Garlasco, spunta un SMS: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”

Nessun elemento collega direttamente le cugine Cappa al delitto, ma le nuove indagini, che coinvolgono anche Andrea Sempio e il ritrovamento di un martello, riaprono scenari mai del tutto chiusi sul caso Garlasco.

Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, si arricchisce di nuovi elementi che gettano ulteriori ombre sulla vicenda giudiziaria che da quasi due decenni scuote l’opinione pubblica italiana. Al centro dell’attenzione, questa volta, vi è un messaggio attribuito a Paola Cappa, cugina della vittima, che recita testualmente: «Mi sa che abbiamo incastrato Stasi». Il contenuto di questo sms, inviato a un amico milanese, è ora sotto la lente degli inquirenti della Procura di Pavia, impegnati nella nuova indagine che ha riaperto scenari investigativi mai del tutto sopiti.

Il messaggio in questione fa parte di una raccolta di circa 280 comunicazioni scambiate tra Paola Cappa e il suo interlocutore nei giorni e nelle settimane successive al delitto. Questi messaggi, già acquisiti agli atti e ora oggetto di una minuziosa analisi da parte degli investigatori, sono stati ritenuti significativi tanto da essere citati dal settimanale Giallo, che ha avuto accesso diretto ad alcuni di essi e li ha riportati come possibili chiavi di lettura di una vicenda giudiziaria tutt’altro che chiusa.

La frase «Mi sa che abbiamo incastrato Stasi» si inserisce in un contesto storico in cui l’attenzione mediatica e investigativa era fortemente concentrata su Alberto Stasi, allora fidanzato di Chiara Poggi e unico imputato per l’omicidio. Stasi, dopo un lungo iter processuale, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione, pena che sta quasi terminando di scontare. Tuttavia, la recente riapertura delle indagini, con il coinvolgimento di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, e il ritrovamento di un martello in un canale vicino a una proprietà delle cugine Cappa, ha riacceso i riflettori su dettagli e testimonianze rimaste finora ai margini.

L’origine e il significato esatto del messaggio restano al momento oggetto di interpretazione. Gli inquirenti non escludono che la frase possa riferirsi al clima di tensione e alle congetture che circolavano in quei giorni, quando il cerchio delle indagini sembrava stringersi attorno a Stasi. Va ricordato che né Paola né Stefania Cappa, sorelle gemelle e cugine della vittima, sono mai state indagate formalmente, pur essendo state convocate più volte in caserma e sottoposte a verifiche, tra cui l’acquisizione dei tabulati telefonici, intercettazioni e prelievi di DNA. Tutti gli accertamenti condotti all’epoca esclusero un loro coinvolgimento diretto nell’omicidio.

Il clima familiare, secondo quanto emerso dalle testimonianze e da alcune intercettazioni, era segnato da tensioni pregresse, accentuate dal dramma che aveva colpito la famiglia Poggi. Una collega di Chiara, sentita dagli inquirenti, aveva riferito di confidenze ricevute dalla vittima riguardo a difficili rapporti familiari, in particolare legati allo stato di salute di una delle cugine. Questi elementi, insieme al comportamento delle gemelle Cappa nelle ore successive al delitto, hanno alimentato negli anni sospetti e speculazioni, anche se mai suffragati da prove concrete.

Un ulteriore episodio che attirò l’attenzione dei media fu la presenza delle due sorelle davanti al cancello della casa dei Poggi, dove lasciarono un mazzo di fiori e una fotografia che si rivelò essere un fotomontaggio. Un gesto che fu archiviato come una stranezza, ma che contribuì ad alimentare il clima di sospetto. In una conversazione intercettata con la nonna, Paola Cappa espresse il disagio vissuto in famiglia dopo il delitto, lamentando la presenza degli zii e lo stress derivante dalla situazione.

Gli alibi delle gemelle per la mattina del delitto furono verificati e ritenuti attendibili dagli investigatori: entrambe dichiararono di essere rimaste a casa con la madre, che confermò la loro versione, mentre Stefania aggiunse di essere andata in piscina a mezzogiorno. Nessun elemento emerso dalle indagini, nemmeno le testimonianze di chi le avrebbe viste nei pressi della villetta, fu ritenuto sufficiente per collegarle direttamente alla scena del crimine. Inoltre, dettagli come la misura delle scarpe dell’assassino e la presenza di una gamba rotta in una delle due ragazze al momento del delitto contribuirono a escludere il loro coinvolgimento materiale.

La nuova inchiesta della Procura di Pavia, riaperta a marzo, ha riportato sotto i riflettori anche la figura di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, già indagato e recentemente oggetto di perquisizioni. Il ritrovamento di un martello in un canale non lontano da una proprietà delle Cappa ha aggiunto un ulteriore tassello a una vicenda che sembra non trovare mai una definitiva conclusione. Gli investigatori stanno ora incrociando i dati raccolti all’epoca con nuove evidenze, tra cui verbali, tabulati e intercettazioni, nel tentativo di chiarire definitivamente la dinamica dei fatti e le eventuali responsabilità ancora non emerse.

Il messaggio di Paola Cappa, per quanto suggestivo, non costituisce al momento una prova di responsabilità penale, ma rappresenta un elemento che gli inquirenti intendono approfondire per comprendere meglio il clima psicologico e relazionale in cui maturò il delitto. La Procura intende verificare se si trattasse di una semplice battuta, di una constatazione legata agli sviluppi investigativi dell’epoca o se possa celare informazioni più rilevanti ai fini dell’inchiesta.

Resta il fatto che il caso Garlasco continua a suscitare interrogativi e a dividere l’opinione pubblica, mentre la famiglia Poggi attende ancora una verità definitiva su quanto accaduto a Chiara. L’analisi dei messaggi, insieme alle nuove indagini e ai riscontri tecnici, potrebbe fornire ulteriori elementi utili a ricostruire uno dei più controversi casi di cronaca nera italiana degli ultimi vent’anni.