Cesare Cremonini ha scelto ancora una volta di rompere il silenzio intorno alla propria salute mentale, raccontando pubblicamente la convivenza con una lieve forma di schizofrenia e spiegando che da due anni segue con costanza una terapia farmacologica, trasformata in un gesto quotidiano di accettazione di sé. In una lunga intervista al Corriere della Sera, il cantautore bolognese ha collegato il proprio percorso clinico a una fase di profonda rielaborazione personale e professionale, nella quale la cura, la musica e le relazioni affettive appaiono intrecciate in modo indissolubile.
Il nodo centrale del suo racconto è racchiuso in una frase che sintetizza il passaggio dalla paura alla gestione consapevole del disturbo: «È un percorso che continua. Sono due anni che prendo medicinali con costanza e questo mi permette di accettarmi come una persona che deve essere curata, mi dà anche una forma di pacatezza», ha spiegato, sottolineando come il semplice gesto di vedere le pillole sul tavolo della cucina al mattino rappresenti, per lui, non solo una routine terapeutica ma un simbolo di riconciliazione con la propria fragilità.
Le nuove dichiarazioni arrivano in concomitanza con l’uscita di Cremonini LIVE25, progetto che celebra venticinque anni di carriera, e con la versione live del singolo Ragazze Facili, brano che l’artista ha collegato in modo esplicito a una fase di svolta emotiva e sentimentale. Al tempo stesso, e in prospettiva dei quattro eventi annunciati per Cremonini LIVE26, il cantautore ha voluto ricostruire il proprio passato recente, segnato da un periodo di isolamento professionale e da un rapporto complesso con il suo ex manager, definito una figura capace da un lato di scoprirlo e dall’altro di imprigionarlo in un sistema di relazioni rigidamente controllate.
Il riferimento alla schizofrenia non è un elemento inedito nella narrazione pubblica di Cremonini: già nel 2020 il musicista aveva raccontato, sempre in un colloquio con il Corriere, l’immagine del «mostro verde» che sembrava premergli sul petto, una presenza deformata e opprimente poi ricondotta, a seguito di diagnosi specialistica, al disturbo schizofrenico. Allora aveva descritto una fase segnata da allucinazioni, smarrimento e perdita del contatto con la realtà, spiegando come il supporto dello psichiatra e il camminare quotidiano fossero stati strumenti decisivi per ritrovare un equilibrio minimo, in attesa che la terapia assumesse una forma più stabile.
Nelle più recenti interviste, questa dimensione clinica viene riletta alla luce del tempo trascorso e dei risultati delle cure. Cremonini parla ora di un «percorso che continua», evidenziando come la costanza nell’assunzione dei farmaci abbia contribuito a ridurre gli aspetti più destabilizzanti della malattia e a restituirgli una forma di pacatezza, intesa come condizione che consente di lavorare, scrivere e affrontare la vita quotidiana con maggiore ordine interiore. Le pillole, spiega, rappresentano l’accettazione di essere una persona che necessita di cura, un riconoscimento che sostituisce la vergogna con la consapevolezza e rende possibile una gestione più lucida delle proprie vulnerabilità.
Questo processo individuale si colloca all’interno di una storia biografica che Cremonini ha descritto come «articolata e complessa», segnata da dinamiche familiari delicate e da un contesto domestico in cui, a suo dire, avrebbe aleggato a lungo una forma depressiva, definita una sorta di «palla infuocata» passata da un componente all’altro della famiglia. Il cantautore ha ricordato la separazione tra i genitori, l’età avanzata del padre al momento del matrimonio e la condizione della madre, descritta come una donna che si sentiva limitata nelle proprie aspirazioni e per la quale lui stesso si è considerato un alleato, soprattutto quando l’ha incoraggiata ad allontanarsi da una relazione che riteneva distruttiva.
Accanto a questo scenario privato, l’artista ha ripercorso anche gli anni in cui, secondo il suo racconto, il rapporto con il manager Walter Mameli lo avrebbe costretto a una sorta di isolamento relazionale nel mondo dello spettacolo, con la conseguente impossibilità di frequentare colleghi e figure chiave dell’ambiente musicale, compreso Lucio Dalla. La rottura di questo legame professionale, avvenuta circa cinque anni fa, viene letta come la premessa di una ritrovata libertà: da allora, Cremonini ha iniziato a collaborare con altri artisti, tra cui Luca Carboni, Elisa e Jovanotti, e ha dichiarato di sentirsi, sotto molti aspetti, un esordiente che si riapre al mondo dopo una lunga fase di chiusura.
La dimensione affettiva assume un ruolo centrale in questo percorso, in particolare attraverso il rapporto con la giornalista Giorgia Cardinaletti, indicata dal cantautore come figura decisiva nell’innescare la trasformazione raccontata nel brano Ragazze Facili. Cremonini ha spiegato che la canzone sarebbe nata da una richiesta molto precisa ricevuta dall’ex compagna, quella di trovare il coraggio di amare, una sollecitazione che avrebbe contribuito a demolire una fitta rete di alibi e autoinganni con cui, per anni, aveva evitato di confrontarsi con le proprie paure emotive. Nel racconto del musicista, le «ragazze facili» non sono persone reali, ma fantasmi della mente, proiezioni che permettono di non assumersi la responsabilità di una relazione autentica e che finiscono per diventare, a loro volta, una forma di prigione.
Il legame tra la sfera creativa e la salute mentale emerge anche nel modo in cui il cantautore descrive la scrittura di Ragazze Facili come la rottura di una diga, un argine che lo aveva tenuto fermo per anni, bloccando la possibilità di confrontarsi pienamente con sé stesso e con gli altri. Dal suo punto di vista, il lavoro sul nuovo repertorio coincide con la fase in cui la terapia farmacologica e il supporto specialistico hanno iniziato a dare risultati più stabili, permettendogli di integrare nella musica le esperienze più traumatiche degli ultimi anni, anziché subirle passivamente.
Nel rievocare la fase più acuta del disturbo, Cremonini ha utilizzato più volte l’immagine del mostro interiore che si arrampica sul petto, segnale di un travolgimento emotivo e percettivo difficile da spiegare a chi non lo abbia sperimentato direttamente. La diagnosi di schizofrenia, giunta dopo una lunga fase di confusione, è stata raccontata come un momento di svolta, non soltanto clinica ma anche narrativa, perché ha permesso all’artista di dare un nome a ciò che stava vivendo e di collocarlo all’interno di un percorso di cura strutturato, fatto di terapia, camminate e successivamente di farmaci assunti con regolarità.
In più occasioni, parlando della propria esperienza, il cantautore ha richiamato una frase attribuita al suo psichiatra, «Lasciate che parlino», come invito a non farsi bloccare dallo stigma e dal giudizio altrui rispetto ai disturbi psichiatrici e alle terapie necessarie per affrontarli. Nelle ricostruzioni successive alla nuova intervista, questo passaggio viene spesso interpretato come un tassello di un più ampio processo di normalizzazione del discorso sulla salute mentale, nel quale la testimonianza di personaggi noti, in particolare quando riguarda diagnosi ancora fortemente stigmatizzate come la schizofrenia, contribuisce ad alimentare un dibattito pubblico meno segnato da pregiudizi.
Al centro delle sue parole rimane comunque la dimensione individuale di una convivenza quotidiana con la malattia che non viene presentata come superata, ma come tenuta sotto controllo attraverso la costanza nelle cure e una maggiore consapevolezza dei propri limiti e delle proprie necessità. Cremonini insiste sul fatto che il percorso non si sia concluso, ma che l’aver accettato la necessità di trattamento farmacologico e psicoterapeutico gli permetta oggi di affrontare lavoro, relazioni e impegni pubblici in modo più stabile rispetto al passato, quando il «mostriciattolo verde» sembrava condizionare ogni aspetto della sua esistenza.
In questo intreccio tra biografia, carriera e salute mentale, la scelta di raccontare apertamente la schizofrenia e l’uso di medicinali appare come un ulteriore capitolo di una narrazione che, dalle prime rivelazioni del 2020 fino alle odierne interviste, ha seguito l’evoluzione del suo rapporto con il disturbo, dai momenti più bui alla gestione più consapevole. Mentre il nuovo progetto discografico e i prossimi concerti segnano un passaggio importante nella sua storia artistica, le parole sul percorso di cura che continua restituiscono l’immagine di un artista che, pur rivendicando i traguardi professionali, non nasconde le fragilità che li accompagnano e che, secondo molte letture, contribuiscono oggi a rendere più esplicito e maturo il suo racconto pubblico. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
