Uccise il fidanzato, per la Cassazione il processo è da rifare: “Bisogna Considerare le Provocazioni”

La Cassazione annulla la condanna a 20 anni di Valentina Boscaro per l’omicidio del fidanzato Mattia Caruso: nuovo processo per valutare le provocazioni subite.

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna a vent’anni di reclusione emessa nei confronti di Valentina Boscaro per l’omicidio del fidanzato Mattia Caruso, rinviando il caso alla Corte d’Assise d’Appello di Venezia per un nuovo processo. La decisione dei supremi giudici è motivata dal mancato riconoscimento dell’attenuante delle provocazioni nella sentenza di secondo grado, circostanza che potrebbe comportare una significativa riduzione della pena per la trentaquattrenne attualmente agli arresti domiciliari.

Il fatto di sangue risale alla sera del 25 settembre 2022, quando Caruso, trentenne originario della provincia di Padova, venne ucciso con una coltellata al cuore mentre si trovava alla guida dell’automobile dopo aver trascorso la serata al ristorante Laghi di Sant’Antonio di Montegrotto Terme insieme alla fidanzata. La dinamica dell’omicidio, secondo quanto ricostruito dalle indagini e dalla confessione della stessa Boscaro, si consumò durante una violenta lite scoppiata all’interno del veicolo mentre la coppia stava facendo ritorno verso l’abitazione di lei.

La trentaquattrenne inizialmente tentò di depistare le indagini fornendo una versione dei fatti completamente diversa, sostenendo che Caruso fosse rimasto vittima di un’aggressione nel parcheggio del locale dove avevano cenato e che, nonostante le ferite riportate, avesse comunque tentato di mettersi al volante per poi accasciarsi dopo pochi chilometri. Tuttavia, l’attività investigativa dei Carabinieri riuscì rapidamente a ricostruire la vera dinamica degli eventi, portando la donna a confessare l’omicidio tre giorni dopo il fatto.

Secondo la ricostruzione processuale, Boscaro aveva colpito il fidanzato con un coltello a serramanico di proprietà dello stesso Caruso, sferrandogli un unico fendente diretto al cuore mentre l’uomo era alla guida. Dopo aver compiuto il gesto, la donna aveva riposto l’arma bianca nella tasca dei pantaloni della vittima. Il trentenne era riuscito ad accostare il veicolo a bordo strada, ma l’intervento del personale sanitario del Suem 118, allertato da un automobilista di passaggio, non era stato sufficiente per salvargli la vita.

Il percorso giudiziario aveva visto Boscaro condannata in primo grado a ventiquattro anni di reclusione per omicidio volontario, pena successivamente ridotta a vent’anni dalla Corte d’Assise d’Appello di Venezia. La decisione della Cassazione di annullare con rinvio la sentenza di secondo grado è specificamente legata alla valutazione dell’attenuante prevista dall’articolo 62, numero 2 del Codice Penale, che disciplina la circostanza attenuante della provocazione per chi ha agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui.

Durante il processo d’appello, svoltosi nell’aula bunker del tribunale di Mestre, Boscaro aveva fornito una dettagliata ricostruzione della relazione con Caruso, descrivendola come caratterizzata da episodi di violenza fisica e psicologica. La donna aveva dichiarato ai giudici di aver subito ripetute aggressioni e minacce di morte da parte del fidanzato, il quale secondo la sua testimonianza la picchiava regolarmente e la sottoponeva a violenze sessuali. Nelle sue dichiarazioni processuali, la trentaquattrenne aveva inoltre riferito che Caruso si vantava di essere un mafioso e che spesso la minacciava dicendole che le avrebbe sparato in testa.

La tesi difensiva, sostenuta dagli avvocati Alberto Berardi e Renzo Fogliata, aveva sempre puntato sul riconoscimento della legittima difesa e sull’esistenza di una relazione tossica caratterizzata da continui maltrattamenti. Secondo la ricostruzione della difesa, nella notte dell’omicidio Boscaro si sarebbe difesa dall’ennesima aggressione di Caruso, che la stava malmenando e minacciando di morte all’interno dell’automobile. La donna aveva inoltre specificato durante il processo come bastasse un nulla perché il fidanzato “impazzisse” e che spesso aveva tentato di prendere le distanze da lui, sperando che la lasciasse andare.

L’attenuante della provocazione richiede il concorso di specifici elementi normativi: lo stato d’ira costituito da un’alterazione emotiva che può protrarsi nel tempo, il fatto ingiusto altrui caratterizzato da ingiustizia obiettiva e contrario alle regole giuridiche, morali e sociali, e un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non è necessaria una proporzionalità immediata tra provocazione e reazione, purché sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra le due condotte.

Il riconoscimento dell’attenuante delle provocazioni potrebbe comportare per Boscaro una riduzione della pena fino a un terzo, equivalente a circa sette anni di diminuzione rispetto ai vent’anni attualmente comminati. La donna, che dopo un periodo trascorso nella casa circondariale di Montorio nel Veronese si trova dallo scorso settembre agli arresti domiciliari, dovrà quindi attendere l’inizio del nuovo processo d’appello bis per conoscere l’esito definitivo della sua vicenda giudiziaria.

Le misure cautelari cui è sottoposta Boscaro prevedono l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico e il divieto di utilizzare computer e smartphone per comunicare con l’esterno, con la possibilità di ricevere esclusivamente le visite dei parenti stretti e del proprio avvocato. Durante le dichiarazioni rese nell’aula bunker di Mestre, la trentaquattrenne aveva espresso il proprio pentimento per l’accaduto, dichiarando di aver “prodotto un male inimmaginabile distruggendo tre famiglie” e di essere pronta a pagare il prezzo ritenuto giusto dai giudici, pur ribadendo di aver agito per paura delle violenze di Caruso.

La decisione della Cassazione conferma comunque la responsabilità penale dell’imputata per l’omicidio volontario, mantenendo validi anche i risarcimenti stabiliti a favore della famiglia della vittima. Il nuovo processo dovrà concentrarsi esclusivamente sulla valutazione dell’attenuante delle provocazioni, elemento che la Corte d’Assise d’Appello di Venezia dovrà riconsiderare alla luce delle circostanze della relazione tra i due fidanzati e delle dichiarazioni rese dalla donna durante il procedimento. La vicenda rappresenta un caso emblematico dell’applicazione dell’istituto giuridico della provocazione nei delitti contro la persona, dove la valutazione delle dinamiche relazionali e degli episodi di violenza pregressa assume rilevanza determinante per la quantificazione della sanzione penale.