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Chernobyl, i girasoli mutanti purificano la terra contaminata dalle radiazioni

Nella zona di esclusione di Chernobyl i girasoli crescono con petali deformati e centri contorti a causa delle radiazioni, ma le loro radici assorbono cesio e stronzio dal terreno contaminato attraverso il fitorisanamento, una tecnica di bonifica naturale che ha ridotto del 90% i contaminanti radioattivi nell’acqua.

Nella zona di esclusione di Chernobyl, a quasi quarant’anni dal disastro nucleare del 26 aprile 1986, un fenomeno straordinario continua a manifestarsi tra la vegetazione che ha ripopolato l’area contaminata. I girasoli che crescono nelle immediate vicinanze del reattore numero quattro presentano anomalie morfologiche evidenti: petali piegati in forme innaturali, centri contorti che creano strutture floreali surreali, manifestazioni visibili dell’esposizione cronica alle radiazioni ionizzanti che ancora permeano il suolo e l’atmosfera.

Queste deformazioni non rappresentano soltanto una testimonianza delle conseguenze persistenti della catastrofe che rilasciò nell’ambiente una quantità di materiale radioattivo equivalente a cinquecento volte quella dell’esplosione di Hiroshima. Le alterazioni morfologiche documentate nei girasoli di Chernobyl costituiscono un indicatore biologico degli effetti mutageni dell’esposizione prolungata a isotopi radioattivi, in particolare cesio-137 e stronzio-90, i principali contaminanti che continuano a rendere inabitabile una zona di circa duemilasei chilometri quadrati.

Ricerche scientifiche condotte nell’area hanno dimostrato che le piante esposte a radiazioni ionizzanti sviluppano con elevata frequenza mutazioni a livello genetico e citogenetico. Una meta-analisi pubblicata su Scientific Reports ha esaminato quarantacinque studi su trenta specie diverse, rilevando che l’effetto delle radiazioni sui tassi di mutazione risulta particolarmente elevato nelle piante, superiore rispetto agli animali. Il coefficiente di correlazione medio registrato è di 0,67, indicando che le radiazioni spiegano il 44,3 per cento della varianza totale nei tassi di mutazione osservati.

Nonostante l’aspetto anomalo e le evidenti conseguenze dell’esposizione radioattiva, questi girasoli stanno compiendo una funzione ecologica di straordinaria importanza. Le loro radici assorbono attivamente dal terreno cesio-137, stronzio-90 e altri metalli pesanti depositati dall’esplosione del reattore, contribuendo a un processo noto come fitorisanamento o fitodepurazione. Questo meccanismo naturale di decontaminazione ambientale sfrutta la capacità intrinseca di determinate specie vegetali di estrarre, accumulare e stabilizzare composti tossici presenti nel suolo e nelle falde acquifere.

Il fitorisanamento mediante girasoli venne sperimentato per la prima volta a Chernobyl nel 1994, otto anni dopo l’incidente, quando scienziati russi e internazionali piantarono centinaia di esemplari di Helianthus annuus in una zona umida fortemente contaminata da cesio radioattivo. L’esperimento si rivelò un successo significativo, con le piante che riuscirono a ridurre del novanta per cento la concentrazione di cesio-137 e stronzio-90 nell’acqua delle vasche contaminate nell’arco di due settimane. Il processo funziona perché questi isotopi radioattivi imitano chimicamente i nutrienti che il girasole assorbe naturalmente: il cesio mima il potassio, essenziale per la fotosintesi, mentre lo stronzio emula il calcio, che fornisce supporto strutturale alla pianta.

Michael Blaylock, scienziato specializzato in fitorisanamento, ha spiegato che i girasoli risultano particolarmente efficaci nell’assorbire determinati isotopi radioattivi grazie alle loro caratteristiche biologiche. Crescono rapidamente e praticamente ovunque, accumulano la maggior parte della loro biomassa nelle foglie e negli steli piuttosto che nelle radici, consentendo di smaltire il materiale radioattivo senza dover estirpare le radici e disturbare ulteriormente il terreno contaminato. Una volta completato il ciclo di crescita, le piante vengono raccolte e trattate mediante pirolisi, un processo che brucia la materia organica lasciando i metalli radioattivi concentrati, che vengono successivamente vetrificati in contenitori di vetro borosilicato e stoccati in depositi schermati sotterranei.

L’efficacia del fitorisanamento a Chernobyl è stata particolarmente elevata per la decontaminazione dell’acqua, mentre i risultati ottenuti per il suolo si sono dimostrati più complessi e lenti. Il cesio nel terreno tende a fissarsi nelle strutture cristalline di determinati minerali argillosi, in particolare le miche, rendendo difficoltosa l’estrazione da parte delle radici vegetali. La velocità di migrazione verticale del cesio-137 nel suolo è estremamente lenta, stimata in circa 0,12 centimetri all’anno, il che significa che la decontaminazione completa mediante fitorisanamento richiede decenni di applicazione continuativa.

Nonostante i risultati promettenti ottenuti in Ucraina, il tentativo di replicare il fitorisanamento mediante girasoli dopo il disastro nucleare di Fukushima del 2011 in Giappone si concluse sostanzialmente con un fallimento. Dopo lo tsunami che danneggiò la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, furono piantati più di duecentomila esemplari che generarono circa otto milioni di girasoli, ma le piante non riuscirono a ridurre efficacemente i livelli di contaminazione del suolo. Gli scienziati hanno attribuito l’insuccesso a diverse variabili: differenze genetiche tra le varietà di girasole utilizzate nei due siti, caratteristiche chimico-fisiche diverse dei terreni, e soprattutto la tempistica dell’intervento. A Fukushima i girasoli furono piantati immediatamente dopo il disastro, mentre a Chernobyl l’intervento avvenne anni dopo, quando la chimica del suolo e dell’acqua era mutata significativamente.

La capacità di assorbimento dei metalli pesanti varia considerevolmente tra i diversi genotipi di Helianthus annuus, rappresentando una criticità per l’applicazione su larga scala del fitorisanamento. Ricerche recenti hanno dimostrato che alcune varietà possono accumulare metalli con efficienza del cinquanta per cento superiore rispetto ad altre, ma i meccanismi genetici alla base di queste differenze non sono ancora completamente compresi. Inoltre, i girasoli non accumulano in modo uniforme tutti i metalli: elementi come arsenico e mercurio vengono assorbiti in quantità trascurabili, limitando l’applicabilità della tecnica a contaminazioni specifiche.

Nel 2025, la zona di esclusione di Chernobyl continua a essere una delle aree più radioattive del pianeta. I livelli di contaminazione del suolo nel sito della centrale nucleare raggiungono i quattrocento megabecquerel per metro quadrato, con la principale fonte di radiazione gamma costituita dal cesio-137, che ha un tempo di dimezzamento di trent’anni. Nelle aree più contaminate, come le vicinanze del nocciolo del reattore, la potenza di dose può raggiungere migliaia di microsievert all’ora, rendendo l’esposizione estremamente pericolosa per gli organismi viventi.

Nonostante le limitazioni e le sfide ancora irrisolte, il fitorisanamento rappresenta una delle tecniche di bonifica ambientale più economiche e sostenibili per la gestione delle contaminazioni radioattive a lungo termine. Secondo stime comparative, l’utilizzo di piante per la decontaminazione può ridurre i costi di bonifica del venticinque per cento rispetto ai metodi tradizionali come l’escavazione del terreno o i trattamenti chimici. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha tuttavia sottolineato che fino ad oggi non si è verificata un’adozione su piccola o larga scala del fitorisanamento nei siti contaminati da radionuclidi, principalmente perché la quantità totale di contaminante rimossa rappresenta una frazione molto piccola del totale presente, il processo necessita di decenni per ottenere una decontaminazione adeguata, e genera biomassa contaminata che deve essere gestita come rifiuto radioattivo con costi aggiuntivi.

Uno studio pubblicato nel 2025 ha indicato che circa cento ettari di terreno nella zona di esclusione di Chernobyl hanno registrato un calo della contaminazione tale da permettere potenzialmente la ripresa di attività agricole, rispettando i limiti normativi previsti dalla legislazione ucraina. La modellizzazione dell’assorbimento di radionuclidi in otto colture chiave, inclusi i girasoli, ha mostrato che determinate porzioni di territorio potrebbero essere riutilizzate per l’agricoltura, sebbene con rigorosi controlli radiologici. Tuttavia, questa ipotesi deve essere valutata con estrema cautela, considerando i rischi per la sicurezza dei consumatori e dei lavoratori agricoli.

I girasoli deformati di Chernobyl rappresentano dunque un paradosso biologico: organismi visibilmente danneggiati dalle radiazioni che simultaneamente contribuiscono alla bonifica dell’ambiente che li ha mutati. La loro esistenza testimonia sia la resilienza della vita di fronte alle condizioni più estreme, sia la complessità e la lentezza dei processi di recupero ambientale dopo una catastrofe nucleare. Mentre la ricerca scientifica continua a indagare i meccanismi genetici e fisiologici che permettono a determinate piante di tollerare e accumulare sostanze radioattive, questi fiori contorti continuano silenziosamente il loro lavoro di pulizia molecolare, una remediation naturale che proseguirà per generazioni in quella terra ancora segnata dal più grave incidente nucleare della storia. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!