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È morto Arnaldo Pomodoro, il maestro della scultura mondiale si spegne a 99 anni

Si è spento a Milano il 22 giugno 2025, alla vigilia dei 99 anni, Arnaldo Pomodoro, maestro della scultura contemporanea mondiale famoso per le iconiche sfere di bronzo presenti in musei e piazze di tutto il mondo.
Credit © Fondazione Arnaldo Pomodoro

Nella quiete della sua abitazione milanese, domenica sera 22 giugno 2025, si è spento Arnaldo Pomodoro, uno dei più grandi scultori contemporanei italiani, alla vigilia del compimento del suo novantanovesimo compleanno che avrebbe festeggiato il giorno seguente

La notizia della scomparsa è stata comunicata ufficialmente dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro, diretta da Carlotta Montebello, attraverso i canali social dell’istituzione che porta il nome del maestro. “Con la scomparsa di Arnaldo Pomodoro il mondo dell’arte perde una delle sue voci più autorevoli, lucide e visionarie”, ha dichiarato la direttrice generale, sottolineando come “il Maestro lascia un’eredità immensa, non solo per la forza della sua opera, riconosciuta a livello internazionale, ma anche per la coerenza e l’intensità del suo pensiero, capace di guardare al futuro con instancabile energia creativa”.

Nato il 23 giugno 1926 a Morciano di Romagna, Pomodoro aveva attraversato quasi un secolo intero, testimoniando e interpretando attraverso la sua arte tutte le trasformazioni del Novecento e del nuovo millennio. La sua formazione iniziale da geometra, conseguita a Rimini, non fu mai abbandonata e rimase sempre presente nella precisione matematica delle sue forme, nella perfezione calcolata delle superfici che poi avrebbe violato con chirurgica determinazione per svelare gli interni tormentati e vitali delle sue sculture.

Il percorso artistico di Pomodoro iniziò attraverso l’oreficeria, quando insieme al fratello Giorgio “Giò” Pomodoro e a Giorgio Perfetti fondò il gruppo 3P, un laboratorio di sperimentazione che voleva rinnovare l’arte orafa. Nel 1954 si trasferì a Milano, città che sarebbe diventata il suo laboratorio creativo per tutta la vita, stabilendosi nei pressi della Darsena di Porta Ticinese. L’esposizione del 1955 alla Galleria del Naviglio segnò l’inizio di un linguaggio plastico che avrebbe conquistato il mondo intero.

La svolta decisiva nella carriera dell’artista arrivò con l’incontro con alcuni dei protagonisti dell’arte contemporanea italiana, tra cui Lucio Fontana, Enrico Baj, Sergio Dangelo e altri artisti milanesi. Nel 1961 e 1962 prese parte, proprio con Fontana e altri artisti, al gruppo informale “Continuità”, attraverso il quale raffinò il proprio stile distintivo, basato sull’equilibrio tra geometrie esterne perfette e meccanismi interni complessi e tormentati.

Le prime opere scultoree di Pomodoro erano altorilievi attraversati da una scrittura cuneiforme e arcaica, che l’artista stesso definiva “scrittura”. Tuttavia, fu con le sue iconiche sfere di bronzo che raggiunse la fama mondiale. La prima sfera, “Sfera n. 1”, fu realizzata nel 1963, anno in cui ricevette anche il Premio Internazionale per la Scultura alla Biennale di San Paolo del Brasile. Queste opere, caratterizzate da superfici perfettamente levigate che si aprono per rivelare interni complessi e meccanicistici, rappresentavano la sua riflessione sulla condizione umana e sulla società tecnologica contemporanea.

La consacrazione internazionale arrivò nel 1964 con il Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia, seguito da numerosi altri riconoscimenti che sancirono la sua posizione di primo piano nel panorama artistico mondiale. La sua fama crebbe ulteriormente negli anni Sessanta grazie ai soggiorni negli Stati Uniti, dove insegnò nelle università di Stanford, Berkeley e al Mills College, entrando in contatto con artisti del calibro di David Smith, Louise Nevelson, Mark Rothko e altri protagonisti dell’arte americana.

Il 1967 rappresentò un anno cruciale con la realizzazione della “Sfera grande” per il Padiglione italiano all’Expo di Montreal, opera di oltre tre metri di diametro che segnò il definitivo passaggio dell’artista alle sculture monumentali. Questa commissione aprì la strada a innumerevoli installazioni in tutto il mondo, dalle piazze di New York ai Musei Vaticani, dall’ONU al Trinity College di Dublino, trasformando Pomodoro in uno degli scultori più visibili e riconoscibili a livello globale.

Le opere di Pomodoro, che ha creato nel corso della sua carriera 45 versioni delle sue celebri sfere conosciute come “Sfera con sfera”, “Rotante” o “Sphera”, sono presenti oggi in decine di città del mondo. Tra le più significative si ricordano quella nei Cortili della Pigna dei Musei Vaticani, pesante 18.000 libbre, quella presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York, e quelle sparse tra Los Angeles, Brisbane, Copenaghen e innumerevoli altre metropoli internazionali.

In Italia, l’eredità di Pomodoro è visibile in numerose città: dalla “Lancia di Luce” a Terni, conosciuta localmente come “l’obelisco di Pomodoro”, alla “Colonna del viaggiatore” a Spoleto, dalle quattro “Stele” installate in piazza del Popolo a Todi nel 2021, fino alle opere presenti negli Horti Borromaici di Pavia. Particolarmente significativa è la cantina “Carapace” della famiglia Lunelli a Bevagna, inaugurata nel 2012 dopo sei anni di lavori e considerata una delle più belle del mondo, esempio perfetto della capacità dell’artista di coniugare scultura e architettura.

La ricerca artistica di Pomodoro non si limitò alla scultura tradizionale, ma si estese alle opere ambientali e alla progettazione architettonica. Tra i progetti più ambiziosi si ricorda il “Progetto per il Cimitero di Urbino” del 1973, che prevedeva di scavare all’interno della collina urbinate, mai realizzato a causa di contrasti locali, e il grande murale “Omaggio alla civiltà tecnologica” del 1962 sulla facciata della Volkshochschule di Colonia.

Il maestro mantenne sempre un legame profondo con il teatro, realizzando “macchine spettacolari” per numerose rappresentazioni, dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica, dimostrando la versatilità del suo genio creativo che spaziava dalla scultura alla scenografia, dalla grafica alla poesia.

Negli anni Novanta, Pomodoro diede vita alla Fondazione che porta il suo nome, riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali, con l’obiettivo di garantire la conservazione e la valorizzazione della sua opera. “Non ho mai creduto alle fondazioni che celebrano un solo artista come unicum”, aveva dichiarato l’artista. “L’artista è parte di un tessuto di cultura, il suo contributo attivo non può venire mai meno ed è per questo che ho concepito la mia Fondazione come un luogo attivo e vivo di elaborazione culturale, oltre che come centro di documentazione della mia opera, capace di fare proposte originali e non solo di conservare passivamente”.

La Fondazione, sotto la direzione di Carlotta Montebello, ha sviluppato nel corso degli anni numerose iniziative, dal Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura, nato nel 2006 e giunto alla sua ottava edizione, ai cicli di mostre “Open Studio”, dai tour della “Milano di Pomodoro” alle visite guidate del celebre “Labirinto” della sede di via Vigevano, fino ai workshop educativi per tutte le fasce d’età.

La vita privata di Pomodoro rimase sempre avvolta in una riservatezza assoluta, caratteristica di un uomo che aveva dedicato la sua intera esistenza all’arte e alla ricerca scultorea. L’ultima grande mostra in ordine di tempo risale al 2023, realizzata in collaborazione con Fendi al Palazzo della Civiltà Italiana, mentre nel 2016 Palazzo Reale di Milano lo aveva celebrato in occasione dei suoi 90 anni con un’ampia retrospettiva.

Con la scomparsa di Arnaldo Pomodoro si chiude definitivamente un’epoca dell’arte italiana, quella dei grandi maestri che hanno saputo portare la scultura italiana nel mondo, trasformando piazze e musei internazionali in teatri della creatività italiana. Le sue sfere continueranno a interrogare i passanti di tutto il mondo, invitandoli a riflettere sul contrasto tra perfezione apparente e complessità interiore, metafora eterna della condizione umana che il maestro romagnolo ha saputo rappresentare con una forza espressiva unica e inimitabile.