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Garlasco, spunta un audio choc che cambierebbe tutto: “Il testimone Muschitta minacciato per stare zitto”

Un audio del 2022 tra l’ex maresciallo Marchetto e un dirigente Asm rivela possibili minacce al testimone Muschitta, che aveva accusato Stefania Cappa nel delitto di Garlasco prima di ritrattare.
Credit © screenshot

Un audio registrato il 17 luglio 2022 potrebbe riaprire uno dei capitoli più controversi del delitto di Garlasco, gettando nuove ombre sulla credibilità di Marco Muschitta, l’operaio che nel 2007 accusò Stefania Cappa di essere coinvolta nell’omicidio di Chiara Poggi.

La conversazione telefonica, pubblicata in esclusiva dal quotidiano Il Tempo, documenta un dialogo tra Francesco Marchetto, ex maresciallo dei carabinieri che condusse le prime indagini, e Alfredo Sportiello, responsabile dell’Asm di Vigevano che all’epoca gestiva i compiti lavorativi di Muschitta. Le parole di Sportiello risultano particolarmente pesanti: “È un quaquaraquà, non è un uomo…sicuramente l’hanno minacciato…per via di quelle due ragazze lì, è sicuro…poi magari gli hanno dato anche dei soldi per stare zitto”.

La testimonianza di Marco Muschitta rappresenta uno degli elementi più dibattuti dell’intera vicenda giudiziaria. Il 27 settembre 2007, l’operaio dell’Asm raccontò agli inquirenti di aver assistito a una scena particolare la mattina del 13 agosto, giorno dell’omicidio: una donna su una bicicletta nera che si allontanava dalla villetta di via Pascoli impugnando quello che appariva essere un attizzatoio da camino. La sua descrizione dettagliata aveva fatto convergere i sospetti investigativi su Stefania Cappa, cugina della vittima.

L’interrogatorio di Muschitta, durato più di quattro ore, fu caratterizzato da aspetti anomali che oggi acquisiscono nuova rilevanza alla luce dell’audio emerso. Il verbale venne infatti interrotto per ben due volte, sebbene non sia mai stato indicato il motivo di tali sospensioni. Successivamente, in una svolta drammatica che ha segnato l’intera indagine, l’uomo ribaltò completamente la propria versione dei fatti dichiarando: “Mi sono inventato tutto quello che vi ho raccontato perché sono uno stupido”.

Questa ritrattazione ha avuto conseguenze decisive per il corso delle indagini. Muschitta venne considerato un testimone del tutto inattendibile dalla giustizia e successivamente processato per calunnia ai danni di Stefania Cappa, anche se poi prosciolto. Tuttavia, elementi emersi all’epoca sollevano interrogativi sulla spontaneità di quella ritrattazione. Le intercettazioni post-testimonianza tra Muschitta e suo padre, archiviate come irrilevanti, contenevano dialoghi significativi: il genitore affermava “Per proteggerti, loro ti hanno fatto fare quella roba lì. Per me hai fatto bene a fare quello che hai fatto. Non ti devi pentire. Tu hai detto quello che sapevi…Ma tu hai detto la verità?”, ricevendo come risposta: “Certo, io ho detto quello che ho visto, se poi volete…”.

Il nuovo audio permetterebbe di reinterpretare quella fase cruciale dell’indagine. Negli atti processuali risulta che Sportiello testimoniò come Muschitta il 27 settembre gli avesse confidato di aver effettivamente avvistato la ciclista quella mattina del 13 agosto e che, la sera stessa, osservando Alberto Stasi al centro commerciale, aveva riconosciuto in lui una persona diversa da quella vista in bicicletta. Questa versione, tuttavia, venne completamente smentita dalla successiva ritrattazione dell’operaio.

La figura di Stefania Cappa è tornata al centro dell’attenzione mediatica negli ultimi mesi, parallelamente alle nuove indagini che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi. La giovane donna, oggi avvocata, non è mai stata formalmente indagata per il delitto, nonostante le accuse iniziali di Muschitta. Le indagini dell’epoca avevano escluso il suo coinvolgimento attraverso verifiche sui tabulati telefonici, intercettazioni e analisi del DNA, conclusioni confermate dal fatto che l’assassino indossava scarpe incompatibili con il numero di piede delle gemelle Cappa.

Recentemente, Stefania Cappa ha ottenuto una vittoria legale significativa nel tribunale di Milano, dove sono stati condannati per diffamazione aggravata l’autore televisivo Riccardo Vincenzo Festinese e il conduttore Alessandro De Giuseppe per un servizio delle Iene del maggio 2022. Il programma aveva riportato le dichiarazioni di Muschitta “accreditandole sebbene ritrattate”, senza specificare che erano state ritenute inattendibili dagli inquirenti. La terza sezione penale ha condannato i due imputati a una multa di 500 euro e al risarcimento di 10mila euro a favore di Stefania Cappa.

L’emergere di questo audio si inserisce in un momento particolarmente delicato per le indagini sul delitto di Garlasco, con la procura di Pavia impegnata in un maxi incidente probatorio per analizzare con tecniche forensi di ultima generazione i reperti conservati da diciotto anni. Al centro delle nuove indagini vi è Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, la cui impronta palmare sarebbe stata identificata sulla scena del crimine grazie ai progressi tecnologici compiuti dalla genetica forense.

Le dichiarazioni contenute nell’audio del 2022 sollevano interrogativi fondamentali sulla conduzione delle prime indagini e sulle pressioni che potrebbero essere state esercitate sui testimoni. Il riferimento di Sportiello a “quelle due ragazze” e alla possibilità che Muschitta fosse stato minacciato “per stare zitto” introduce elementi che potrebbero modificare la ricostruzione degli eventi di quella mattina del 13 agosto 2007. Tuttavia, va precisato che si tratta di conversazioni private tra due persone che non erano direttamente coinvolte nelle indagini ufficiali, e le affermazioni contenute dovranno essere valutate dagli inquirenti nel loro giusto contesto probatorio.

Il caso Garlasco continua quindi a riservare colpi di scena, a diciotto anni di distanza dal delitto che sconvolse l’opinione pubblica italiana. L’audio emerso potrebbe rappresentare un tassello importante per comprendere dinamiche investigative rimaste nell’ombra, anche se la sua rilevanza processuale dovrà essere stabilita dalla magistratura. Nel frattempo, Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione, continua a scontare la sua pena in regime di semilibertà, mantenendo ferma la proclamazione della propria innocenza.

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