La Commissione Europea si prepara a una drastica revisione della Direttiva sulle accise del tabacco (TED) che potrebbe tradursi in un significativo aumento dei prezzi per tutti i prodotti contenenti nicotina. Un documento interno, recentemente circolato negli ambienti comunitari e riportato da diverse fonti di stampa, rivela che l’esecutivo UE, sotto la guida del Commissario olandese Wopke Hoekstra, sta valutando incrementi delle aliquote fiscali che in alcuni casi potrebbero superare addirittura il 1000 per cento.
Secondo quanto emerge dal documento di valutazione d’impatto visionato da alcuni media europei, la Commissione intende sostenere un aumento del 139% delle tasse sulle sigarette tradizionali, passando dagli attuali 90 euro per 1.000 unità a 215 euro per 1.000 unità. Per il tabacco trinciato da arrotolare, l’incremento previsto sarebbe ancora più consistente, con un aumento del 258%, che porterebbe l’accisa da 60 euro/kg a 215 euro/kg, equiparando di fatto la tassazione di questi due prodotti.
Ancora più drastico l’aumento previsto per i sigari, che potrebbero subire un incremento fiscale del 1090%, mentre per le buste di nicotina, prodotto sempre più diffuso tra i giovani e già soggetto a crescenti restrizioni in diversi paesi europei, si prevede l’introduzione di un’imposta pari a 143 euro/kg. Anche i prodotti di nuova generazione come il tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche non verrebbero risparmiati dalla stretta fiscale, con aumenti significativi che potrebbero variare in base alla concentrazione di nicotina.
Secondo le stime dell’industria del tabacco, per i consumatori italiani questi aumenti si tradurrebbero in un sovrapprezzo fino a 1 euro a pacchetto, con rincari che potrebbero superare il 20% rispetto ai prezzi attuali. Un impatto economico non indifferente per i fumatori, che potrebbe tuttavia variare significativamente tra i diversi Stati membri in base alle politiche fiscali nazionali già in vigore.
La revisione della direttiva TED si inserisce in un contesto più ampio di politiche europee volte a ridurre il consumo di tabacco e prodotti contenenti nicotina, considerati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una delle principali cause di morte prematura. Secondo l’OMS, la tassazione rappresenta lo strumento più efficace per ridurre il consumo di tabacco, con un impatto maggiore rispetto a qualsiasi altra misura di controllo.
La Commissione Europea, in linea con queste indicazioni, sostiene che l’aumento delle tasse e dei prezzi dei prodotti del tabacco costituisca la misura più efficace per ridurre il consumo e incoraggiare i cittadini a smettere di fumare o almeno a diminuire il consumo. Nel documento interno si sottolinea come tasse più elevate potrebbero inviare “un segnale di prezzo che il fumo è effettivamente dannoso e deve essere combattuto con tutti i mezzi”.
Al contempo, non si può ignorare la dimensione economica dell’iniziativa. L’aumento delle accise rappresenterebbe una significativa fonte di entrate per le casse comunitarie, in un momento in cui l’inflazione ha messo sotto pressione i bilanci dell’UE. Secondo alcune analisi, l’esperienza francese dimostra che, nonostante la riduzione dei consumi, le entrate fiscali possono aumentare significativamente: tra il 2017 e il 2022, a fronte di un incremento del prezzo delle sigarette del 64%, le entrate fiscali sono cresciute del 19%, mentre le vendite sono diminuite del 26%.
La proposta della Commissione ha già sollevato un vespaio di reazioni contrastanti. Da un lato, quindici ministri delle finanze dell’UE, tra cui quelli di Francia, Germania, Spagna e Paesi Bassi, hanno inviato una lettera alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen per sollecitare un intervento rapido, lamentando che la mancanza di azione ha portato a “distorsioni nel mercato unico” a causa delle misure individuali adottate dai singoli Stati membri.
Dall’altro lato, alcuni governi, tra cui quello italiano, hanno espresso preoccupazione per gli effetti potenzialmente negativi di un aumento così drastico delle accise. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha difeso l’attuale modello fiscale italiano, considerato un punto di equilibrio tra tutela della salute, stabilità economica e lotta al contrabbando. Un modello che, secondo i dati disponibili, funziona efficacemente: in Italia il mercato illecito delle sigarette è ridotto all’1,8%, ben al di sotto della media europea del 10%.
L’industria del tabacco, rappresentata da colossi come Philip Morris International, ha sottolineato come aumenti eccessivi e repentini della tassazione possano favorire il commercio illecito, già in crescita in diversi paesi europei. Secondo il recente Rapporto KPMG 2024, commissionato da Philip Morris Products SA, nel 2024 nell’Unione Europea sono stati consumati 38,9 miliardi di sigarette illecite, pari al 9,2% del consumo totale, registrando il livello più alto dal 2015, con una perdita di entrate fiscali per i governi stimata fino a 14,9 miliardi di euro.
Particolarmente colpiti dal fenomeno sono i paesi con prezzi più elevati, come Francia e Paesi Bassi. In Francia, il più grande mercato illegale del continente in termini assoluti, nel 2024 si sono fumate 18,7 miliardi di sigarette illecite, rappresentando il 37,6% del consumo totale. Un dato che solleva interrogativi sull’efficacia di politiche fiscali eccessivamente aggressive.
Nonostante le pressioni di numerosi Stati membri, la revisione della direttiva TED non è stata inclusa nel programma di lavoro della Commissione per il 2025, suggerendo che l’iter legislativo potrebbe essere più lungo del previsto. La proposta, una volta formalizzata, dovrà ottenere l’unanimità degli Stati membri per essere approvata, un requisito che potrebbe complicarne l’adozione considerando le posizioni divergenti già emerse.
Un elemento di particolare complessità riguarda l’armonizzazione della tassazione dei prodotti alternativi al tabacco tradizionale, come le sigarette elettroniche, il tabacco riscaldato e le buste di nicotina. Attualmente, questi prodotti sono regolamentati in modo diverso dai vari Stati membri, in assenza di un’imposta armonizzata a livello europeo. La Commissione sta valutando tre diverse ipotesi per tassare le sigarette elettroniche, dalla mantenimento dello status quo all’introduzione di un’aliquota minima fissa o differenziata in base alla concentrazione di nicotina.
La partita non si gioca solo sul fronte dei prezzi al consumo. In ballo c’è una filiera economica che in Italia vale miliardi. Il comparto del tabacco riscaldato, ad esempio, rappresenta un’eccellenza nazionale con quasi due miliardi di euro di export l’anno. Un settore che potrebbe essere significativamente impattato dalle nuove politiche fiscali europee.
Mentre il dibattito prosegue, resta da vedere se la Commissione riuscirà a trovare un equilibrio tra gli obiettivi di salute pubblica, le esigenze di gettito fiscale e la necessità di evitare distorsioni del mercato e crescita del commercio illecito. La sfida è complessa e le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi potrebbero avere un impatto significativo non solo sui fumatori europei, ma sull’intero settore economico legato al tabacco e ai prodotti contenenti nicotina.