nei giorni precedenti l’attacco attività iraniane incompatibili con il processo di produzione di centrali per uso esclusivamente civile. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “l’ordine di attaccare il programma nucleare iraniano risale a novembre 2024”.
La Guida Suprema iraniana Ali Khamenei ha promesso che Israele “non uscirà indenne da questo crimine” e che “le forze armate agiranno con la forza rendendo infelice il regime sionista”. Il leader iraniano ha garantito una “risposta senza mezze misure” agli attacchi israeliani, mentre le Forze Armate iraniane hanno annunciato su X che “la vendetta erutterà come un vulcano”.
L’escalation militare ha comportato conseguenze immediate sui mercati finanziari globali, con le borse europee che hanno registrato perdite per 150 miliardi di euro e Wall Street in caduta libera. I prezzi di petrolio e gas hanno subito un’impennata significativa, riflettendo le preoccupazioni degli investitori per la stabilità degli approvvigionamenti energetici nella regione.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stato convocato d’urgenza su richiesta della missione iraniana, mentre la responsabile degli affari politici dell’ONU Rosemary DiCarlo ha dichiarato la necessità di “evitare a tutti i costi una crescente conflagrazione che avrebbe enormi conseguenze globali”. La comunità internazionale esprime crescente preoccupazione per il rischio di un conflitto regionale che potrebbe coinvolgere altri attori del Medio Oriente.
Il confronto diretto tra Iran e Israele segna una svolta decisiva nel conflitto per procura che caratterizza la regione dal 1979, quando la Rivoluzione Iraniana portò Teheran ad assumere una posizione apertamente ostile verso lo Stato ebraico. L’intensificazione delle ostilità dirette rappresenta un’escalation senza precedenti che rischia di trascinare l’intero Medio Oriente in una guerra aperta, con implicazioni geopolitiche di portata globale.