L’era digitale ha consegnato nelle mani di miliardi di persone uno strumento dalle potenzialità straordinarie, ma le evidenze scientifiche accumulate negli ultimi anni sollevano interrogativi inquietanti sulle conseguenze che l’uso massiccio degli smartphone sta producendo sulle capacità cognitive umane, dalla memoria al calcolo mentale, dall’orientamento spaziale all’attenzione sostenuta, configurando quello che i ricercatori definiscono “amnesia digitale” o “brain drain”, un autentico drenaggio cerebrale che rappresenta una sfida sottovalutata per la salute mentale delle generazioni presenti e future.
Uno studio seminale pubblicato sul Journal of the Association for Consumer Research dai ricercatori Adrian F. Ward, Kristen Duke, Ayelet Gneezy e Maarten W. Bos ha dimostrato che la semplice presenza dello smartphone, anche quando non viene utilizzato, è sufficiente a ridurre le capacità cognitive disponibili. Gli esperimenti condotti hanno rivelato che i partecipanti con il telefono posizionato in un’altra stanza ottenevano risultati significativamente migliori nei test cognitivi rispetto a coloro che lo avevano sul tavolo o in tasca, evidenziando come il dispositivo occupi risorse cognitive limitate anche quando rimane inutilizzato, sottraendo capacità mentale ad altre attività.
Il fenomeno dell’amnesia digitale, termine coniato per descrivere la tendenza a dimenticare informazioni che si sa essere facilmente accessibili attraverso dispositivi elettronici, è stato oggetto di numerose ricerche. Uno studio pubblicato nel 2025 sulla rivista Psychiatric Research ha riscontrato una prevalenza moderata di amnesia digitale tra gli studenti universitari, evidenziando come la dipendenza dallo smartphone possa effettivamente sostituire le memorie personali con quelle immagazzinate sui dispositivi, con conseguenze che si estendono oltre la sfera mnemonica includendo problemi comportamentali quali distraibilità, impulsività e persino sintomi somatici.
La ricerca pubblicata su Science dalla psicologa Betsy Sparrow della Columbia University ha introdotto il concetto di “Google Effect”, dimostrando che quando le persone sanno di poter accedere facilmente a un’informazione online, tendono a non memorizzarla, preferendo invece ricordare dove poterla ritrovare. Questo meccanismo ha trasformato internet in una forma primaria di memoria transattiva esterna, dove le informazioni vengono immagazzinate collettivamente al di fuori di noi stessi, con il rischio concreto che la costante registrazione di dati sui dispositivi digitali renda gli individui meno propensi a trasferire le informazioni nella memoria a lungo termine.
Un’area particolarmente colpita da questa esternalizzazione cognitiva è la memoria spaziale. Uno studio pubblicato su Nature Scientific Reports ha documentato come l’uso abituale del GPS abbia un impatto negativo sulla memoria spaziale durante la navigazione autonoma, mostrando che le persone con maggiore esperienza di utilizzo dei sistemi di navigazione satellitare presentano peggiori capacità di cognitive mapping e di codifica dei punti di riferimento. I ricercatori hanno osservato che seguire le indicazioni turn-by-turn dei navigatori comporta una forma di navigazione passiva che non supporta l’apprendimento spaziale, con potenziali conseguenze a lungo termine sulla salute dell’ippocampo, la struttura cerebrale fondamentale per la formazione della memoria.
I dati sull’utilizzo degli smartphone in Italia delineano un quadro di immersione tecnologica senza precedenti: gli italiani trascorrono in media 176 minuti al giorno guardando il cellulare, mentre gli adolescenti raggiungono le sei ore giornaliere e prendono in mano il dispositivo oltre cento volte nell’arco della giornata. Un dato particolarmente allarmante riguarda il 62 per cento dei bambini tra i tre e i cinque anni che utilizzano il cellulare in maniera indipendente, esponendosi precocemente agli effetti di un’interazione digitale massiccia in una fase cruciale dello sviluppo cerebrale.
Uno studio pubblicato nel dicembre 2025 sulla rivista Pediatrics, condotto dai ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia, della University of California di Berkeley e della Columbia University su oltre 10.500 partecipanti all’Adolescent Brain Cognitive Development Study, ha rilevato che i bambini che possiedono uno smartphone prima dei dodici anni presentano un rischio 1,3 volte superiore di sviluppare depressione, 1,6 volte maggiore di soffrire di sonno insufficiente e 1,4 volte più elevato di obesità rispetto ai coetanei senza dispositivo. La Società Italiana di Pediatria ha recentemente aggiornato le proprie raccomandazioni, sconsigliando l’uso dello smartphone sotto i tredici anni e sottolineando come oltre due-tre ore di schermo al giorno siano associate a un minore benessere mentale.
Le conseguenze sulla capacità di attenzione rappresentano un’altra dimensione critica del problema. Una ricerca della University of California di Irvine ha documentato che il tempo medio di attenzione su un’attività prima di essere interrotti è passato da 2,5 minuti nel 2004 a soli 47 secondi nel 2023, un crollo che riflette l’impatto delle continue sollecitazioni digitali sul sistema attentivo. Secondo la professoressa Gloria Mark, dopo ogni interruzione possono essere necessari fino a venticinque minuti per ritrovare la piena concentrazione, mentre le neuroscienze hanno dimostrato che il multitasking indotto dall’uso del cellulare riduce l’efficienza lavorativa del 30-40 per cento.
Sul piano neurobiologico, ricerche condotte dalla Radiological Society of North America hanno evidenziato come i giovani dipendenti da smartphone e internet presentino uno squilibrio nella chimica cerebrale, con alterazioni nei livelli di acido gamma-amminobutirrico (GABA), una sostanza chimica cruciale per la plasticità cerebrale. Gli smartphone attivano il sistema cerebrale della ricompensa determinando il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore che segnala la presenza di stimoli gratificanti e favorisce l’apprendimento dei comportamenti funzionali a ottenere nuovamente una gratificazione, meccanismo che spiega la natura potenzialmente additiva dell’interazione con questi dispositivi. I ricercatori dell’Università di Heidelberg hanno documentato che dopo sole 72 ore senza smartphone l’attività cerebrale si sviluppa secondo i modelli tipici dell’astinenza da sostanze.
Il declino del calcolo mentale costituisce un altro indicatore eloquente dell’impoverimento cognitivo in atto. Un tempo abilità comune, la capacità di eseguire operazioni aritmetiche a mente rappresenta oggi un terreno accidentato per le giovani generazioni, abituate a delegare qualsiasi elaborazione numerica ai dispositivi elettronici. Parallelamente, la memorizzazione dei numeri di telefono, degli indirizzi e delle informazioni quotidiane è divenuta pressoché obsoleta, con oltre la metà degli adulti europei che non riesce a ricordare i numeri telefonici dei propri figli o dell’ufficio senza consultare lo smartphone, secondo una ricerca condotta da Kaspersky Lab.
Gli effetti a lungo termine dell’uso precoce dello smartphone includono, secondo le evidenze raccolte dalla psicologa Elena Rossi, una riduzione della memoria episodica e una minore attivazione delle aree cerebrali legate all’empatia e al pensiero critico, conseguenze che si sommano ai deficit attentivi e mnemonici già documentati. Il meccanismo alla base di questi fenomeni coinvolge la modulazione della plasticità neuronale, ovvero la capacità del cervello di creare nuove connessioni sinaptiche fondamentali per l’apprendimento e l’adattamento, che risulta alterata dall’esposizione prolungata agli stimoli digitali.
Non mancano tuttavia voci discordanti nel panorama scientifico. Una mega-analisi pubblicata su Nature Human Behavior, che ha rivisto 136 studi relativi a oltre 411.000 persone, ha riscontrato che coloro che hanno utilizzato regolarmente tecnologie digitali negli ultimi vent’anni presentano un rischio di declino cognitivo inferiore del 58 per cento rispetto alla media, suggerendo che l’uso delle nuove tecnologie possa allenare il pensiero computazionale e stimolare processi mentali complessi. Alcuni neuroscienziati sottolineano inoltre che l’essere umano ha sempre avuto la tendenza a scaricare informazioni su supporti esterni, dai quaderni ai block notes, e che l’esternalizzazione delle informazioni secondarie potrebbe liberare risorse cognitive per compiti più importanti.
Tuttavia, la peculiarità dell’attuale fase tecnologica risiede nell’intensità, nella pervasività e nella precocità dell’esposizione digitale, elementi che non hanno precedenti nella storia umana. Il fenomeno del “brain rot”, termine divenuto popolare per descrivere il degrado mentale causato dal consumo eccessivo di contenuti digitali di bassa qualità, evidenzia come le conseguenze cognitive includano difficoltà di memoria a breve e lungo termine, deficit di attenzione sostenuta e selettiva, compromissione delle funzioni esecutive e riduzione delle capacità di ragionamento. Le piattaforme digitali, con i loro feed infiniti e la gratificazione immediata, stanno modificando il modo in cui il cervello elabora le informazioni, favorendo un modello cognitivo caratterizzato da continua esplorazione e cambio di focus che riduce le risorse disponibili per concentrarsi su un unico compito.
Le strategie di mitigazione proposte dagli esperti includono il digital detox, la limitazione del tempo di utilizzo dello schermo, la disattivazione delle notifiche non essenziali e l’eliminazione delle applicazioni superflue. Alcuni raccomandano di lasciare periodicamente lo smartphone in un’altra stanza durante le attività che richiedono concentrazione, mentre le autorità sanitarie di diversi paesi stanno valutando misure regolatorie per limitare l’accesso dei minori ai dispositivi mobili e ai social media. La consapevolezza del problema rappresenta il primo passo necessario per affrontare una sfida che, se trascurata, rischia di compromettere le capacità cognitive di intere generazioni, con ripercussioni ancora difficili da quantificare sulla struttura sociale, sul sistema educativo e sul mercato del lavoro. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
