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Quando è il Solstizio d’Inverno 2025 e perché si chiama così

Domenica 21 dicembre 2025, alle ore 16:03, scocca il Solstizio d’Inverno, il momento in cui il Sole raggiunge la minima altezza sull’orizzonte nell’emisfero boreale.

Nelle prime ore del pomeriggio di domenica 21 dicembre 2025, precisamente alle 16:03 secondo il fuso orario italiano, il nostro pianeta attraverserà uno dei quattro punti cardinali fondamentali della sua orbita annuale intorno alla stella madre: il Solstizio d’Inverno. Questo preciso istante astronomico, che nel linguaggio comune viene spesso ridotto a una mera indicazione sul calendario, rappresenta in realtà il culmine di una complessa meccanica celeste che governa i cicli stagionali e la distribuzione della luce sulla superficie terrestre.

Non si tratta semplicemente del giorno con meno ore di luce dell’anno per l’emisfero boreale, ma di un fenomeno fisico governato da leggi immutabili che, fin dagli albori della civiltà umana, hanno dettato i ritmi dell’agricoltura, della religione e della vita sociale. Mentre l’emisfero settentrionale si immerge nella sua notte più lunga, dall’altra parte del mondo, nell’emisfero australe, lo stesso istante segna l’apogeo della potenza solare e l’inizio dell’estate astronomica, in una perfetta e continua alternanza che garantisce l’equilibrio termico del nostro pianeta.

L’etimologia e il significato astronomico

Il termine stesso “solstizio” racchiude in sé la poesia dell’osservazione astronomica antica: deriva dal latino solstitium, composto da sol (Sole) e sistere (fermarsi). Per un osservatore che scruti il cielo dalla Terra, infatti, il Sole sembra compiere nel corso dell’anno un movimento ascendente e discendente rispetto all’orizzonte; nei giorni prossimi al solstizio, questo moto apparente sembra arrestarsi, e l’astro pare indugiare nella sua posizione più bassa prima di invertire la rotta e ricominciare la sua lenta risalita verso l’emisfero celeste settentrionale. Da un punto di vista strettamente geometrico e astrofisico, il fenomeno è la diretta conseguenza dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell’eclittica, ovvero il piano su cui la Terra orbita intorno al Sole.

Questo asse, inclinato di circa 23 gradi e 27 primi, fa sì che durante il moto di rivoluzione i due emisferi vengano esposti in maniera diseguale alla radiazione solare. Durante il Solstizio d’Inverno, il Polo Nord geografico raggiunge la sua massima inclinazione lontano dal Sole: in questo momento, i raggi solari colpiscono l’emisfero boreale con la massima obliquità possibile, riducendo drasticamente l’intensità dell’energia ricevuta per unità di superficie e determinando il calo delle temperature che caratterizza la stagione fredda. È fondamentale sfatare un mito comune: il freddo invernale non dipende dalla distanza della Terra dal Sole. Paradossalmente, nel periodo invernale boreale, il nostro pianeta si trova prossimo al perielio, il punto di minima distanza dalla sua stella, che viene raggiunto nei primi giorni di gennaio; è l’angolo di incidenza dei raggi, e non la distanza, a governare le stagioni.

La geometria delle ombre e la durata del giorno

La brevità delle ore di luce che sperimentiamo in questi giorni è la manifestazione visibile di questa geometria celeste. Alle nostre latitudini, il Sole descrive nel cielo l’arco diurno più breve e più basso dell’anno: sorge in un punto molto spostato verso sud-est e tramonta analogamente verso sud-ovest, rimanendo basso sull’orizzonte anche a mezzogiorno locale.

Questa traiettoria ridotta comporta che il disco solare rimanga visibile per un numero di ore esiguo, che varia in funzione della latitudine: se a Roma si registrano circa nove ore di luce, spostandosi verso il Nord Europa la durata si riduce progressivamente fino ad annullarsi completamente oltre il Circolo Polare Artico. In quelle remote regioni settentrionali, il Solstizio d’Inverno coincide con la notte polare, un periodo in cui il Sole non sorge mai e il crepuscolo è l’unica forma di luce visibile, mentre esattamente al Polo Nord l’oscurità è totale e persistente da settimane.

Specularmente, lungo il Tropico del Capricorno, situato a 23° 27′ di latitudine sud, il Sole raggiunge lo zenit, picchiando perpendicolarmente sulle teste degli osservatori a mezzogiorno: è il momento di massima insolazione per l’emisfero sud.

Santa Lucia e il giorno più corto che ci sia

Una curiosità scientifica che spesso confonde l’osservatore attento riguarda la discrepanza tra il giorno più corto e il tramonto più anticipato. La saggezza popolare tramanda il detto “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”, riferendosi al 13 dicembre. Sebbene il solstizio cada il 21 o 22 dicembre, c’è un fondo di verità astronomica in questo scostamento, complicato però dalle riforme del calendario. Prima della riforma gregoriana del 1582, il solstizio cadeva effettivamente in prossimità del 13 dicembre, ma la soppressione dei giorni accumulati dal calendario giuliano ha spostato la data astronomica, lasciando però intatta la tradizione popolare. Tuttavia, anche oggi accade un fenomeno particolare: il tramonto inizia ad avvenire più tardi già alcuni giorni prima del solstizio, mentre l’alba continua a ritardare fino ai primi di gennaio. Questo apparente disallineamento è dovuto all'”Equazione del Tempo”, una grandezza che misura la differenza tra il tempo solare vero (quello segnato dalle meridiane) e il tempo solare medio (quello dei nostri orologi), causata dalla velocità variabile della Terra lungo la sua orbita ellittica e dall’inclinazione dell’asse. Pertanto, sebbene il 21 dicembre sia effettivamente il giorno con meno minuti totali di luce, non è necessariamente il giorno in cui il sole tramonta prima in assoluto.

Solstizio d’Inverno e la mitologia

La consapevolezza di questo snodo cruciale dell’anno non è appannaggio della scienza moderna; al contrario, ha plasmato l’architettura e la spiritualità dei popoli antichi in modo profondo. Monumenti megalitici come Stonehenge in Gran Bretagna o Newgrange in Irlanda sono testimonianze di pietra costruite millenni fa con l’unico scopo di catturare l’ultimo raggio di sole del solstizio o il primo della rinascita. Per le civiltà agricole, vedere il Sole arrestare la sua discesa negli abissi dell’orizzonte meridionale era motivo di sollievo e celebrazione: significava che la luce non sarebbe scomparsa per sempre, ma avrebbe ricominciato a guadagnare terreno sulle tenebre.

Nell’antica Roma, questo periodo coincideva con i Saturnali, feste di sfrenata libertà e inversione dell’ordine sociale, che culminavano nel Dies Natalis Solis Invicti, la nascita del Sole Invitto, celebrata il 25 dicembre. Non è un caso che il Cristianesimo abbia sovrapposto la celebrazione della nascita di Cristo a questa data, identificando nel Messia la “vera luce” che vince le tenebre del mondo, operando una formidabile sintesi culturale che ha permesso la transizione dal paganesimo alla nuova fede senza sradicare le abitudini festive popolari.

Anche nel mondo germanico e scandinavo, la festa di Yule celebrava il solstizio con l’accensione di grandi fuochi e il tronco natalizio, simboli di calore magico contro il gelo invernale, tradizioni che sopravvivono ancora oggi nelle nostre luminarie e nei camini accesi. Il Solstizio d’Inverno, dunque, è molto più di un dato astronomico: è un punto di convergenza tra la meccanica celeste e l’antropologia, un momento in cui la scienza spiega il fenomeno e la cultura ne celebra il significato, ricordandoci la nostra perenne dipendenza da quella stella che, anche nel giorno più buio, promette di ritornare. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!