Il ritiro di Parolin ha sbloccato l’elezione di Leone XIV, un Papa “no Trump” ma Repubblicano

L’elezione del primo Papa americano è stata possibile grazie al ritiro strategico del cardinale Parolin. Pur risultando iscritto al partito repubblicano, Leone XIV ha criticato apertamente le politiche migratorie di Trump e Vance, incarnando un profilo ecclesiastico più vicino alla dottrina sociale della Chiesa che alle agende politiche.

L’elezione di Robert Francis Prevost come Papa Leone XIV rappresenta un momento storico per la Chiesa cattolica che, per la prima volta nei suoi duemila anni di storia, sarà guidata da un Pontefice proveniente dagli Stati Uniti d’America. Il cardinale americano, nato a Chicago nel 1955 e con una lunga esperienza missionaria in Perù, è stato eletto l’8 maggio 2025 al quarto scrutinio del Conclave, assumendo il nome di Leone XIV ed entrando nei libri di storia come il 267º papa della Chiesa cattolica e il primo nordamericano a ricoprire tale ruolo.

La fumata bianca che ha annunciato al mondo l’elezione del nuovo Pontefice è stata possibile grazie a una decisiva svolta avvenuta all’interno del Conclave, quando il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano e grande favorito della vigilia, ha compreso l’impossibilità di raggiungere il quorum necessario di 89 voti e ha preferito fare un passo indietro, invitando i propri sostenitori a convergere sul nome di Prevost. Nonostante le indiscrezioni iniziali che attribuivano a Parolin circa 50 voti e la possibilità di un accordo con il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, la sua candidatura non è riuscita a decollare, scontrandosi con resistenze significative all’interno del collegio cardinalizio, in parte legate all’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi, considerato da alcuni un segno di debolezza.

Secondo quanto emerso da fonti vicine al Conclave, proprio il ritiro strategico di Parolin ha sbloccato la situazione, permettendo la rapida elezione di Leone XIV grazie al convogliamento dei voti in precedenza destinati al Segretario di Stato italiano. Decisivi per l’elezione di Prevost sono stati anche i voti provenienti dai cardinali asiatici e africani, proprio quelli che erano mancati a Parolin nonostante i tentativi di formare un “ticket” con Tagle. Il conclave, iniziato il 7 maggio, si è così concluso in tempi relativamente brevi, confermando la regola non scritta secondo cui i favoriti della vigilia devono vincere rapidamente o rischiano di essere superati da candidati alternativi.

Il nuovo Pontefice presenta un profilo di particolare interesse per gli osservatori internazionali: agostiniano, con una lunga esperienza missionaria in America Latina, Prevost ha trascorso quasi due decenni in Perù come missionario e vescovo di Chiclayo, tanto da ottenere anche la cittadinanza peruviana nel 2015. Prima di essere eletto Papa era prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l’America Latina, ruoli che gli hanno permesso di sviluppare una profonda conoscenza delle dinamiche ecclesiali globali e di consolidare la sua visione pastorale orientata alla vicinanza con i più vulnerabili.

Ciò che ha sorpreso molti analisti è l’apparente contraddizione nella posizione politica di Leone XIV rispetto alla politica americana. Nonostante Prevost risulti iscritto nelle liste elettorali del partito repubblicano e abbia votato alle primarie repubblicane del 2012, 2014 e 2016, come dimostrano i registri elettorali ottenuti dalla società di sondaggi conservatrice Pulse Decision Science, il cardinale ha ripetutamente espresso posizioni critiche nei confronti dell’amministrazione Trump, in particolare sulle politiche migratorie. Nei mesi precedenti alla sua elezione, aveva condiviso sui social media articoli fortemente critici verso le posizioni di Donald Trump e del suo vice J.D. Vance sull’immigrazione, difendendo la visione di una Chiesa dell’accoglienza in linea con il magistero di Papa Francesco.

Particolarmente significativo è stato il suo rilancio di un articolo intitolato “JD Vance sbaglia: Gesù non ci chiede di fare una classifica del nostro amore per gli altri”, in risposta alle dichiarazioni del vicepresidente americano che aveva teorizzato una gerarchia dell’amore cristiano che poneva i cittadini americani in posizione privilegiata rispetto agli stranieri. Questa presa di posizione, insieme ad altre critiche alle deportazioni di massa promosse dall’amministrazione Trump, ha posizionato Prevost su una linea più vicina all’insegnamento sociale della Chiesa che alle politiche repubblicane, nonostante la sua precedente affiliazione partitica.

Secondo Matt Knee, direttore dei dati di Pulse Decision Science, la storia elettorale di Prevost e le sue dichiarazioni pubbliche suggeriscono che potrebbe essere un ex repubblicano o comunque un esponente della corrente “Never Trump”, distante dalle posizioni dell’attuale amministrazione americana. Il fatto che non abbia votato alle primarie repubblicane dopo il 2016 e che abbia scelto di non partecipare alle elezioni generali di quell’anno sembra confermare questa interpretazione, collocando Leone XIV in una posizione politica moderata e indipendente, fedele alla dottrina sociale della Chiesa piuttosto che a specifiche agende politiche.

Nonostante queste posizioni critiche, Donald Trump ha immediatamente congratulato il nuovo Pontefice con un messaggio pubblicato sulla sua piattaforma Truth Social: “È un onore realizzare che è il primo Papa americano. È emozionante e un onore per il nostro Paese. Non vedo l’ora di incontrare Leone XIV. Sarà un momento significativo”. Questo messaggio, apparentemente cordiale, nasconde tuttavia la complessità dei rapporti futuri tra la Casa Bianca e il Vaticano, considerando le divergenze su temi fondamentali come l’immigrazione, l’accoglienza dei rifugiati e la giustizia sociale.

Le prime parole di Leone XIV dopo l’elezione sembrano confermare una linea di continuità con il pontificato di Francesco, con un forte accento sulla pace e sulla sinodalità: “A tutti voi, fratelli e sorelle di Roma, di Italia, di tutto il mondo, vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono”. Un messaggio che sottolinea la volontà di proseguire il cammino di rinnovamento ecclesiale avviato dal suo predecessore, pur con uno stile personale che gli osservatori definiscono più sobrio e riflessivo.

L’elezione di un Papa americano che si è pubblicamente opposto alle politiche migratorie dell’amministrazione Trump, pur essendo formalmente iscritto al partito repubblicano, rappresenta un segnale complesso per la Chiesa americana, profondamente divisa su questioni politiche e sociali. Leone XIV sembra incarnare la possibilità di un cattolicesimo americano che, pur riconoscendo le proprie radici culturali, rifiuta di piegarsi alle logiche della polarizzazione politica per abbracciare una visione universale e inclusiva del messaggio evangelico, in particolare sui temi dell’accoglienza e della solidarietà verso i più vulnerabili.