Il programma Artemis della NASA per riportare gli astronauti sulla Luna entro questo decennio si trova al centro di una tempesta politica e tecnica senza precedenti. Mike Griffin, ex amministratore dell’Agenzia Spaziale Americana (2005-2009), ha depositato una valanga di critiche senza appello davanti al sottocomitato per lo Spazio e l’Aeronautica della Camera dei Rappresentanti, affermando senza mezzi termini che l’architettura attuale «non può funzionare» e che la missione Artemis 3, prevista per il 2027, dovrebbe essere cancellata insieme a tutte le successive per consentire una ricostruzione completa del piano lunare americano. Le parole di Griffin, pronunciate nel corso di un’audizione parlamentare dedicata all’ascesa spaziale cinese e ai rischi per la supremazia statunitense, hanno scosso la comunità aerospaziale e aperto un dibattito strutturale sui fondamenti stessi della strategia di esplorazione profonda degli Stati Uniti.
L’ex numero uno della NASA ha descritto un programma affetto da una complessità eccessiva, da costi irrealistici e da un livello di rischio per l’equipaggio che, a suo giudizio, dovrebbe essere considerato inaccettabile. «Abbiamo perso molto tempo», ha dichiarato Griffin riferendosi alle due amministrazioni presidenziali consecutive che hanno aderito a un’architettura che, secondo lui, non ha alcuna speranza di successo tempestivo. Il riferimento implicito è al percorso che ha portato dalla cancellazione del programma Constellation, da lui fortemente voluto durante la presidenza Bush, all’attuale Artemis, nato sotto la presidenza Trump e proseguito sotto quella Biden, passando per le scelte dell’amministrazione Obama che aveva depresso le ambizioni lunari a favore di un approccio più graduale verso Marte.
Il cuore del problema, secondo Griffin, non risiede tanto nei singoli elementi tecnologici quanto nell’architettura di missione nel suo complesso. Il sistema prevede l’utilizzo dello Space Launch System (SLS), una potentissima vettura di cui Griffin stesso è stato uno dei principali fautori durante la sua gestione, ma la vera criticità emerge con la fase di discesa e ascesa dalla superficie lunare. Il lander scelto dalla NASA, basato sulla soluzione Starship HLS (Human Landing System) di SpaceX, richiede una sequenza di rifornimento di propellente in orbita terrestre bassa (LEO) che Griffin considera tecnicamente non realizzabile con le tecnologie attuali. Secondo l’ex amministratore, il tempo necessario per completare le missioni di rifornimento e la successiva rendezvous con il lander in orbita lunare «quasi garantirebbe» la perdita per ebollizione del propellente prima che la missione proceda, rendendo l’intera impresa un esercizio di ingegneria destinato al fallimento.
Le critiche di Griffin non si fermano alla tecnologia. L’ex dirigente ha denunciato la mancanza di trasparenza sui costi e sulle tempistiche, un problema sollevato anche dall’Ispettore Generale della NASA, George Scott, che ha testimoniato nello stesso contesto parlamentare. Scott ha evidenziato come la campagna Artemis manchi di una stima completa dei costi e di impegni precisi su budget e cronologie per alcuni programmi di supporto. «Senza che l’agenza contabilizzi e riporti accuratamente il costo complessivo delle missioni attuali e future, sarà difficile per il Congresso prendere decisioni informate sui bisogni di finanziamento a lungo termine della NASA», ha affermato Scott, sottolineando che la mancanza di stime credibili e trasparenti rende difficile ottenere risparmi, un passo chiave per rendere Artemis sostenibile nel tempo.
Il contesto politico rende le osservazioni di Griffin ancora più delicate. L’audizione parlamentare si è svolta sotto la supervisione del sottocomitato presieduto da representative che hanno espresso preoccupazione crescente per l’ascesa spaziale cinese, che ha dimostrato una capacità di pianificazione e realizzazione a lungo termine che gli Stati Uniti sembrano avere perso. «La Cina sta seguendo un piano che ha senso. Sembra molto, in effetti, quello che gli Stati Uniti fecero per Apollo», ha osservato Griffin, mettendo in luce la contraddizione tra l’urgenza geopolitica di stabilire una presenza stabile sulla Luna e le scelte programmatiche che, a suo avviso, rendono questo obiettivo irraggiungibile. La competizione con Pechino, che sta sviluppando il proprio programma lunare con la stazione orbitale Tiangong e missioni robotiche sempre più sofisticate, è diventata il principale motore di giustificazione per Artemis, ma Griffin sostiene che l’attuale approccio non solo non batterà la Cina, ma potrebbe consegnare alla Cina una vittoria simbolica pericolosa per la percezione della leadership tecnologica americana nel mondo.
Le reazioni alla testimonianza di Griffin sono state contrastanti. Da una parte, membri del Congresso di entrambi gli schieramenti hanno espresso forte supporto al programma Artemis, citando la necessità di mantenere la leadership statunitense nello spazio. Dall’altra, l’ex amministratore ha trovato sponda in chi ritiene che il programma sia diventato un meccanismo per distribuire fondi a contratti sparsi in diversi stati, più che una missione focalizzata su risultati concreti. Il SLS, soprannominato «Senate Launch System» dai suoi critici, vede i suoi componenti prodotti in Utah (i booster a razzo solido), in Mississippi (i motori principali rifusi e testati), in Louisiana (i segmenti principali dell’upper stage) e in Alabama (disegno e gestione), creando una rete di dipendenze politiche che rende difficile qualsiasi riforma strutturale. Griffin ha cercato di distinguersi da questa critica, affermando che non è il lanciatore il problema, ma l’architettura di missione che lo circonda.
La NASA, dal canto suo, ha rispedito le critiche al mittente, pur riconoscendo i ritardi accumulati. Il lancio di Artemis II, la missione con equipaggio che dovrebbe circumnavigare la Luna, è stato spostato dal 2024 al 2025, mentre Artemis III è passata dal 2025 al 2027. Questi slittamenti, però, non hanno modificato l’approccio programmatico, che continua a prevedere la costruzione della Gateway, una stazione spaziale in orbita lunare che Griffin ha definito «stupida» già nel 2018 e che ritiene un elemento di complessità inutile. L’ex amministratore preferirebbe un approccio più diretto, simile a quello Apollo, con un unico veicolo che porti l’equipaggio dalla Terra alla superficie lunare e ritorno, piuttosto che la catena di rifornimento orbitale che considera il tallone d’Achille di Artemis.
Il dibattito sollevato da Griffin va oltre la tecnologia e tocca il cuore della filosofia di esplorazione spaziale americana. Da una parte c’è chi, come l’ex amministratore, crede che la sfida cinese richieda un programma Apollo 2.0, con risorse massicce e una visione chiara, non contaminata da partnership commerciali che, per quanto efficienti, non rappresentano la potenza soft degli Stati Uniti. Dall’altra c’è chi sostiene che proprio l’innovazione commerciale, con SpaceX in testa ma non solo, rappresenta l’unica via percorribile per mantenere la leadership in un contesto di budget limitati e tecnologie in rapida evoluzione. Il punto di vista di Griffin riflette una nostalgia per un’epoca in cui la NASA controllava ogni aspetto del design, come avviene per i sistemi militari, ma questa visione top-down si scontra con la realtà di un settore spaziale moderno in cui le aziende private investono capitali propri e detengono diritti di proprietà intellettuale su tecnologie che superano quelle sviluppate esclusivamente con fondi governativi.
Anche se la posizione di Griffin è rimasta isolata nell’audizione, con gli altri testimoni e i membri del Congresso che hanno preferito mantenere il corso attuale, le sue parole hanno gettato un’ombra lunga sul futuro di Artemis. La questione non è più se la NASA riuscirà a rispettare le date, ma se l’architettura scelta è quella giusta per vincere la nuova corsa allo spazio. Il Congresso, pur esprimendo supporto al programma, ha chiesto maggiore trasparenza e ha sollevato dubbi sulla realizzabilità della timeline. L’amministratore della NASA, Bill Nelson, e il suo staff dovranno ora difendere non solo le scadenze, ma l’intera filosofia di Artemis di fronte a una crescente pressione per risultati tangibili. Mentre la Cina procede spedita con il suo programma lunare, gli Stati Uniti si trovano a interrogarci sul proprio approccio, con un ex amministratore che suggerisce di fermarsi prima di investire altri decenni e decine di miliardi in un sistema che, a suo avviso, è già condannato.
Il futuro di Artemis 3 e delle missioni successive ora dipende dalla capacità della NASA di dimostrare non solo la tenuta tecnica delle sue scelte, ma la sostenibilità politica e finanziaria di un programma che si trova sotto i riflettori del Congresso e sotto la pressione di una competizione internazionale che non accetta ritardi. La testimonianza di Griffin potrebbe rivelarsi un punto di svolta o un semplice momento di protesta isolato, ma ha certamente alzato il livello del dibattito su quello che, per molti, è il programma spaziale più importante degli ultimi cinquant’anni. La Luna attende, ma la strada per tornarci sembra più accidentata che mai. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
