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Lombardia, Migliaia di orme di dinosauri scoperte nel Parco dello Stelvio

Migliaia di orme di dinosauri risalenti a 210 milioni di anni fa sono state scoperte nel Parco dello Stelvio, in Valtellina. Si tratta della più importante scoperta paleontologica italiana dopo Ciro.

Una distesa di impronte fossili, lunga chilometri, riemerge tra le rocce del Parco nazionale dello Stelvio e riporta alla luce una delle più rilevanti scoperte paleontologiche italiane degli ultimi decenni. Migliaia di orme di dinosauri, impresse circa 210 milioni di anni fa, sono state individuate su pareti di dolomia oggi quasi verticali, in un’area impervia delle Alpi valtellinesi. Le tracce formano piste lunghe centinaia di metri e si presentano in uno stato di conservazione eccezionale: in alcune sono visibili dettagli come dita e artigli. A darne notizia sono Regione Lombardia e il paleontologo Cristiano Dal Sasso del Museo di Storia Naturale di Milano, che definisce il sito “il più grande delle Alpi e uno dei più ricchi al mondo”.

Il ritrovamento, localizzato nella Valle di Fraele presso Valdidentro, tra Livigno e Bormio, rappresenta la prima scoperta di questo genere in territorio lombardo e costituisce un patrimonio scientifico destinato a richiedere decenni di studi approfonditi. Le tracce risalgono al Triassico superiore, epoca in cui questi territori si trovavano lungo le rive dell’Oceano Tetide, in un ambiente caldo e tropicale caratterizzato da ampie piane di marea. La posizione attuale delle orme, quasi verticale sulle pareti rocciose, è il risultato dei processi geologici che hanno portato al sollevamento della catena alpina nel corso di milioni di anni.

La scoperta è avvenuta il 14 settembre scorso quando il fotografo naturalista Elio Della Ferrera, impegnato in un’escursione nella Valle di Fraele, ha notato le impronte affioranti su pareti rocciose a quota elevata. Alcune di queste orme raggiungono un diametro fino a 40 centimetri. Della Ferrera ha immediatamente documentato il ritrovamento, inviando le immagini agli studiosi e alla Soprintendenza, dando così avvio a una serie di analisi che hanno confermato l’eccezionale portata della scoperta. Durante la conferenza stampa tenutasi martedì 16 dicembre presso Palazzo Lombardia, alla presenza del presidente della Regione Attilio Fontana, del sindaco di Milano Giuseppe Sala e del presidente della Fondazione Milano Cortina 2026 Giovanni Malagò, sono state mostrate per la prima volta le immagini delle impronte e le prove geo-paleontologiche raccolte dal Nucleo Carabinieri Parco dello Stelvio di Valdidentro.

Secondo Dal Sasso, si tratta probabilmente della più importante scoperta paleontologica sui dinosauri italiani dopo quella di Ciro, il celebre Scipionyx samniticus rinvenuto nel 1980 a Pietraroja, in provincia di Benevento, e presentato al mondo scientifico nel 1998. Il sito dello Stelvio si configura come una vera e propria valle dei dinosauri che si estende per chilometri, offrendo testimonianze fossili di una ricchezza senza precedenti nel contesto alpino. Le prime valutazioni indicano che le orme appartengano a dinosauri prosauropodi del Triassico superiore, grandi erbivori dal collo lungo e dalla testa piccola, considerati gli antenati dei sauropodi del Giurassico, come il brontosauro.

I prosauropodi erano animali di corporatura robusta, dotati di artigli appuntiti sia sulle mani che sui piedi. In alcune specie, gli adulti potevano raggiungere i dieci metri di lunghezza. Questi dinosauri furono spesso gli erbivori dominanti nel loro ecosistema e in poco tempo raggiunsero grandi taglie. Tutti i prosauropodi avevano un lungo collo e una piccola testa, zampe anteriori più corte di quelle posteriori e un artiglio molto grande sul pollice, probabilmente utilizzato per difendersi dai predatori. La maggior parte dei prosauropodi era semibipede, anche se almeno una forma era completamente quadrupede. Scheletri di specie simili sono stati rinvenuti in Svizzera e Germania, e il sito dello Stelvio aggiunge ora un tassello fondamentale alla conoscenza dei dinosauri in area alpina.

Le piste parallele individuate sul sito costituiscono prove evidenti della presenza di branchi in movimento sincronizzato. In alcuni punti, le tracce sembrano disporsi in cerchio, suggerendo comportamenti più complessi, forse legati alla difesa del gruppo. Questi esemplari si muovevano lungo le rive lambite dalle calde acque dell’Oceano Tetide, in un ambiente simile a quelli delle aree tropicali attuali, con piane di marea che si perdevano all’orizzonte per centinaia di chilometri. Nel periodo Triassico, la zona del Parco dello Stelvio si trovava lungo la costa orientale del grande oceano Tetide, a latitudini intertropicali, in un contesto paleogeografico completamente diverso da quello attuale.

La localizzazione del sito rappresenta una delle sfide maggiori per gli studiosi. L’area infatti non è raggiungibile tramite sentieri tradizionali, data la sua posizione impervia ad alta quota. Per esaminare le orme, i ricercatori dovranno avvalersi di droni e tecniche di telerilevamento, metodologie avanzate che permettono di acquisire dati da remoto senza entrare in diretto contatto con le superfici rocciose. Queste tecnologie, sempre più utilizzate in ambito archeologico e paleontologico, consentono di realizzare rilievi fotogrammetrici ad alta risoluzione, mappature tridimensionali e documentazioni dettagliate anche in contesti difficilmente accessibili. L’impiego di sistemi aerei senza equipaggio dotati di sensori multispettrali e camere ad alta definizione permetterà di catalogare e studiare le migliaia di impronte presenti sul sito, preservandole al tempo stesso dall’usura causata dall’accesso umano diretto.

La scoperta assume una rilevanza particolare anche in vista dei Giochi olimpici invernali Milano Cortina 2026, dato che l’area di ritrovamento si trova nelle immediate vicinanze delle sedi olimpiche di Livigno e Bormio. Franco Claretti, direttore del Parco Nazionale dello Stelvio per l’area lombarda, ha sottolineato come questo ritrovamento rappresenti un patrimonio straordinario che arricchisce ulteriormente il valore naturalistico e scientifico del territorio. La presentazione ufficiale, intitolata Triassic Park, la storia fa un regalo alle Olimpiadi e Paralimpiadi, ha voluto proprio evidenziare questa coincidenza temporale tra la scoperta paleontologica e il grande evento sportivo internazionale.

Gli assessori regionali Massimo Sertori, responsabile per Enti locali, Montagna, Risorse energetiche e Utilizzo risorsa idrica, e Francesca Caruso, assessore alla Cultura, insieme al soprintendente Beatrice Maria Bentivoglio-Ravasio e a Stefano Morosini dell’Università degli Studi di Bergamo, coordinatore per i progetti storici del Parco dello Stelvio, hanno partecipato alla conferenza stampa sottolineando l’importanza di preservare e valorizzare questo patrimonio eccezionale. La Lombardia, già protagonista di altre significative scoperte paleontologiche come quella dei fossili di 280 milioni di anni fa emersi nel Parco delle Orobie Valtellinesi grazie allo scioglimento di neve e ghiaccio causato dai cambiamenti climatici, si conferma un territorio di straordinario interesse per la ricerca scientifica.

Il sito dello Stelvio offre una finestra unica su un ecosistema del Triassico superiore, permettendo ai paleontologi di ricostruire non solo l’aspetto fisico di questi antichi erbivori, ma anche i loro comportamenti sociali e le dinamiche di gruppo. La qualità di preservazione delle tracce, con dettagli anatomici come dita e artigli chiaramente visibili, fornirà informazioni preziose sulle caratteristiche morfologiche di questi animali e sulle loro modalità di locomozione. Le piste che si estendono per centinaia di metri testimoniano spostamenti organizzati, probabilmente legati a migrazioni stagionali o alla ricerca di aree di alimentazione più favorevoli lungo le coste dell’antico oceano.

L’analisi delle impronte disposte in formazioni circolari potrebbe confermare ipotesi già avanzate per altri siti paleontologici nel mondo, secondo le quali alcuni dinosauri erbivori adottavano strategie difensive collettive, disponendosi in cerchio con gli esemplari più giovani e vulnerabili al centro e gli adulti all’esterno, pronti a respingere eventuali attacchi di predatori. Questo tipo di comportamento, osservato ancora oggi in molte specie di erbivori come elefanti e bisonti, suggerirebbe una complessità sociale già sviluppata nei dinosauri del Triassico superiore, anticipando di decine di milioni di anni le strutture sociali più articolate osservate nei grandi sauropodi del Giurassico e negli ornitischi del Cretaceo.

La scoperta contribuisce inoltre a chiarire la distribuzione geografica dei prosauropodi durante il Triassico superiore. Fino ad oggi, i ritrovamenti più significativi di questi dinosauri in Europa si concentravano principalmente in Svizzera e Germania, mentre le testimonianze italiane rimanevano limitate. Il sito dello Stelvio colma questa lacuna, dimostrando che le coste settentrionali della Tetide ospitavano popolazioni numerose e stabili di questi erbivori, che rappresentavano probabilmente la componente dominante della megafauna del periodo. La presenza di piste multiple parallele indica che questi animali non vivevano in modo solitario, ma si muovevano in gruppi numerosi, sfruttando le risorse vegetali disponibili lungo le pianure costiere e le zone di transizione tra terra e mare.

Dal punto di vista geologico, le rocce dolomitiche che ospitano le impronte si sono formate attraverso processi di sedimentazione in ambiente marino costiero, dove i sedimenti fangosi delle piane di marea venivano periodicamente esposti all’aria durante le basse maree, permettendo agli animali di attraversare queste aree e lasciare le loro tracce. La successiva copertura da parte di nuovi sedimenti ha protetto le impronte dall’erosione, mentre i processi di fossilizzazione hanno trasformato il fango in roccia solida, preservando i dettagli anatomici per 210 milioni di anni. I successivi movimenti tettonici legati alla formazione delle Alpi hanno sollevato queste rocce portandole dalle quote prossime al livello del mare fino alle attuali posizioni a diverse migliaia di metri di altitudine, ruotandole fino a renderle quasi verticali.

Questo immenso patrimonio scientifico richiederà anni, se non decenni, di studi sistematici per essere completamente compreso e documentato. I ricercatori dovranno catalogare ogni singola impronta, misurarne le dimensioni, analizzarne la morfologia e ricostruire le traiettorie percorse dagli animali. L’utilizzo di tecnologie digitali avanzate permetterà di creare modelli tridimensionali ad altissima risoluzione delle superfici rocciose, facilitando lo studio comparativo con altri siti paleontologici noti e permettendo a ricercatori di tutto il mondo di accedere virtualmente a questo straordinario archivio fossile. La collaborazione tra diverse istituzioni, dal Museo di Storia Naturale di Milano all’Università degli Studi di Bergamo, dalla Soprintendenza al Parco Nazionale dello Stelvio, garantirà un approccio multidisciplinare allo studio del sito, integrando competenze paleontologiche, geologiche, sedimentologiche e di conservazione del patrimonio.

La scoperta delle orme di dinosauri nel Parco dello Stelvio rappresenta dunque un evento di portata eccezionale per la paleontologia italiana ed europea, destinato a rivoluzionare le conoscenze sui dinosauri del Triassico superiore e sui loro comportamenti. Dopo Ciro, il piccolo teropode che ha permesso di studiare per la prima volta i tessuti molli e gli organi interni di un dinosauro, l’Italia si conferma un territorio fondamentale per la ricerca paleontologica, capace di restituire testimonianze uniche della vita nel Mesozoico. La valle dei dinosauri dello Stelvio entra così di diritto tra i siti paleontologici più importanti al mondo, offrendo agli scienziati un’opportunità irripetibile di studiare un ecosistema del passato remoto con un livello di dettaglio raramente raggiungibile. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!