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L’anestesista sciopera per Gaza, rinviato l’intervento alla paziente con il cancro al seno: “Ho pianto tutto il giorno”

Una paziente oncologica di Ascoli vede rinviare la mastectomia presso l’ospedale di Torrette di Ancona a causa dello sciopero dell’anestesista per Gaza, sollevando interrogativi sui limiti del diritto di protesta nel sistema sanitario.

Una donna di quarant’anni, libera professionista residente ad Ascoli Piceno, ha vissuto lunedì 23 settembre 2025 una delle giornate più drammatiche del suo percorso di cura oncologica. Ricoverata domenica 22 settembre presso l’ospedale di Torrette di Ancona per sottoporsi a una mastectomia programmata per le 14 del giorno successivo, è stata dimessa a poche ore dall’intervento chirurgico a causa dell’adesione dell’anestesista allo sciopero nazionale proclamato in solidarietà con la popolazione di Gaza.

Il caso, emerso attraverso le dichiarazioni della paziente riportate dal Corriere Adriatico, evidenzia le complesse intersezioni tra diritto di sciopero, emergenza sanitaria e tutela dei pazienti oncologici. La donna, identificata dalle testate locali con le iniziali E.M., aveva intrapreso il proprio percorso di cura a seguito della diagnosi di un carcinoma infiltrante dello scorso febbraio, completando sedici sedute di chemioterapia e preparandosi alla fase chirurgica considerata cruciale per il suo percorso terapeutico.

La comunicazione del rinvio è arrivata direttamente dal primario di Senologia, il professor Lenti, che alle 14 di lunedì 23 settembre ha informato la paziente dell’impossibilità di procedere con l’intervento. “Alle 14 è salito in reparto il primario e mi ha detto che l’anestesista aveva aderito allo sciopero per Gaza e che il mio intervento era stato spostato di una settimana”, ha raccontato la donna, descrivendo l’impatto emotivo devastante della notizia: “Lunedì ho pianto sempre”.

Il rinvio ha comportato conseguenze non solo psicologiche ma anche cliniche concrete. La paziente si era infatti sottoposta alla procedura di localizzazione del linfonodo sentinella, un esame diagnostico fondamentale per valutare l’eventuale diffusione del tumore che, essendo legato temporalmente all’intervento chirurgico, dovrà ora essere ripetuto. Questo aspetto tecnico aggiunge complessità al percorso di cura e genera ulteriori costi per il sistema sanitario.

La vicenda si inserisce nel contesto più ampio delle mobilitazioni nazionali per Gaza che hanno interessato l’Italia nelle giornate del 19 e 22 settembre 2025. Lo sciopero generale proclamato dai sindacati di base USB, CUB, SGB e ADL ha coinvolto diversi settori, incluso quello sanitario, con adesioni significative in tutto il territorio nazionale. Secondo quanto riportato dalle cronache, non sarebbe stata l’unica paziente coinvolta: almeno altre due donne in Senologia avrebbero visto il proprio intervento rimandato per le stesse ragioni.

La Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) aveva espresso nelle settimane precedenti profonda preoccupazione per la tragedia sanitaria in corso nella Striscia di Gaza, descritta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un collasso catastrofico. Gli anestesisti italiani avevano denunciato la condizione degli ospedali di Gaza, costretti a operare al 300% della loro capacità e privi di farmaci e materiali essenziali, con pazienti trattati senza analgesici né anestetici adeguati.

Il Sindacato Medici Italiani aveva aderito ufficialmente alle mobilitazioni, esprimendo “sostegno agli organismi e sindacati di base che hanno proclamato per lunedì 22 settembre 2025 lo sciopero nazionale annunciato in risposta al genocidio in corso nella Striscia di Gaza”. La posizione dei medici italiani si basava sul principio deontologico secondo cui gli operatori sanitari hanno “il dovere di parlare e agire contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani, in ottemperanza al proprio codice deontologico e alla Costituzione Italiana”.

Le manifestazioni del 22 settembre hanno registrato adesioni oceaniche in tutta Italia, con oltre cinquantamila partecipanti solo a Roma secondo le stime degli organizzatori. Il settore sanitario ha partecipato attraverso diverse forme di protesta, dall’astensione dal lavoro alla partecipazione ai cortei, con il personale medico e infermieristico che ha esposto cartelli e striscioni per denunciare la distruzione del sistema sanitario palestinese.

La paziente ascolana ha espresso sentimenti contrastanti riguardo alla vicenda, riconoscendo la legittimità del diritto di sciopero ma interrogandosi sui limiti di tale diritto quando può compromettere la salute dei pazienti. “Scioperare è sacrosanto, ma fin dove si può spingere questo diritto? Fino a mettere a rischio la vita delle persone?”, si è chiesta, aggiungendo: “La protesta è legittima ma vorrei capire se avrebbe comunque scioperato se fosse stato un suo parente a dover essere operato”.

Dal punto di vista organizzativo, la sostituzione dell’anestesista in tempi così ristretti si è rivelata impossibile, come previsto dalla normativa sul diritto di sciopero che vieta la sostituzione del lavoratore che aderisce alla protesta. Anche un eventuale cambio turno non era più attuabile poco prima dell’ingresso in sala operatoria, evidenziando le criticità strutturali che possono emergere quando il diritto di sciopero si interseca con l’erogazione di servizi essenziali.

I sanitari dell’ospedale di Torrette hanno assicurato che il posticipo non comporterà conseguenze cliniche per la paziente, ma l’impatto psicologico rimane significativo. “Un malato oncologico non può ricevere certe notizie che con paura, col terrore che il cancro possa ripartire”, ha sottolineato la donna, evidenziando come “una settimana, per un malato di cancro, è veramente tanto. Finché il tumore rimane dentro di te, la paura è devastante”.

La vicenda ha sollevato interrogativi sulla gerarchia delle priorità nel sistema sanitario durante le mobilitazioni sindacali. La paziente ha espresso il proprio disappunto per il fatto che un intervento oncologico possa essere considerato “non di primaria importanza”, mentre i protocolli ospedalieri prevedono specifiche garanzie per le prestazioni di chemioterapia, radioterapia e interventi urgenti anche in caso di sciopero.

Dal punto di vista normativo, la legge 146/90 sui servizi pubblici essenziali prevede il mantenimento di contingenti minimi di personale anche durante gli scioperi per garantire le prestazioni indifferibili. Tuttavia, l’applicazione pratica di tali disposizioni può variare significativamente a seconda delle specifiche situazioni operative e delle interpretazioni locali dei servizi minimi garantiti.

Il caso ha trovato eco anche sui social media, dove diverse testate giornalistiche hanno riportato la testimonianza della paziente, generando un dibattito sui limiti etici dell’esercizio del diritto di sciopero nel settore sanitario. Alcuni commentatori hanno sottolineato la necessità di bilanciare il diritto alla protesta con la tutela dei pazienti più fragili, mentre altri hanno difeso la legittimità delle mobilitazioni di solidarietà internazionale.

La donna ha comunque confermato che l’intervento è stato riprogrammato per la settimana successiva, pur esprimendo perplessità sulla possibilità di ritrovarsi nuovamente con lo stesso anestesista. “Non credo di poter dire che non ce lo voglio, anche se vorrei. Se avrò modo di incontrarlo non so se avrò voglia di parlarci”, ha dichiarato, evidenziando come la fiducia nel rapporto terapeutico possa essere compromessa da episodi di questo tipo.

La vicenda dell’ospedale di Torrette rappresenta un caso emblematico delle tensioni che attraversano il sistema sanitario italiano in un momento di crescente politicizzazione delle questioni internazionali. Da un lato, la sensibilità degli operatori sanitari verso le crisi umanitarie globali, dall’altro la responsabilità primaria verso i pazienti in cura, creano dilemmi etici e professionali di difficile risoluzione.

Il dibattito sulla legittimità delle forme di protesta nel settore sanitario si inserisce in un contesto più ampio di riflessione sui diritti fondamentali e sulla loro gerarchia. Mentre il diritto di sciopero è costituzionalmente garantito, il diritto alla salute rappresenta altrettanto un principio fondamentale dell’ordinamento italiano, creando potenziali conflitti interpretativi quando questi diritti entrano in collisione.

La conclusione della vicenda, con la riprogrammazione dell’intervento chirurgico, non cancella le riflessioni sollevate dal caso. La paziente ascolana ha voluto sottolineare che, pur comprendendo le ragioni della protesta, “vorrei che ciò non accadesse mai più”, lanciando un appello implicito per una maggiore considerazione delle conseguenze umane delle mobilitazioni sindacali nel settore sanitario. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!