Superbollo auto, Salvini annuncia l’abolizione ma è un regalo per pochi

Il governo annuncia l’abolizione del superbollo auto, ma l’analisi dei dati rivela un provvedimento che favorirebbe solo i possessori di auto di lusso a discapito delle entrate statali, con dubbie ricadute positive sull’economia reale.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha annunciato ieri dall’Automotive Dealer Day di Verona l’intenzione del governo di abolire il superbollo auto, definendola una “tassa odiosa”. Una mossa che, secondo il ministro, darebbe “ossigeno al mercato” e sosterrebbe “un settore prezioso come l’automotive”. Ma guardando ai numeri e agli effetti reali, questa proposta appare più come un’operazione di pura propaganda politica che un intervento strutturale a beneficio dell’economia nazionale.

Il superbollo, introdotto nel 2011 e poi modificato durante il governo Monti nel 2012, è un’addizionale erariale alla tassa automobilistica che si applica ai veicoli con potenza superiore a 185 kW (circa 251 cavalli). L’importo è di 20 euro per ogni chilowatt eccedente questa soglia, con riduzioni progressive in base all’età del veicolo: 60% dopo cinque anni, 30% dopo dieci e 15% dopo quindici, fino all’esenzione completa al ventesimo anno.

La retorica utilizzata da Salvini è particolarmente significativa: “Aboliremo il Superbollo nel breve termine, ci stiamo lavorando e potrebbe arrivare anche prima della Legge di Bilancio. Il provvedimento sarà a step: procederemo per fasce innalzando il valore di potenza da cui si pagherà”. Un linguaggio che tradisce la vera natura dell’intervento: non una riforma necessaria per l’economia, ma un messaggio politico rivolto a una precisa fascia di elettorato.

È doveroso sottolineare che il superbollo riguarda esclusivamente auto di lusso, veicoli sportivi e supercar. Non stiamo parlando dell’automobile della famiglia media italiana, ma di vetture il cui costo d’acquisto è già di per sé un indicatore della capacità economica del proprietario. Per un’auto con potenza di 250 kW, ad esempio, il superbollo ammonta a circa 1300 euro annui, cifra certamente significativa ma difficilmente insostenibile per chi può permettersi veicoli di tale categoria.

La misura proposta da Salvini sacrificherebbe circa 200 milioni di euro annui di entrate per lo Stato. In un periodo di continue ristrettezze di bilancio e di difficoltà nel finanziare servizi essenziali, la scelta di rinunciare a questa entrata per favorire una fascia ristretta e privilegiata della popolazione solleva legittimi interrogativi sulle priorità dell’attuale governo. Sarebbe più opportuno destinare queste risorse a interventi di sostegno alle famiglie in difficoltà o al miglioramento dei servizi pubblici.

È vero che l’Automobile Club d’Italia, attraverso il suo presidente Angelo Sticchi Damiani, ha accolto con favore l’annuncio, definendo il superbollo una “tassa tanto iniqua quanto inutile” che avrebbe come “unico effetto” quello di “distorcere e deprimere il mercato automobilistico nazionale”. Tuttavia, questa posizione appare allineata agli interessi di un settore specifico piuttosto che al bene comune.

Anche l’argomentazione secondo cui il superbollo avrebbe spinto molti proprietari a immatricolare i veicoli all’estero merita di essere analizzata con spirito critico. Se davvero esiste un problema di evasione fiscale attraverso immatricolazioni estere, la soluzione dovrebbe essere un rafforzamento dei controlli e sanzioni adeguate, non certo l’abolizione della tassa.

L’annuncio di Salvini si inserisce in un contesto più ampio di revisione del sistema fiscale, già previsto dalla legge delega del 2023. Tuttavia, nonostante le ripetute promesse del leader della Lega, il governo sembra aver già mostrato incertezze sulla proposta. Come riportato da alcune fonti, l’esecutivo ha modificato la sua posizione nonostante gli annunci, suggerendo che si tratti più di una manovra comunicativa che di una reale volontà politica.

È lecito chiedersi se, in un momento storico caratterizzato dalla necessità di transizione ecologica e riduzione delle emissioni, sia davvero prioritario abolire una tassa che colpisce proprio i veicoli più potenti e tendenzialmente più inquinanti. Il superbollo, al di là delle sue finalità fiscali, ha anche una componente ambientale, incentivando indirettamente l’acquisto di veicoli meno impattanti sull’ecosistema.

Infine, vale la pena ricordare che lo stesso ministro Salvini, nel medesimo intervento a Verona, ha espresso la sua contrarietà al piano europeo per la mobilità a emissioni zero, definendolo “ideologico, folle e insensato”. Una posizione che, unita all’abolizione del superbollo, delinea un approccio poco attento alle questioni ambientali e concentrato invece su interventi che favoriscono categorie specifiche.

Sarebbe auspicabile che il governo, anziché procedere con l’abolizione tout court del superbollo, valutasse una sua rimodulazione per renderlo più equo ed efficiente. Ad esempio, si potrebbe considerare l’innalzamento della soglia di applicazione o la creazione di scaglioni progressivi basati non solo sulla potenza del veicolo ma anche sul valore dello stesso e sul reddito del proprietario.

In sintesi, l’annuncio dell’abolizione del superbollo appare come un’operazione di facciata, che sacrifica un’entrata erariale significativa per compiacere una fascia ristretta della popolazione, senza portare benefici tangibili all’economia nel suo complesso o all’ambiente. Una scelta che, in un momento di sfide economiche e ambientali senza precedenti, appare quantomeno discutibile.