La vicenda che ha scosso il panorama politico italiano nelle ultime ore trova il suo epilogo nelle parole di scuse pronunciate da Stefano Addeo, il docente di lingua tedesca di 65 anni identificato dalla Polizia Postale come autore del post che augurava alla figlia di Giorgia Meloni “la sorte della ragazza di Afragola”. L’insegnante del liceo statale Enrico Medi di Cicciano, in provincia di Napoli, ha rilasciato una dichiarazione al quotidiano “Il Roma” in cui ammette la gravità del gesto, definendolo “stupido” e “scritto d’impulso”, pur mantenendo ferme le proprie posizioni politiche di dissenso verso l’attuale governo.
Il post incriminato, pubblicato su Facebook con caratteri bianchi su sfondo rosso, faceva riferimento al femminicidio di Martina Carbonaro, la quattordicenne di Afragola uccisa a colpi di pietra dall’ex fidanzato Alessio Tucci. Le parole del docente marigliano, rivolte a Ginevra Meloni, bambina di sette anni, hanno immediatamente scatenato un’ondata di indignazione trasversale che ha attraversato tutti gli schieramenti politici, dalla maggioranza all’opposizione. La presidente del Consiglio ha commentato l’episodio definendolo “qualcosa di più oscuro” che racconta “un clima malato, un odio ideologico, in cui tutto sembra lecito, anche augurare la morte a un figlio per colpire un genitore”.
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Nell’intervista rilasciata dopo l’identificazione da parte delle autorità, Addeo ha tentato di fornire una giustificazione al suo gesto, spiegando che il post è stato scritto “nella notte, dopo aver sentito al telegiornale che l’Italia continuava a inviare armi a Israele”. Il docente ha raccontato di essersi svegliato la mattina seguente con la consapevolezza della gravità di quanto scritto, procedendo autonomamente alla cancellazione del contenuto prima ancora che scoppiasse la polemica pubblica. “Mi sono svegliato la mattina e ho detto: ‘Madonna mia, cosa ho scritto’. L’ho cancellato subito”, ha dichiarato l’insegnante, sottolineando come il pentimento sia arrivato spontaneamente.
Le conseguenze dell’episodio non si sono limitate alla sfera istituzionale e mediatica, ma hanno investito direttamente la vita privata del professore, che ha riferito di aver subito “minacce di morte, insulti e lanci di pomodori contro le finestre di casa”. La situazione ha spinto Addeo a rivolgersi alla Polizia Postale per sporgere denuncia contro i responsabili delle intimidazioni ricevute, in una paradossale inversione di ruoli che vede l’autore delle minacce originarie trasformarsi a sua volta in vittima di episodi simili. Il docente ha tenuto a precisare che la cancellazione del post non è avvenuta “per paura”, ma per la presa di coscienza dell’errore commesso.
Il profilo del professor Addeo, emerso dalle indagini della Polizia Postale, rivela una figura che da anni utilizzava i social network per esprimere posizioni critiche nei confronti dell’attuale maggioranza di governo. Gli accertamenti hanno evidenziato come l’insegnante avesse già in passato pubblicato “messaggi con insulti nei confronti della premier Giorgia Meloni e più di recente anche contro il vicepremier Antonio Tajani e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi”. Tuttavia, secondo quanto emerso dalle verifiche, fino al post contro la figlia della presidente del Consiglio “non era mai sceso così in basso, tanto da prendere di mira una bambina”.
Nella sua difesa, il docente ha voluto sottolineare aspetti del proprio carattere che contrasterebbero con l’immagine derivante dal gesto compiuto, dichiarando di odiare “ogni forma di violenza”, di amare “gli animali” e di dedicarsi al “volontariato”. Addeo ha inoltre rivendicato la propria professionalità nell’ambiente scolastico, affermando che “in classe non ho mai fatto politica” e che “i miei studenti mi vogliono bene”. Queste dichiarazioni sembrano delineare un tentativo di separare nettamente la sfera professionale da quella dell’attivismo politico sui social media, una distinzione che tuttavia non è stata ritenuta sufficiente dalle autorità competenti.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha immediatamente avviato le procedure di accertamento interno, annunciando sanzioni disciplinari per comportamenti “incompatibili con il ruolo educativo”. Il titolare del dicastero ha sottolineato come “la figura del docente sia di straordinaria importanza nella formazione dei giovani, non solo nell’impartire saperi ma anche nell’educare al rispetto verso gli altri”, evidenziando che “è indispensabile che i docenti stessi siano per primi sempre consapevoli della profonda responsabilità e dello straordinario valore sociale del loro ruolo”. Le verifiche ministeriali si inseriscono in un quadro più ampio di tutela del “decoro e della dignità che devono caratterizzare una professione così delicata”.
La vicenda ha inoltre generato un episodio di emulazione particolarmente inquietante, con un altro utente che ha rivolto minacce simili alle figlie del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, commentando un post del titolare del Viminale che esprimeva solidarietà alla premier. Questo secondo episodio ha ulteriormente alimentato le preoccupazioni relative a quello che Meloni ha definito “un clima malato” caratterizzato da “un odio ideologico” che sembra non conoscere limiti.
Nonostante le scuse pubbliche, Addeo ha mantenuto ferme le proprie convinzioni politiche, dichiarando di non ritrattare “le mie idee politiche” e di non sentirsi “rappresentato da questo governo”. Il docente ha inoltre respinto l’idea che un insegnante debba “condividere pedissequamente le idee del governo per essere ritenuto degno del suo ruolo”, rivendicando il diritto alla libera espressione del proprio pensiero politico. Questa posizione solleva interrogativi complessi sul confine tra libertà di espressione e responsabilità professionale, particolarmente delicati quando coinvolgono figure educative che operano con le nuove generazioni.
L’episodio si inserisce in un contesto più ampio di crescente polarizzazione del dibattito politico italiano, caratterizzato da toni sempre più aspri che in questo caso hanno raggiunto il livello inaccettabile del coinvolgimento di minori. La condanna unanime espressa da tutte le forze politiche, dalle istituzioni e dal mondo della scuola testimonia come esista ancora un limite condiviso che non può essere superato, indipendentemente dalle appartenenze politiche e dalle divergenze ideologiche che caratterizzano il normale confronto democratico.