Roma Pride 2025, le sagome a testa in giù di Trump, Rowling, Musk e Netanyahu: è polemica

Il Roma Pride 2025 scatena polemiche per le sagome capovolte di Trump, Netanyahu, Musk e Rowling esposte su un carro, evidenziando la deriva politica di una manifestazione sempre più lontana dalle sue origini di rivendicazione pacifica dei diritti civili.
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Il Roma Pride 2025 si è trasformato in un teatro di provocazioni politiche che trascendono di gran lunga la tradizionale rivendicazione dei diritti della comunità LGBT, generando inevitabili controversie per l’esposizione di quattro sagome raffiguranti Donald Trump, JK Rowling, Benjamin Netanyahu ed Elon Musk appese a testa in giù su uno dei quaranta carri allegorici che hanno attraversato la Capitale. La manifestazione, svoltasi sotto lo slogan “Fuorilegge” con la partecipazione dichiarata di oltre un milione di persone, ha evidenziato una preoccupante strumentalizzazione dell’evento per finalità che poco hanno a che vedere con la genuina battaglia per l’uguaglianza e contro le discriminazioni.

Le immagini delle personalità pubbliche esposte in quella che può essere interpretata soltanto come una forma di pubblica gogna hanno suscitato immediate reazioni negative, con la Lega che ha definito l’iniziativa “un’azione disgustosa, violenta e codarda”, sottolineando l’ipocrisia di chi si scaglia contro “politici, imprenditori o scrittori del mondo libero piuttosto che con i tagliagole islamici o con i terroristi di Hamas”. La critica tocca nel segno quando evidenzia come sia “molto facile scendere in piazza per rivendicare l’orgoglio omosessuale a Roma, anziché in qualche Paese musulmano compresa la Palestina tanto di moda nei cortei arcobaleno”.

La presenza massiccia di bandiere palestinesi e cartelli con scritte “Free Gaza, free Palestine” sul medesimo carro che esponeva le sagome capovolte rivela la natura ideologicamente connotata di una manifestazione che dovrebbe invece concentrarsi sui diritti civili e sulla lotta alle discriminazioni. Particolarmente emblematico risulta il cartello “Amore libero come la Palestina” esposto accanto alle effigi capovolte, che tradisce una confusione concettuale tra tematiche completamente diverse e strumentalizza la causa LGBT per promuovere posizioni geopolitiche divisive.

La scelta di includere JK Rowling tra i bersagli dell’esecrazione pubblica appare particolarmente grave e sintomatica di una deriva autoritaria del movimento. L’autrice di Harry Potter, pur avendo espresso posizioni critiche rispetto ad alcune rivendicazioni del movimento transgender, resta una figura che ha contribuito significativamente alla cultura contemporanea e ha sempre sostenuto i diritti delle donne. L’accanimento contro di lei per le sue posizioni “gender critical” dimostra l’intolleranza crescente di un movimento che predica inclusività ma pratica ostracismo verso chiunque osi dissentire dal pensiero unico dominante.

Analogamente problematica risulta l’inclusione di Elon Musk ed Donald Trump tra i “nemici” da esecrazione pubblica, considerando che entrambi operano in democrazie occidentali dove i diritti LGBT godono di tutele legali sostanziali, a differenza di numerosi Paesi del mondo dove l’omosessualità viene ancora punita con la pena di morte. Questa selettività nell’individuazione dei bersagli rivela una matmatrice ideologica che privilegia lo scontro politico interno alle democrazie occidentali rispetto alla denuncia delle vere e proprie persecuzioni che la comunità LGBT subisce in regimi autoritari e teocratici.

La trasformazione del Pride in una manifestazione sempre più politicizzata e partigiana costituisce un tradimento delle istanze originarie del movimento per i diritti LGBT, che nacque per rivendicare dignità, rispetto e parità di trattamento per tutti i cittadini indipendentemente dal loro orientamento sessuale. L’adozione dello slogan “Fuorilegge” e la retorica rivoluzionaria che pervade la manifestazione rischiano di alienare il sostegno di quella parte di opinione pubblica moderata che potrebbe invece sostenere battaglie ragionevoli per l’uguaglianza e contro le discriminazioni.

La presenza di attivisti di Militia Christi e della Rete dei Patrioti che hanno affisso manifesti di contestazione lungo il percorso della manifestazione, definendo il Pride una “sguaiata kermesse della lobby LGBT che aggredisce la famiglia naturale, le coscienze dei giovani e la fede cattolica”, rappresenta il prevedibile contraltare di una polarizzazione che danneggia il dialogo costruttivo. Questi gruppi, pur rappresentando posizioni estreme, intercettano un disagio diffuso tra quella parte di cittadini che percepisce il Pride non più come una rivendicazione di diritti legittimi, ma come un’imposizione ideologica che travalica i confini del rispetto reciproco.

La citazione delle parole di San Giovanni Paolo II, che nel 2000 espresse “amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo” dalla parata di quell’anno, utilizzata nei manifesti di protesta, evidenzia come la questione tocchi sensibilità religiose profonde che meriterebbero maggiore considerazione in una società pluralista. Il riferimento al Giubileo in corso e al passaggio della parata “accanto ad una delle più importanti basiliche patriarcali” sottolinea la percezione di una provocazione deliberata verso i valori religiosi tradizionali.

La deriva giacobina del movimento LGBT italiano, come efficacemente definita da alcuni osservatori, si manifesta nella pretesa di imporre un’agenda ideologica attraverso la mobilitazione di piazza piuttosto che attraverso il confronto democratico e la persuasione. Questa strategia, che privilegia la polarizzazione allo scontro costruttivo, rischia di compromettere i progressi faticosamente ottenuti negli anni scorsi e di alimentare reazioni contrarie che potrebbero tradursi in un arretramento dei diritti acquisiti.

L’utilizzo strumentale di figure come Rose Villain, madrina dell’evento, che ha sventolato bandiere palestinesi mentre intonava la sua hit “Fuorilegge”, dimostra come il mondo dello spettacolo venga cooptato per legittimare posizioni politiche controverse che poco hanno a che vedere con la genuina battaglia per i diritti civili. La trasformazione di artisti in portavoce di agende politiche partisan rappresenta un impoverimento del dibattito pubblico e una strumentalizzazione della cultura per fini ideologici.

Risulta particolarmente preoccupante la partecipazione entusiastica di esponenti politici come Alessandro Zan, che ha dichiarato che “c’è una destra, da Trump a Orban fino al governo di Giorgia Meloni, che ha come bersaglio preferito proprio le persone Lgbtqia+”, contribuendo alla narrazione vittimistica e alla polarizzazione politica. Questa retorica dello scontro, che identifica nemici interni ed esterni da combattere, allontana il movimento dalle sue radici di rivendicazione pacifica di diritti civili per trasformarlo in uno strumento di battaglia politica partigiana.

L’episodio delle sagome capovolte al Roma Pride 2025 rappresenta un punto di non ritorno nella deriva estremista di una manifestazione che ha perso la sua vocazione originaria di promozione del dialogo e dell’inclusività. La trasformazione di un evento che dovrebbe celebrare l’amore e il rispetto reciproco in un teatro di odio politico e di gogna pubblica costituisce un tradimento dei valori autentici di una comunità che merita rispetto e protezione, ma che non può pretendere di imporsi attraverso l’intolleranza e la demonizzazione di chi esprime opinioni diverse. Solo un ritorno alle radici pacifiche e costruttive del movimento potrà garantire il progresso autentico dei diritti civili in una società democratica e pluralista che rispetti tutte le sensibilità e tutti i punti di vista legittimi.