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Musk: “l’UE Va abolita”, duro attacco dopo la maxi multa

Musk attacca l’Unione Europea dopo la multa da 120 milioni a X. Bruxelles risponde: «Non è censura, è trasparenza». Scontro globale tra libertà digitale e regolazione sovranazionale.

Elon Musk torna a colpire duro. In un post pubblicato sulla sua piattaforma X, il magnate sudafricano ha dichiarato che l’Unione Europea «dovrebbe essere abolita» e che «la sovranità va restituita ai singoli Paesi», affinché i governi possano rappresentare meglio i propri cittadini. Una posizione estrema, che giunge nel bel mezzo di uno scontro sempre più aspro tra le istituzioni comunitarie e la sua azienda, X, già Twitter, appena sanzionata con una multa da 120 milioni di euro per violazioni al Digital Services Act (Dsa), la legge europea sui servizi digitali entrata in vigore nel 2023.

La dichiarazione di Musk ha avuto un’eco immediata, soprattutto perché arriva pochi giorni dopo la diffusione della nuova Strategia di sicurezza nazionale statunitense, in cui l’Europa viene descritta come un continente in declino: «Se le tendenze attuali continueranno, sarà irriconoscibile tra vent’anni o meno», si legge nel rapporto, che paventa addirittura una «cancellazione della civiltà» occidentale. Un contesto ideale per inasprire la retorica sovranista, che Musk non ha esitato a cavalcare, mescolando interessi economici e battaglie ideologiche.

Ma l’affondo del CEO di Tesla e SpaceX non nasce da considerazioni geopolitiche astratte. Al centro della polemica c’è l’applicazione rigorosa da parte dell’Unione Europea del Dsa, normativa che obbliga le grandi piattaforme a garantire trasparenza, accessibilità ai dati pubblici per i ricercatori e misure efficaci contro la disinformazione e i contenuti illegali. In base a queste regole, la Commissione ha contestato a X tre violazioni gravi. La prima, da 45 milioni di euro, riguarda l’uso ingannevole della spunta blu: simbolo di verifica, ma ottenibile a pagamento senza controllo effettivo sull’identità. La seconda, da 35 milioni, coinvolge la scarsa trasparenza dell’archivio pubblicitario, fondamentale per tracciare campagne di disinformazione, minacce ibride e truffe. La terza, da 40 milioni, punisce il mancato accesso ai dati pubblici da parte del mondo accademico e dei ricercatori, ostacolando così lo studio indipendente del fenomeno disinformativo online.

A complicare il quadro, l’indagine ancora in corso su X per la gestione di contenuti illegali e la manipolazione informativa, che potrebbe portare a nuove sanzioni. Un insieme di pressioni normative che Musk legge come un attacco diretto al modello di business delle big tech statunitensi e, più in generale, alla libertà d’espressione così come intesa oltreoceano.

Non a caso, le reazioni dagli Stati Uniti non si sono fatte attendere. Il vicepresidente americano JD Vance ha parlato di una «multa per non aver imposto la censura», mentre il senatore Marco Rubio ha denunciato «un attacco straniero al popolo americano». Toni accesi, che riflettono l’attrito crescente tra visioni divergenti su libertà, sicurezza e regolamentazione del digitale. La risposta europea, affidata alla vicepresidente della Commissione Henna Virkkunen, è stata netta: «La multa a X riguarda la trasparenza, non la censura. Le nostre regole valgono per tutti coloro che operano in Europa».

Dietro le tensioni tra Bruxelles, Washington e Musk si cela una questione più profonda: chi ha il potere di dettare le regole nel cyberspazio globale. L’Unione Europea punta a costruire un modello di governance digitale basato su diritti, responsabilità e accesso all’informazione. Musk, invece, rivendica un approccio più libertario, fondato sull’autoregolamentazione e su una diffidenza crescente verso le istituzioni sovranazionali. In gioco non c’è solo il futuro di X, ma quello della democrazia digitale in Occidente. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!