Zuppi, il Cardinale amato da laici e progressisti, non è mai stato in gioco per diventare Papa: lo era solo per i social

L’arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, nonostante il sostegno di ambienti progressisti e l’attenzione mediatica, non ha ottenuto consenso tra i cardinali elettori, segnalando una possibile svolta rispetto alla linea bergogliana.

Il Conclave 2025 ha scritto un nuovo capitolo nella storia della Chiesa cattolica, con l’elezione del nuovo Pontefice. Tra i nomi che circolavano con insistenza nelle settimane precedenti figurava quello del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Nonostante le previsioni di alcuni media e il sostegno di ambienti laici, Zuppi non è mai entrato veramente in partita all’interno della Cappella Sistina.

Il profilo del cardinale bolognese, 69 anni, era stato promosso con particolare enfasi da settori progressisti e da ambienti esterni alla Chiesa, ma le sue posizioni, considerate da molti troppo allineate con l’ala più innovatrice del cattolicesimo, non hanno convinto la maggioranza dei 133 porporati riuniti in Conclave. Matteo Zuppi, figura di spicco della Comunità di Sant’Egidio e stretto collaboratore di Papa Francesco, ha rappresentato negli ultimi anni una delle voci più visibili del cattolicesimo italiano, ma proprio questa visibilità mediatica potrebbe aver giocato a suo sfavore.

Strettamente associato all’agenda progressista, Zuppi ha manifestato nel corso del suo ministero posizioni che hanno suscitato perplessità in diversi ambienti ecclesiali. Le sue aperture su temi delicati come le unioni omosessuali – quando nel giugno 2022 non si oppose alla benedizione di una coppia gay in una parrocchia bolognese, nonostante all’epoca tali benedizioni non fossero consentite – hanno sollevato interrogativi sulla sua fedeltà alla dottrina tradizionale. Anche le sue dichiarazioni sulla legge 194 sull’aborto, definita “una traduzione laica importante” che “nessuno pensa di mettere in discussione”, avevano creato malumori tra i cardinali più conservatori.

Il ruolo di Zuppi come presidente della CEI è stato inoltre caratterizzato da tensioni con l’attuale governo italiano. Sotto la sua guida, la Conferenza Episcopale ha assunto posizioni critiche sulle riforme istituzionali, venendo accusata da alcuni osservatori di aver “dichiarato guerra aperta” all’attuale premier e di aver supportato implicitamente il Partito Democratico in vista delle elezioni europee. Un atteggiamento che ha contrastato con il rapporto di “grande simpatia e stima” che Papa Francesco ha sempre mantenuto con Giorgia Meloni.

Sebbene nominato da Bergoglio come suo inviato speciale per le missioni di pace in Ucraina e Russia – un incarico che lo ha portato a incontrare figure come il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov – Zuppi non è riuscito a tradurre questo prestigio diplomatico in consenso all’interno del Collegio cardinalizio. La sua vicinanza alla Comunità di Sant’Egidio, organizzazione nota per le sue posizioni progressiste su immigrazione e dialogo interreligioso, ha probabilmente contribuito a polarizzare le opinioni su di lui all’interno del Conclave.

Forse consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato, lo stesso Zuppi aveva cercato di smarcarsi dalle voci che lo indicavano come possibile successore di Francesco. Intercettato da alcuni giornalisti prima dell’inizio del Conclave, aveva risposto con una battuta: “Non c’è rischio, sto tranquillissimo”. In un’altra occasione aveva dichiarato: “No, sono troppo pigro” alla domanda se potesse diventare Papa.

Nonostante il supporto di ambienti intellettuali e mediatici, prevalentemente progressisti, che vedevano in lui un continuatore naturale della linea bergogliana, i cardinali elettori hanno preferito guardare altrove. Un segnale che, secondo alcuni osservatori, potrebbe indicare la volontà di una parte del Collegio cardinalizio di riequilibrare il cammino della Chiesa dopo gli anni di Francesco, cercando una figura capace di coniugare tradizione e rinnovamento senza cedere alle pressioni del pensiero dominante secolarizzato.

Tra i fattori che hanno giocato a sfavore di Zuppi vi è stata anche la sua marcata impronta “sinodale”, un approccio che, se da un lato appare inclusivo, dall’altro è stato percepito da alcuni come un possibile indebolimento dell’autorità magisteriale. La sua visione di una “Chiesa in uscita”, fortemente ispirata alla “Evangelii Gaudium” di Francesco, ha convinto molti osservatori laici ma evidentemente non abbastanza cardinali elettori, preoccupati forse di preservare l’identità dottrinale della Chiesa in un’epoca di relativismo diffuso.

La mancata elezione di Zuppi rappresenta dunque un segnale significativo sugli equilibri interni alla Chiesa. Dopo anni di un pontificato fortemente connotato come quello di Francesco, il Collegio cardinalizio, pur composto in maggioranza da porporati creati proprio da Bergoglio, ha scelto di non proseguire sulla medesima linea, preferendo un profilo differente per guidare la Chiesa nei prossimi anni. Un segno che il sostegno mediatico e quello degli ambienti laici, per quanto rumoroso, non è necessariamente decisivo quando si tratta di scegliere il successore di Pietro.