La trentaseiesima edizione dell’indagine sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore, pubblicata il primo dicembre 2025, ha incoronato la provincia di Trento come territorio italiano con il più elevato livello di benessere, restituendo la corona a una città che si è sempre distinta per eccellenza nei servizi, sostenibilità ambientale e coesione sociale. Il primato trentino rappresenta un ritorno significativo: dal 1990 al 2024 il capoluogo trentino aveva già collezionato due primi posti, tre medaglie d’argento e ben nove bronzi, confermandosi tra le province più premiate dell’intera storia dell’indagine.
La classifica 2025 vede un podio interamente alpino, con Bolzano al secondo posto e Udine al terzo, una configurazione che conferma la solidità dell’arco alpino nel garantire ai propri cittadini standard di vita superiori alla media nazionale. La provincia altoatesina, già cinque volte vincitrice assoluta, ha ottenuto risultati particolarmente brillanti nella categoria «Affari e lavoro» e detiene il primato nazionale per il quoziente di natalità, con 8,4 nuovi nati ogni mille abitanti contro i 6 della media italiana, un dato che testimonia la vitalità demografica di un territorio dove le famiglie trovano ancora condizioni favorevoli per la crescita.
I risultati dell’indagine del quotidiano economico si fondano su 90 indicatori statistici suddivisi in sei macroaree tematiche: ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia salute e società, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. Tra le novità metodologiche introdotte nell’edizione 2025 figurano nuove variabili come l’indice della solitudine, la percezione di insicurezza tra i cittadini, gli incidenti stradali, la mortalità per tumore e la salubrità dell’aria, parametri che consentono una lettura più articolata e contemporanea del benessere territoriale.
Il successo di Trento non giunge inatteso, considerando che la provincia autonoma aveva già conquistato due importanti riconoscimenti preliminari nel corso del 2025: il primo posto nell’Indice della Sportività e la vetta della classifica Ecosistema Urbano elaborata da Legambiente e Ambiente Italia in collaborazione con il Sole 24 Ore. La rilevazione Istat sugli «Aspetti della vita quotidiana», pubblicata nel maggio 2025, aveva del resto già anticipato questo esito, registrando nelle province di Trento e Bolzano il più elevato livello di soddisfazione per la vita espresso dal 61,9 per cento dei cittadini, una percentuale senza eguali nel resto del Paese.
La top ten della classifica 2025 è interamente occupata da province settentrionali, una circostanza che si ripete con regolarità nelle 36 edizioni dell’indagine. Dopo il podio alpino si collocano Bologna al quarto posto, in risalita di cinque posizioni rispetto all’anno precedente, Bergamo al quinto posto dopo aver conquistato il primato assoluto nel 2024, Treviso al sesto, Padova al settimo con un ritorno tra le eccellenze dopo trent’anni di assenza dalla fascia alta della graduatoria, Milano all’ottavo posto in crescita di quattro posizioni, Parma al nono e Verona al decimo.
Particolarmente significativa la risalita delle grandi aree metropolitane del Centro-Nord, con Roma che ha compiuto un balzo di tredici posizioni attestandosi al 46esimo posto, mentre Genova ha guadagnato undici gradini raggiungendo la 43esima posizione. Bologna e Milano hanno confermato la loro attrattività consolidando posizioni di vertice, la prima trainata dalle performance in «Demografia, società e salute», la seconda dai primati in «Ricchezza e consumi» e «Affari e lavoro». Torino ha registrato un progresso più contenuto, avanzando di una sola posizione fino al 57esimo posto.
Tuttavia, il dato più eloquente che emerge dalla 36esima edizione dell’indagine riguarda la persistenza di un divario territoriale che appare ormai strutturale e impermeabile a qualsiasi intervento di riequilibrio. Le ultime 22 posizioni della classifica sono occupate esclusivamente da province meridionali, una circostanza che si ripete con impressionante regolarità da oltre tre decenni di rilevazioni. All’estremo opposto della graduatoria si colloca Reggio Calabria, che per il secondo anno consecutivo chiude la classifica al 107esimo posto, seguita a brevissima distanza da Siracusa al 106esimo e Crotone al 105esimo.
La città metropolitana calabrese presenta criticità diffuse in quasi tutti gli ambiti analizzati: ambiente e servizi, affari e lavoro, cultura, ricchezza pro capite sono le voci che registrano i piazzamenti più penalizzanti. L’analisi degli indici generazionali pubblicata in anteprima al Festival dell’Economia di Trento nel maggio 2025 aveva già evidenziato la situazione particolarmente critica della provincia reggina, terzultima nella classifica dedicata agli over 65 e al 95esimo posto per la qualità della vita dei bambini tra 0 e 14 anni.
La prima area metropolitana del Mezzogiorno a comparire nella classifica è Cagliari, che sale di cinque posizioni e si piazza al 39esimo posto, confermandosi tra le sorprese positive dell’anno insieme a Lecce, realtà trainate dal turismo, dai servizi e da una qualità della vita urbana che si avvicina progressivamente agli standard del Centro Italia. Seguono a notevole distanza Bari al 67esimo posto ma in calo di due posizioni, Messina al 91esimo, Catania al 96esimo con una pesante flessione di tredici posizioni rispetto al 2024, Palermo al 97esimo e Napoli al 104esimo posto.
La frattura geografica che divide il Paese non accenna a sanarsi nonostante i punti di forza del Sud nella demografia, nel clima, nel costo della vita decisamente più accessibile, e nonostante i fondi, inclusi quelli del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che negli anni hanno contribuito a sostenere le imprese e il prodotto interno lordo dei territori meridionali. Il Pnrr, che destina al Sud il 40,8 per cento delle risorse territorializzabili pari a circa 145,3 miliardi nel 2025, ha contribuito per circa 1,8 punti percentuali alla crescita del PIL meridionale nel biennio 2023-2024, ma sul fronte infrastrutturale il divario resta evidente: il tasso di accessibilità logistica risulta inferiore del 35 per cento rispetto al Centro-Nord.
L’edizione 2025 conferma tre tendenze ormai consolidate: la crescente frattura tra il Centro-Nord, più resiliente, e il Mezzogiorno, sempre più vulnerabile; la presenza di ampie aree di disagio sociale nel Sud, difficili da affrontare nell’attuale quadro di finanza pubblica; il consolidamento del primato delle province e città metropolitane del Centro-Nord, che anche nella fase economica e geopolitica attuale mostrano la maggiore capacità di resistenza. La qualità della vita nel 2025 è risultata buona o accettabile in 60 province su 107, un valore inferiore a quello registrato negli ultimi anni e quindi indicativo di un peggioramento complessivo del benessere territoriale italiano.
Sul versante positivo, le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti sono cresciute di 703 euro rispetto all’anno precedente, passando da 20.328 a 21.032 euro, con picchi di quasi 2.000 euro di aumento a Milano. È calato inoltre il numero delle famiglie più povere del 7,5 per cento, anche grazie all’assegno unico introdotto nel 2022. Il valore aggiunto pro capite è salito lievemente da una stima di 33.500 euro a 34.400 euro. Segnali di miglioramento si registrano anche sul fronte della sostenibilità ambientale, con un aumento dell’impiego di energia da fonti rinnovabili dell’1,8 per cento e un significativo incremento della densità degli impianti fotovoltaici.
Permangono tuttavia criticità significative: le ore di cassa integrazione autorizzata sono salite del 22,8 per cento, le startup innovative sono calate dello 0,6 per mille società di capitale, la quota export in rapporto al PIL è diminuita del 4,9 per cento. L’Italia rimane inoltre un paese con una popolazione sempre più anziana, con la natalità ferma e il rapporto tra anziani e giovani in continuo aumento, elementi che pesano sull’economia e sul sistema sociale nel suo complesso.
Il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti ha commentato il risultato sottolineando come la qualità della vita sia un concetto che non si misura solo con i numeri, ma con la capacità di garantire a ogni cittadino l’accesso a servizi adeguati, opportunità di crescita e una comunità che sappia rispondere alle sfide del tempo. Il sindaco Franco Ianeselli ha evidenziato come l’ottimo risultato sia in parte frutto di politiche di lungo corso, come quelle riguardanti la raccolta differenziata, e in parte legato a una sensibilità diffusa dei cittadini verso i temi ambientali e la qualità dei servizi pubblici.
A Reggio Calabria, dove il 107esimo posto rappresenta ormai una condizione cronica più che un’emergenza, le forze politiche locali hanno reagito con toni diversi: alcuni movimenti civici hanno ribaltato la prospettiva sostenendo che quel risultato non debba essere letto come una condanna ma come un punto zero dal quale partire per una mobilitazione collettiva. La città metropolitana calabrese ha pagato per decenni l’arretratezza infrastrutturale, l’assenza di servizi pubblici efficienti, l’emigrazione di massa dei giovani, un’economia stagnante e una scarsa vivacità culturale. I 55 progetti PNRR già finanziati per oltre 200 milioni di euro rappresentano una potenziale inversione di tendenza, ma i risultati concreti tardano a manifestarsi nei parametri statistici.
La fotografia scattata dal Sole 24 Ore restituisce dunque l’immagine di un Paese che tenta faticosamente di migliorare alcuni indicatori fondamentali ma che resta profondamente segnato da disuguaglianze territoriali che appaiono ormai cristallizzate. La distanza tra Trento al primo posto e Reggio Calabria al 107esimo non è soltanto una questione di punteggio statistico, ma rappresenta plasticamente due Italie che viaggiano a velocità diverse, con opportunità di vita, prospettive occupazionali e accesso ai servizi radicalmente differenti per i cittadini che le abitano. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
