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Superbonus, oneri per lo Stato superano 128 miliardi: agevolazione anche per 5 castelli

Le detrazioni maturate per il Superbonus raggiungono 128,4 miliardi al 30 novembre 2025, coinvolgendo oltre 500mila edifici tra cui cinque castelli storici, mentre l’impatto sulla finanza pubblica continua a generare valutazioni contrastanti.

Gli oneri a carico dello Stato italiano derivanti dal Superbonus hanno raggiunto e superato i 128,4 miliardi di euro al 30 novembre 2025, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Enea. L’agenzia nazionale per le nuove tecnologie ha certificato che le detrazioni maturate per i lavori conclusi nell’ambito della misura di incentivazione edilizia si attestano precisamente a 128,47 miliardi, in crescita rispetto ai 127,92 miliardi registrati a ottobre dello stesso anno.

Il totale degli edifici interessati dal beneficio fiscale risulta aggiornato a 501.766 unità, con un incremento di 418 immobili rispetto al mese precedente. Gli investimenti complessivi, incluse le somme non ammesse a detrazione, ammontano a 125,27 miliardi di euro, di cui 123,35 miliardi risultano effettivamente ammessi alla detrazione. Gli interventi ammessi a detrazione e finora portati a conclusione raggiungono quota 119 miliardi, corrispondenti al 96,4 per cento del totale degli investimenti agevolati.

L’analisi della distribuzione per tipologia di immobili evidenzia una netta prevalenza degli interventi su condomini, che rappresentano il 68,2 per cento della spesa ammessa a detrazione con un investimento complessivo di 84,1 miliardi di euro. Secondo i dati Enea, i condomini interessati dalla misura sono stati complessivamente 139.073 unità. Al secondo posto si collocano gli edifici unifamiliari, che hanno assorbito il 22,7 per cento delle risorse con 27,96 miliardi di euro distribuiti su 245.294 immobili. Le unità immobiliari funzionalmente indipendenti hanno beneficiato del 9,2 per cento degli investimenti, pari a 11,29 miliardi di euro, coinvolgendo 117.394 proprietà.

Emerge un dato peculiare dalla rendicontazione dell’Enea: cinque edifici classificati nella categoria catastale A9, ovvero castelli e palazzi di eminente pregio artistico o storico aperti al pubblico, hanno usufruito dell’agevolazione fiscale per un ammontare complessivo di circa un miliardo di euro. La normativa sul Superbonus aveva previsto l’estensione della misura anche a queste strutture storiche vincolate a condizione che, una volta conclusi i lavori, venissero aperte al pubblico per almeno dodici giorni all’anno per cinque anni consecutivi, secondo quanto stabilito dall’allora ministro della Cultura Dario Franceschini.

L’investimento medio più elevato risulta essere quello relativo ai condomini, con una spesa media per edificio di 610.837 euro. Gli immobili storici si collocano al secondo posto con un investimento medio di 378.154 euro, seguiti dagli edifici unifamiliari con 117.168 euro e dalle unità immobiliari indipendenti con 98.242 euro per intervento. Questi dati fotografano l’entità economica degli interventi di riqualificazione energetica e antisismica realizzati attraverso lo strumento fiscale introdotto nel 2020 dal governo Conte durante l’emergenza pandemica.

La distribuzione territoriale degli investimenti vede la Lombardia in testa con 24,6 miliardi di euro di spesa complessiva sostenuta dallo Stato, seguita dall’Emilia-Romagna con 11,64 miliardi, dal Veneto con 11,18 miliardi, dal Lazio con 10,22 miliardi e dalla Campania con 9,32 miliardi. A livello nazionale, l’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato si attesta a 252.147 euro, con variazioni significative su base regionale. La Valle d’Aosta registra il costo medio più elevato con 402.014 euro per immobile, seguita dalla Liguria con 306.240 euro, dalla Campania con 304.692 euro, dalla Basilicata con 304.681 euro e dalla Lombardia con 303.757 euro.

Il meccanismo del Superbonus ha previsto nel corso degli anni una progressiva riduzione dell’aliquota di detrazione. Partita dal 110 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, l’agevolazione è scesa al 70 per cento per le spese del 2024 e si attesta al 65 per cento per quelle sostenute nel 2025. Dal 2026 la misura non sarà più utilizzabile, salvo modifiche legislative. Le detrazioni maturate possono essere fruite attraverso tre modalità alternative: detrazione diretta in dichiarazione dei redditi ripartita in quote annuali, sconto in fattura applicato direttamente dal fornitore, oppure cessione del credito d’imposta a soggetti terzi quali istituti bancari o intermediari finanziari.

L’impatto della misura sulle finanze pubbliche continua a generare analisi contrastanti. La Corte dei Conti ha espresso in diverse occasioni preoccupazioni per l’effetto macroscopico sul deficit e sul debito pubblico, evidenziando la natura regressiva dell’agevolazione che avrebbe interessato prevalentemente le fasce più abbienti della popolazione. Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’impatto complessivo del Superbonus lungo l’intero arco temporale in cui si esplicano gli effetti dell’agevolazione ammonta a circa 165 miliardi di euro, cifra che sale a 188 miliardi aggiungendo gli effetti del Bonus facciate.

La Banca d’Italia ha pubblicato analisi che evidenziano come il Superbonus abbia contribuito a un aumento dei costi di costruzione del 20 per cento tra la fine del 2020 e il 2023, di cui la metà direttamente imputabile alla misura stessa. I ricercatori dell’istituto di via Nazionale hanno inoltre rilevato che il 25 per cento dei beneficiari avrebbe realizzato comunque gli interventi anche in assenza dell’incentivo, comportando un effetto dispersivo sulle casse dello Stato quantificabile in almeno 45 miliardi di euro. Nello scenario migliore, i benefici ambientali derivanti dal risparmio energetico generato dal Superbonus compenserebbero i costi sostenuti dallo Stato in un arco temporale di circa quaranta anni.

Gli ultimi dati Enea certificano che nei primi nove mesi del 2025 sono state presentate 3.145 nuove asseverazioni, un numero decisamente inferiore rispetto alle oltre 34.000 asseverazioni presentate nello stesso periodo del 2024. Il progressivo decalage dell’aliquota di detrazione, le ripetute modifiche normative e la cessazione della possibilità di ricorrere allo sconto in fattura e alla cessione del credito hanno reso la misura progressivamente meno attrattiva per i contribuenti, che hanno preferito orientarsi verso bonus ordinari. Con la chiusura definitiva prevista per il 31 dicembre 2025, si conclude così una delle più costose e controverse misure di politica economica del dopoguerra italiano, lasciando dietro di sé un dibattito aperto sull’efficacia della spesa pubblica in rapporto ai risultati conseguiti in termini di riqualificazione del patrimonio edilizio e di sostenibilità ambientale. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!