È arrivata oggi la sentenza per uno dei più efferati delitti che abbiano scosso la Lombardia negli ultimi anni: Riccardo Chiarioni, oggi diciottenne, è stato condannato a vent’anni di reclusione dal Tribunale per i minorenni di Milano per il triplice omicidio avvenuto nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2024, quando uccise a coltellate padre, madre e il fratello di 12 anni nella villetta di famiglia a Paderno Dugnano. La corte, nel rito abbreviato, ha accolto in pieno la richiesta della Procura, che aveva chiesto il massimo della pena per un minorenne, respingendo la tesi della difesa sostenuta dall’avvocato Amedeo Rizza, secondo cui il giovane soffriva di un disturbo mentale parziale attestato da una perizia psichiatrica.
La decisione dei giudici, che non hanno riconosciuto alcun vizio di mente, segna un verdetto di estrema severità anche alla luce della giovane età dell’imputato, il quale all’epoca dei fatti aveva solo 17 anni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la furia di Chiarioni si era scatenata improvvisamente nella notte, senza alcun segnale premonitore di violenza così estrema. I pubblici ministeri, già durante le indagini, avevano predisposto un percorso di cure specifiche per il ragazzo, a testimonianza della complessità psicologica del caso.
Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti fosse integra, facendo così prevalere la linea della responsabilità piena sul profilo clinico. Una sentenza che farà discutere, per l’età dell’assassino e per la drammaticità del massacro familiare, destinata a restare come uno dei processi simbolo nella cronaca nera milanese.
Chi è Riccardo Chiarioni?
Riccardo Chiarioni, nato nel 2007, è un ragazzo di Paderno Dugnano, in provincia di Milano, diventato noto a livello nazionale per la tragedia familiare avvenuta nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024. All’epoca dei fatti aveva 17 anni ed era uno studente apparentemente come tanti, descritto da compagni e vicini come un giovane riservato, educato e lontano dai riflettori.
Dietro l’immagine di ragazzo tranquillo, però, si nascondeva un mondo interiore complesso e inquieto. Appassionato di letture estreme e testi ideologici radicali, Riccardo coltivava interessi per simboli e scritti di matrice fascista e nazista, con un’ossessione per la violenza e per la mitologia dell’“uomo forte”. Nel suo tempo libero si dedicava a disegni con riferimenti paramilitari e a letture come il Mein Kampf, segni di un disagio profondo che pochi avevano percepito.
Amante delle armi bianche, Riccardo aveva sviluppato una fascinazione per i coltelli, sugli stessi annotava dettagli tecnici e strategie di attacco. Alcuni appunti ritrovati nella sua camera testimoniavano un distacco dalla realtà, con frasi e riflessioni su immortalità, potere e dominio. Secondo i racconti di conoscenti, la sua vita si divideva tra la routine scolastica e un crescente isolamento, trascorso a pianificare fantasie violente che sembravano per lui l’unica via di fuga.
A livello familiare, Riccardo viveva con i genitori e il fratello minore. All’esterno la famiglia appariva unita, senza segnali evidenti di tensioni o conflitti; la sera della tragedia era iniziata come un’occasione di festa in casa. Proprio questa apparente normalità ha reso ancora più scioccante la scoperta di un disagio interiore radicato, che si è rivelato solo quando ormai era troppo tardi.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!