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Italia in Guerra, cosa accadrebbe? Ecco chi verrebbe mobilitato

Analisi completa del sistema di mobilitazione militare italiano: dall’ordine di chiamata progressivo che coinvolge prima i militari di carriera, poi i riservisti e infine i civili tra 18 e 45 anni.

In un contesto internazionale caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche, la questione della mobilitazione militare italiana torna al centro del dibattito pubblico. L’articolo 11 della Costituzione italiana stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Tuttavia, questo principio non esclude la possibilità di una guerra difensiva, mentre l’articolo 78 prevede che “le Camere deliberino lo stato di guerra e conferiscano al Governo i poteri necessari”. La decisione di entrare in guerra spetterebbe quindi al Parlamento, che dovrebbe approvare la delibera entro 48 ore dalla richiesta governativa, seguita da un decreto del Presidente della Repubblica.

Secondo l’articolo 52 della Costituzione, “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” e “il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”. Questo significa che, pur essendo la leva militare obbligatoria sospesa dal 2005, non è stata abolita e può essere ripristinata con decreto del Presidente della Repubblica in caso di necessità.

L’ordine di mobilitazione, ecco chi verrebbe chiamato per primo

In caso di mobilitazione generale, l’Italia seguirebbe un sistema di chiamata progressiva basato su tre fasi distinte. La prima ondata coinvolgerebbe immediatamente tutti i membri delle Forze Armate in servizio attivo: Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Carabinieri e Guardia di Finanza. Questi militari di carriera “sono sempre a disposizione” e rappresentano il nucleo principale della risposta difensiva nazionale.

La seconda fase riguarderebbe i riservisti, ovvero tutti gli ex militari che hanno terminato il servizio da meno di cinque anni e che non abbiano superato i 56 anni di età. L’Italia dispone attualmente di circa 42.000 riservisti, molti dei quali hanno già espresso la volontà di essere inseriti nelle liste durante il congedo. Il governo sta inoltre lavorando per costituire una forza di 10.000 riservisti aggiuntivi attraverso una nuova legge che dovrebbe essere discussa in Parlamento.

La mobilitazione civile, quando e come vengono chiamati i cittadini

Solo in caso di estrema necessità, quando le forze militari professionali e i riservisti non fossero sufficienti, si procederebbe alla chiamata dei civili. Questa terza fase coinvolgerebbe tutti i cittadini maschi di età compresa tra i 18 e i 45 anni, purché risultino idonei dopo visita medica . La chiamata avverrebbe sulla base delle liste di leva, che i Comuni sono tenuti ad aggiornare annualmente nonostante la sospensione del servizio militare obbligatorio.

Una novità significativa riguarda l’estensione della mobilitazione anche alle donne. Dal 2000, con l’introduzione del servizio militare femminile volontario, l’Italia ha aperto le Forze Armate al reclutamento femminile. Attualmente sono in servizio oltre 20.000 unità di personale militare femminile, pari a circa l’8% del totale. In caso di mobilitazione generale, anche le donne potrebbero essere soggette alla chiamata alle armi, seguendo il principio di parità costituzionale.

Categorie escluse dalla mobilitazione

Non tutti i cittadini sarebbero soggetti alla chiamata alle armi. Sono espressamente esclusi dalla mobilitazione i Vigili del Fuoco, la Polizia Penitenziaria e le Forze di Polizia a ordinamento civile, considerati essenziali per il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza interna. Resterebbero inoltre esentati coloro che non risultino idonei alle visite mediche per problemi di salute.

Altre categorie potrebbero beneficiare di esoneri o differimenti, come già avvenuto storicamente per motivi familiari (genitori con più figli minori), professionali (personale sanitario essenziale) o di studio. Tuttavia, la normativa attuale non specifica nel dettaglio tutte le possibili esenzioni, che verrebbero probabilmente definite al momento dell’eventuale decreto di mobilitazione.

È possibile opporsi alla leva?

La Costituzione italiana, all’articolo 52, è chiara: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino“. Il servizio militare, se dichiarato obbligatorio, deve essere rispettato nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla legge. Chi si rifiutasse ingiustificatamente rischierebbe sanzioni penali.

Rifiutare la chiamata alle armi senza un riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza costituirebbe reato . La renitenza alla leva è sempre stata punita con la reclusione, e la pena veniva “elevata al doppio in tempo di guerra” . Secondo l’attuale normativa, “in caso di rifiuto si tratterebbe di reato” poiché la difesa della Patria è considerata “sacro dovere del cittadino” .

Tuttavia, la questione si complica per coloro che hanno già ottenuto il riconoscimento dell’obiezione di coscienza in passato . La dottrina giuridica tende a riconoscere che “chi ha dichiarato la propria obiezione di coscienza e ha prestato il servizio sostitutivo civile non è tenuto ad andare in guerra” , ma dovrebbe comunque adempiere ai doveri civili attraverso forme alternative di servizio.

L’Italia potrebbe essere coinvolta in un conflitto principalmente attraverso i suoi obblighi internazionali . Come membro della NATO, l’articolo 5 del Patto Atlantico prevede che “un attacco armato contro uno Stato membro è da considerare come un attacco indirizzato anche a tutti gli altri Stati appartenenti all’Alleanza” . Analogamente, l’articolo 42 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce l’obbligo di “mettere a disposizione il proprio supporto, anche militare” per la politica di difesa e sicurezza comune .

Secondo il Codice dell’Ordinamento Militare, il servizio di leva può essere ripristinato in due casi specifici: “se sia deliberato lo stato di guerra ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione” oppure “se si verifichi una grave crisi internazionale nella quale l’Italia venga coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale che giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze armate” .

Il Parlamento sta per avviare l’iter di una nuova legge che istituirebbe una “riserva militare ausiliaria” su base volontaria . Il presidente della Commissione Difesa della Camera, Nino Minardo, ha fissato per l’8 luglio 2025 l’inizio dei lavori per unificare le proposte presentate dalla Lega e dal Partito Democratico . L’obiettivo è costruire “un sistema di mobilitazione rapida che consenta di far fronte a crisi gravi, conflitti o emergenze nazionali, senza dover ricorrere a una leva obbligatoria generalizzata” .

I futuri riservisti dovranno garantire “reperibilità costante”, sottoporsi annualmente a controlli medici e partecipare a corsi di addestramento della durata minima di due settimane l’anno . Questo sistema rappresenterebbe un modello intermedio “tra il cittadino civile e il militare attivo, formato da professionisti già addestrati, da attivare in caso di emergenza” .

Sebbene l’ipotesi di un coinvolgimento dell’Italia in un conflitto armato rimanga “piuttosto remota” , il sistema normativo prevede meccanismi chiari per la mobilitazione progressiva delle risorse umane disponibili. La chiamata seguirebbe un ordine preciso – militari di carriera, riservisti, civili – garantendo al contempo il rispetto dei diritti costituzionali, incluso quello all’obiezione di coscienza per motivi di coscienza.