Delitto di Garlasco, dall’Impronta ai Bigliettini: tutti gli elementi accusatori contro Andrea Sempio

Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, è indagato per omicidio in concorso. Contro di lui DNA sulle unghie della vittima, un’impronta sul muro e bigliettini con frasi compromettenti.

Andrea Sempio, attualmente trentasettenne, si trova nuovamente al centro delle indagini sul delitto di Chiara Poggi, la giovane ventiseienne uccisa nella sua abitazione di Garlasco il 13 agosto 2007. L’uomo, che all’epoca dei fatti aveva diciannove anni ed era grande amico di Marco, fratello della vittima, è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio in concorso con ignoti oppure con Alberto Stasi, già condannato in via definitiva per l’assassinio della fidanzata. La Procura di Pavia ha avviato una nuova fase investigativa che ha portato alla luce una serie di elementi accusatori che sembrano convergere verso la figura di Sempio, costruendo un quadro probatorio complesso e articolato.

Il profilo dell’indagato e i legami con casa Poggi

Andrea Sempio vive da solo a Voghera e lavora in un negozio di telefonia presso un ipermercato di Montebello della Battaglia, in provincia di Pavia. Nel 2010 si è avvicinato alla disciplina del Krav Maga, arte marziale israeliana orientata principalmente all’autodifesa, diventando ufficialmente istruttore nel 2013 e collaborando anche a corsi di autodifesa femminile. All’epoca del delitto, il giovane viveva con i genitori Giuseppe e Daniela Ferrari a Garlasco e frequentava assiduamente casa Poggi, consolidando nel tempo un rapporto di amicizia particolarmente stretto con Marco, il fratello di Chiara. Questa familiarità con l’ambiente domestico della famiglia Poggi rappresenta uno degli elementi chiave che gli inquirenti stanno valutando nell’ambito della nuova inchiesta.

Il rapporto di Sempio con la famiglia Poggi era caratterizzato da una frequentazione costante e prolungata nel tempo, elemento che secondo gli investigatori potrebbe spiegare la presenza di tracce biologiche e impronte digitali all’interno dell’abitazione. L’indagato ha sempre dichiarato di aver mantenuto buoni rapporti con l’amico Marco anche dopo il tragico evento, sottolineando come la sua presenza in casa fosse del tutto normale e giustificata dal legame di amicizia consolidato negli anni. Tuttavia, proprio questa familiarità con i luoghi del delitto assume oggi una valenza investigativa particolare, considerando che Sempio ha ammesso di essere stato in tutte le stanze della casa, ad eccezione della camera dei genitori, e di aver “toccato di tutto”.

Le tracce biologiche: il DNA sotto le unghie della vittima

Uno degli elementi più significativi emersi dalle nuove indagini riguarda la presenza di tracce di DNA riconducibili ad Andrea Sempio sotto le unghie di Chiara Poggi. A dare impulso a questa scoperta è stata l’avvocata Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi, che ha affidato a un laboratorio tedesco di genetica di fama internazionale il compito di analizzare nuovamente i reperti biologici. Gli esiti di questa consulenza hanno dato risultato positivo, riscontrato successivamente anche dalla Procura di Pavia, evidenziando come sulle unghie della vittima, in più punti, sarebbero presenti tracce di DNA riconducibile a Sempio. Questo elemento rappresenta un punto di svolta nell’inchiesta, considerando che la presenza di materiale genetico sotto le unghie della vittima potrebbe essere indicativa di una colluttazione o di un contatto fisico diretto durante l’aggressione.

La questione del DNA aveva già fatto emergere controversie in passato, quando nel dicembre 2016 Sempio si era ritrovato indagato a seguito di un esposto-denuncia firmato da Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi. All’esposto era allegata una relazione firmata dal consulente della difesa dell’ex bocconiano, il biologo forense Pasquale Linarello, secondo cui esisteva una perfetta compatibilità del profilo del cromosoma Y trovato sulle unghie del quinto dito della mano sinistra di Chiara Poggi con il profilo genetico del cromosoma Y ottenuto da un cucchiaino e da una bottiglia d’acqua consumati da Sempio. Tuttavia, nella perizia richiesta dai giudici dell’appello bis, la traccia genetica venne definita troppo rovinata per poter essere considerata scientificamente valida, portando all’archiviazione delle accuse da parte dell’allora procuratore di Pavia Mario Venditti.

La controversia scientifica sulle analisi genetiche

La questione delle analisi del DNA ha attraversato diverse fasi interpretative che riflettono l’evoluzione delle tecniche investigative e delle metodologie scientifiche applicate ai reperti biologici. Mentre secondo i difensori di Stasi esisteva una piena coincidenza tra i due DNA a confronto, con alcuni dei nove reperti estrapolati che presentavano tracce pulite e ben leggibili, le perizie ufficiali hanno sempre manifestato perplessità sulla qualità e sull’affidabilità scientifica dei campioni. Un’ulteriore informativa dei carabinieri di Milano, datata 2020, ha dato nuovo impulso alla ripresa dell’indagine, ma anche in quel caso si è giunti all’archiviazione della posizione di Sempio. La svolta decisiva è arrivata con la nuova consulenza promossa dalla Procura di Pavia, oggi guidata da Fabio Napoleone, che ha utilizzato tecnologie più avanzate per l’analisi dei reperti biologici, ottenendo risultati considerati più affidabili e scientificamente validi rispetto alle precedenti analisi.

L’impronta 33: un elemento chiave nell’indagine

L’impronta classificata come “reperto 33” rappresenta uno degli elementi più dibattuti dell’intera vicenda giudiziaria. Questa traccia è stata rilevata sul muro lungo le scale che conducono al seminterrato di casa Poggi, non distante dal punto in cui venne trovato il corpo senza vita della ventiseienne. Secondo le valutazioni dei consulenti della Procura, l’impronta presenterebbe una corrispondenza con il palmo della mano di Andrea Sempio per quindici minuzie dattiloscopiche. Tuttavia, come precisato dal Procuratore di Pavia Fabio Napoleone, il nostro ordinamento prevede che vengano individuate almeno sedici o diciassette minuzie dattiloscopiche affinché l’impronta sia ritenuta pienamente utile per essere attribuibile con certezza a un determinato individuo.

Il dettaglio tecnico relativo al numero di minuzie identificate assume particolare rilevanza dal punto di vista processuale, poiché rappresenta il confine tra una prova considerata scientificamente valida e una mera indicazione investigativa. Gli esperti della Procura stanno valutando la possibilità di estrarre materiale biologico dalla traccia prelevata nel 2007, consistente in una parte di intonaco contenente l’impronta, per verificare se sia riconducibile alla persona attenzionata dagli inquirenti, ad altri soggetti o alla stessa vittima. L’operazione presenta tuttavia delle criticità legate alla conservazione del campione dopo diciotto anni dal prelievo e alla quantità di materiale biologico effettivamente disponibile per le analisi. Il colore rossastro dell’impronta, che potrebbe apparire come sangue, è in realtà dovuto alla reazione alla ninidrina spray utilizzata dai Ris per esaltare la traccia.

Le considerazioni dell’ex comandante del Ris

L’ex comandante del Ris Luciano Garofano, chiamato come esperto dalla difesa di Sempio, ha fornito considerazioni tecniche che potrebbero influenzare l’interpretazione dell’impronta 33. Secondo Garofano, nell’impronta non sarebbe presente sangue, elemento che costituirebbe una certezza scientifica relativa agli accertamenti effettuati all’epoca del delitto. Inoltre, l’esperto ha precisato che l’intonaco grattato dalla traccia, che i pubblici ministeri stanno cercando per le analisi biologiche, non sarebbe più disponibile poiché sarebbe stato consumato nell’accertamento irripetibile del 2007. Queste considerazioni tecniche potrebbero limitare significativamente le possibilità di approfondimento scientifico sulla natura e sull’attribuzione dell’impronta, rendendo più complessa l’acquisizione di elementi probatori definitivi su questo specifico aspetto dell’indagine.

I bigliettini accusatori: le confessioni scritte

Tra gli elementi più inquietanti emersi dall’indagine figurano una serie di bigliettini scritti a mano da Andrea Sempio e recuperati dai carabinieri tra i suoi rifiuti domestici. Si tratta di appunti personali che, pur essendo stati gettati via, sono stati acquisiti come possibile materiale probatorio per la loro natura potenzialmente autoaccusatoria. Alcuni di questi scritti contengono riflessioni particolarmente inquietanti che hanno attirato l’attenzione degli investigatori e del Racis di Roma, incaricato di tracciarne un eventuale profilo psicologico. In uno dei fogli più significativi, Sempio annotava: “Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare”, una frase che gli inquirenti stanno valutando come possibile riferimento indiretto all’omicidio di Chiara Poggi.

Oltre alle annotazioni di carattere apparentemente confessorio, altri biglietti riportano dettagli specifici degli spostamenti di Sempio proprio nel giorno del delitto, come se l’uomo cercasse ancora, a distanza di anni, di ricostruire un alibi credibile. Questo aspetto risulta particolarmente significativo per gli investigatori, poiché suggerisce una persistente preoccupazione da parte dell’indagato riguardo alla propria posizione in relazione ai fatti del 13 agosto 2007. I pezzi di carta, accartocciati e buttati nella spazzatura, contenevano parole che oggi sono al vaglio degli investigatori per determinare se possano costituire elementi di prova o semplici sfoghi personali privi di rilevanza giuridica. L’analisi grafologica e psicologica di questi scritti potrebbe fornire ulteriori elementi per comprendere lo stato mentale dell’indagato e la sua eventuale consapevolezza di responsabilità.

Le telefonate sospette e l’alibi contestato

Un altro elemento di particolare interesse investigativo riguarda una serie di telefonate effettuate da Andrea Sempio verso casa Poggi tra il 7 e l’8 agosto 2007, quando Chiara si trovava sola in casa poiché la sua famiglia era in vacanza. Due di queste chiamate sono state effettuate con il cellulare di Sempio: una nel pomeriggio del 7 agosto della durata di appena due secondi e una conversazione avvenuta il pomeriggio dell’8 agosto della durata di ventuno secondi. Una terza chiamata è stata effettuata con il telefono dell’abitazione di Sempio, sempre nel pomeriggio del 7 agosto, con una durata di otto secondi. Di fronte agli inquirenti, Sempio ha sostenuto di non sapere con precisione i giorni in cui l’amico Marco sarebbe stato lontano da casa e di aver fatto le telefonate per sbaglio.

La spiegazione fornita da Sempio appare poco convincente agli investigatori, considerando che la brevità delle chiamate e la loro concentrazione temporale nei giorni immediatamente precedenti l’omicidio suggeriscono una possibile volontà di verificare la presenza di Chiara in casa. Inoltre, non risulterebbe alcun contatto diretto tra le utenze di Sempio e il cellulare in uso a Chiara, elemento che potrebbe indicare una strategia di avvicinamento indiretto alla vittima. L’analisi del traffico telefonico ha rivelato che la mattina del 13 agosto Sempio ha avuto contatti telefonici con gli amici Mattia Capra e Roberto Freddi tra le 9:58 e le 12:18. Secondo una relazione depositata dalla difesa di Stasi, l’utenza di Sempio non risulterebbe agganciata a Vigevano, ma piuttosto attiva sulla cella di Garlasco via San Lucia, indicando che si trovava in località Garlasco.

La questione dello scontrino di Vigevano

Uno degli aspetti più controversi dell’alibi di Andrea Sempio riguarda uno scontrino del parcheggio di Vigevano che, secondo la versione fornita dalla famiglia, sarebbe stato ritrovato dal padre Giuseppe mentre ripuliva l’automobile, giorni dopo il delitto. Questo documento fu conservato dalla madre Daniela Ferrari per oltre un anno prima di essere consegnato ai carabinieri nel 2008. Tuttavia, recenti sviluppi investigativi hanno fatto emergere degli sms della madre di Sempio che potrebbero far vacillare l’alibi del figlio. La donna, convocata lo scorso 28 aprile, si è avvalsa della facoltà di non rispondere e, quando i carabinieri hanno provato a insistere facendo il nome di Antonio, un ex vigile del fuoco e amico di Sempio, ha accusato un malore. L’elemento che sta attirando l’attenzione degli investigatori è la possibilità che fosse la madre a trovarsi a Vigevano il giorno del delitto, lasciando il figlio Andrea senza un alibi credibile.

Le reazioni dell’indagato e della famiglia

Andrea Sempio ha più volte rilasciato dichiarazioni pubbliche per respingere ogni accusa, affermando categoricamente la propria estraneità ai fatti. Intervistato dal programma televisivo “Quarto Grado” dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia nel marzo 2025, ha dichiarato: “Io non c’entro assolutamente nulla con il fatto. In questa vicenda non ho nessun peso sulla coscienza, non ho nulla da tenere nascosto, non ho segreti. Sono contento che le autorità vadano a indagare, a scavare il più possibile”. L’indagato ha sottolineato come la presenza delle sue impronte in casa Poggi sia del tutto spiegabile dalla frequentazione abituale dell’abitazione, evidenziando di essere stato in tutte le stanze eccetto la camera dei genitori e di aver toccato di tutto durante le sue visite.

La madre di Andrea Sempio, Daniela Ferrari, ha scelto di mantenere un profilo riservato riguardo ai recenti sviluppi dell’inchiesta. Interpellata da Fanpage.it, si è limitata a dichiarare di non sapere dove si trovi il figlio, affermando: “Non è né qui, né a Voghera”. Il comportamento della donna durante l’interrogatorio del 28 aprile, culminato con un malore quando i carabinieri hanno fatto il nome di Antonio, l’ex vigile del fuoco amico di Sempio, ha sollevato ulteriori interrogativi sulla solidità dell’alibi familiare. L’episodio del malore è coinciso proprio con la discussione sullo scontrino del parcheggio di Vigevano e sull’alibi di Andrea, suggerendo una possibile correlazione tra la tensione emotiva e i punti più delicati dell’indagine.

Le implicazioni processuali e l’ipotesi del concorso

L’accusa formulata nei confronti di Andrea Sempio presenta un aspetto particolarmente complesso dal punto di vista giuridico: l’ipotesi di omicidio in concorso con ignoti oppure con lo stesso Alberto Stasi. Questa formulazione non comporta automaticamente l’assoluzione di Stasi, poiché la sentenza di condanna a suo carico non è stata messa in discussione da alcuna procedura di revisione. Il dettaglio più singolare della vicenda risiede nel fatto che non sarebbero emersi legami significativi tra Stasi e Sempio, con quest’ultimo che ha sempre sottolineato come non avesse conoscenza della cerchia sociale di Chiara Poggi a causa del divario anagrafico. L’ipotesi del concorso solleva interrogativi sulla dinamica del delitto e sulla possibile esistenza di una pianificazione coordinata tra soggetti apparentemente estranei l’uno all’altro.

La complessità dell’imputazione riflette le difficoltà investigative nell’inquadrare definitivamente i ruoli e le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nella vicenda. Gli elementi raccolti contro Sempio, pur essendo significativi, devono essere valutati nel contesto di un quadro probatorio che già aveva portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi. La Procura di Pavia dovrà dimostrare non solo il coinvolgimento di Sempio nell’omicidio, ma anche le modalità di questo eventuale concorso, definendo se si tratti di una partecipazione diretta all’esecuzione del delitto o di una forma di collaborazione in fase di preparazione o copertura. L’evolversi dell’indagine nei prossimi mesi sarà determinante per chiarire questi aspetti e per definire il quadro accusatorio definitivo a carico dell’indagato.