La Polizia Postale ha identificato l’autore del messaggio di minacce rivolto sui social network alla figlia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, stabilendo che si tratta di Stefano Addeo, docente di lingua tedesca di 65 anni originario della provincia di Napoli e residente a Marigliano.
Il professore, nato nel 1960 e in servizio presso un istituto tecnico superiore campano, aveva pubblicato su Facebook un post in cui augurava alla bambina di sette anni “la sorte della ragazza di Afragola”, riferendosi al femminicidio di Martina Carbonaro, la quattordicenne uccisa a colpi di pietra dal suo ex fidanzato Alessio Tucci. Il messaggio, caratterizzato da un testo bianco su sfondo rosso, è stato inizialmente segnalato dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami, che ha diffuso uno screenshot del post oscurando il nome dell’autore ma evidenziando la sua qualifica di dipendente del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Stefano Addeo, classe 1960, professore di tedesco in una scuola superiore nella provincia di Napoli. Ommo ‘e merda ! pic.twitter.com/t8DrRcHVtO
— Antonio Mereu (@AntonioMereu64) May 31, 2025
Gli accertamenti condotti dalle forze dell’ordine hanno confermato l’autenticità del profilo social e l’effettiva responsabilità del docente nella pubblicazione del contenuto minaccioso, escludendo l’ipotesi di una manomissione dell’account da parte di terzi. Le verifiche hanno inoltre rivelato che Addeo aveva utilizzato abitualmente il profilo per pubblicare contenuti fortemente politicizzati, foto personali e interazioni frequenti con altri utenti, rispondendo anche a chi gli chiedeva conto delle sue affermazioni senza mai smentire quanto scritto.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha immediatamente avviato un’indagine interna per identificare l’autore del post, annunciando l’adozione di provvedimenti disciplinari esemplari nei confronti di chi si è reso responsabile di comportamenti incompatibili con il ruolo educativo. Valditara ha sottolineato come la figura del docente rivesta un’importanza straordinaria nella formazione dei giovani, non limitandosi all’impartizione di saperi ma estendendosi all’educazione al rispetto verso gli altri, rendendo indispensabile che gli insegnanti mantengano sempre comportamenti consoni alla responsabilità sociale del loro ruolo.
Il titolare del dicastero ha precisato che il Ministero non può più tollerare comportamenti di singoli che sui social network o in pubblico tradiscano il decoro e la dignità che devono caratterizzare una professione così delicata, assicurando che gli organi competenti sanzioneranno quanti per i loro atti non sono degni di far parte del sistema scolastico italiano. La posizione di Valditara riflette una linea di rigore nei confronti di episodi che possano compromettere l’immagine e la credibilità dell’istituzione scolastica, particolarmente quando coinvolgono minacce rivolte a minori.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha reagito alle minacce definendo l’episodio come qualcosa che va oltre lo scontro politico e la normale dialettica democratica, caratterizzandolo invece come l’espressione di un clima malato e di un odio ideologico in cui tutto sembra lecito, incluso augurare la morte a un figlio per colpire un genitore. La premier ha evidenziato come esistano confini che non devono essere superati mai e che difenderli rappresenti una responsabilità che va oltre ogni appartenenza politica, auspicando che l’intera classe politica sappia unirsi contro questo clima violento.
Il caso ha suscitato una condanna unanime da parte di tutto l’arco parlamentare, con espressioni di solidarietà bipartisan nei confronti della presidente del Consiglio e della sua famiglia. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito ripugnanti le parole del post, sottolineando come esprimere odio verso una bambina rappresenti qualcosa di inaccettabile che offende la coscienza e non può trovare alcuna giustificazione nemmeno nel più acceso dissenso politico. Analogamente, la vicepresidente della Camera Anna Ascani del Partito Democratico ha espresso piena solidarietà, definendo le minacce inaccettabili e ripugnanti.
Il fenomeno dell’odio digitale ha colpito anche altre figure istituzionali, con minacce analoghe rivolte alle figlie del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Un utente anonimo ha infatti commentato il post del titolare del Viminale che stigmatizzava l’attacco alla figlia della premier scrivendo “Vedi che anche voi rubate i soldi e il cibo dei nostri figli. Quindi confermo l’augurio, anche ai tuoi”, aggiungendo i nomi delle due ragazze. Questo episodio ha evidenziato come il clima di tensione e di aggressività verbale sui social network stia assumendo dimensioni preoccupanti, coinvolgendo sistematicamente i familiari delle figure politiche indipendentemente dal loro ruolo nella vita pubblica.
L’analisi del profilo social di Stefano Addeo ha rivelato caratteristiche comuni a molti utenti che manifestano forme di odio digitale, inclusa la pubblicazione frequente di contenuti animalisti, critiche attraverso body shaming, diffusione di informazioni non verificate e posizioni fortemente contrarie alla politica estera israeliana. Il docente campano risulta inoltre aver pubblicato regolarmente contenuti contro figure politiche di centrodestra, utilizzando spesso toni e linguaggi incompatibili con il ruolo educativo che riveste professionalmente.
Le verifiche amministrative condotte dal Ministero dell’Istruzione dovranno ora stabilire l’entità delle sanzioni disciplinari da comminare al docente, che potrebbero includere misure progressive fino alla sospensione dal servizio o alla rimozione dall’incarico, a seconda della gravità attribuita al comportamento tenuto. La vicenda rappresenta un precedente significativo nella gestione dei casi di incompatibilità tra comportamenti sui social network e responsabilità professionali nel settore dell’istruzione pubblica, con possibili riflessi sulle future linee guida ministeriali relative all’utilizzo dei media digitali da parte del personale scolastico.