L’avvicinarsi dell’apertura del nuovo anno scolastico 2025-2026 riaccende il dibattito sulle date di rientro, con l’Associazione nazionale insegnanti e formatori (Anief) che torna a chiedere lo slittamento delle lezioni a ottobre per evitare le alte temperature di settembre. Una rivendicazione che il presidente nazionale Marcello Pacifico giustifica con l’arrivo di nuove ondate di calore a fine agosto e la necessità di adeguare i cicli produttivi della pubblica amministrazione ai cambiamenti climatici.
Le scuole italiane riapriranno tra l’8 e il 16 settembre, con la Provincia autonoma di Bolzano che farà da apripista già dal prossimo lunedì, seguita il 10 settembre da Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Veneto e Valle d’Aosta. La maggioranza delle regioni – Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria – ha fissato la ripresa per il 15 settembre, mentre Calabria e Puglia chiuderanno il calendario il 16 settembre.
Secondo l’Anief, “è assurdo pensare di iniziare le lezioni con quasi 40 gradi”, considerando che la maggior parte delle aule scolastiche non dispone di sistemi di climatizzazione. I dati del Ministero dell’Istruzione confermano una situazione critica: su oltre 61.000 edifici scolastici censiti, appena 3.967 sono dotati di condizionatori, rappresentando un misero 6,45% del totale. Complessivamente, il 93,5% degli istituti non garantisce alcuna forma di refrigerazione agli studenti e al personale.
La proposta di Pacifico si inserisce in un quadro più ampio di rivendicazioni sindacali che da anni attaccano la durata delle vacanze estive italiane. Tuttavia, questa impostazione appare profondamente contradditoria e dannosa per il sistema educativo nazionale. L’Italia detiene già il primato europeo per la durata delle pause estive, con oltre 12 settimane di sospensione delle attività didattiche, contro una media continentale di 8-10 settimane nella maggior parte dei Paesi.
Secondo il rapporto Eurydice “The organisation of school time in Europe”, l’Italia si colloca tra gli otto Paesi europei con la sosta estiva più lunga nella scuola primaria e secondaria, insieme a Portogallo, Irlanda, Islanda, Malta, Grecia, Albania e Lettonia. Al contempo, il nostro Paese mantiene il maggiore numero di giorni scolastici annui (200), pari alla Danimarca, mentre la maggioranza degli Stati europei si attesta tra 170 e 180 giorni. La differenza sostanziale non risiede nel numero complessivo delle giornate formative, quanto nella loro distribuzione temporale.
La concentrazione delle vacanze nei tre mesi estivi comporta conseguenze pedagogiche e sociali significative. Il fenomeno del “summer learning loss”, documentato dalla ricerca scientifica internazionale, evidenzia come le lunghe interruzioni estive provochino una perdita di competenze acquisite, particolarmente marcata tra gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati. Prolungare ulteriormente questo periodo significherebbe amplificare le disuguaglianze educative e compromettere il diritto all’istruzione delle fasce più deboli della popolazione studentesca.
La questione climatica, pur legittima, non può giustificare una riorganizzazione del calendario che penalizzerebbe ulteriormente l’efficacia del sistema formativo. Le previsioni meteorologiche per settembre 2025 indicano temperature complessivamente in media o leggermente superiori nella prima decade del mese, con valori massimi compresi tra 24 e 27 gradi in pianura padana, ben lontani dai picchi allarmistici paventati dai sindacati. La progressiva attenuazione delle temperature nella seconda parte del mese conferma la normalità del periodo autunnale.
Rivendicare lo slittamento a ottobre significa ignorare completamente l’impatto sociale ed economico sulle famiglie italiane, già gravate da un sistema di welfare inadeguato. I genitori lavoratori si troverebbero costretti a gestire un mese aggiuntivo di custodia dei figli, con costi elevati per centri estivi privati e servizi di assistenza. Una scelta che penalizzerebbe principalmente le famiglie a basso reddito, incapaci di sostenere spese extra per la sorveglianza dei minori.
La soluzione del problema climatico nelle scuole non può passare attraverso l’ennesimo allungamento delle vacanze estive, ma richiede investimenti strutturali nell’edilizia scolastica. L’installazione di sistemi di climatizzazione nelle 400.000 aule italiane comporterebbe una spesa stimata di circa 400 milioni di euro, cifra sostenibile se distribuita in un piano pluriennale. Secondo le normative vigenti, la temperatura ideale nelle aule dovrebbe oscillare tra 24 e 26 gradi in estate, con un’umidità del 50-60%.
L’approccio dell’Anief tradisce una visione corporativa che antepone il comfort del personale docente all’interesse generale del Paese. La richiesta di posticipare l’apertura delle scuole si accompagna sistematicamente a rivendicazioni per il pensionamento anticipato a 60 anni e la riduzione dell’orario di lavoro, configurando un attacco sistematico alla funzione educativa della scuola pubblica. Il confronto con altri settori lavorativi esposti alle temperature estive – dall’edilizia ai servizi di emergenza – evidenzia l’insostenibilità di queste posizioni.
La storica fissazione dell’inizio scolastico al primo ottobre, in vigore dal 1963 al 1977, rispondeva a esigenze completamente diverse legate alla società agricola e ai ritmi di vita pre-industriali. Invocare oggi quella tradizione significa ignorare le trasformazioni socio-economiche degli ultimi cinquant’anni e le esigenze di una società moderna che richiede continuità educativa e servizi efficienti.
Le temperature di settembre, lungi dall’essere eccezionali, rientrano nella normalità stagionale di un Paese mediterraneo. L’Italia presenta condizioni climatiche variegate, con differenze significative tra Nord e Sud, montagna e pianura, che renderebbero impraticabile una soluzione uniforme basata esclusivamente sul fattore termico. La Provincia di Bolzano, che inaugura l’anno scolastico l’8 settembre, dimostra come sia possibile conciliare efficienza organizzativa e condizioni climatiche appropriate.
L’emergenza educativa del Paese richiede invece un rafforzamento del tempo scuola e una migliore distribuzione delle pause durante l’anno, sul modello dei sistemi formativi più avanzati d’Europa. La Francia, ad esempio, prevede quattro settimane di interruzione durante il periodo di Carnevale, garantendo respiro agli studenti senza compromettere la continuità didattica. La Germania e altri Paesi nordici anticipano l’inizio dell’anno scolastico ad agosto per ragioni climatiche, dimostrando una capacità di adattamento che l’Italia dovrebbe emulare.
La proposta dell’Anief si rivela quindi non solo inopportuna, ma dannosa per la qualità dell’istruzione italiana. Invece di cercare scorciatoie demagogiche, il sindacato dovrebbe concentrare le proprie energie sulla rivendicazione di investimenti seri nell’edilizia scolastica, nella formazione del personale e nel miglioramento delle condizioni strutturali degli istituti. Solo attraverso un approccio responsabile e lungimirante sarà possibile garantire il diritto all’istruzione delle nuove generazioni, senza sacrificare l’efficienza del sistema educativo sull’altare di rivendicazioni corporative che tradiscono la missione fondamentale della scuola pubblica.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!