Referendum 8 e 9 giugno, 2.5 milioni di euro in rimborsi ai promotori se si raggiunge il quorum

I referendum dell’8-9 giugno 2025 prevedono rimborsi fino a 2,5 milioni di euro ai promotori in caso di raggiungimento del quorum, scatenando polemiche politiche sul meccanismo previsto dalla legge 157/1999.
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Il referendum abrogativo dell’8 e 9 giugno 2025 non solleva soltanto questioni di natura politica e sociale legate ai cinque quesiti su lavoro e cittadinanza, ma accende anche un acceso dibattito sui meccanismi di rimborso previsti dalla normativa vigente per i comitati promotori. La legge 157 del 1999 stabilisce infatti che ai promotori di referendum abrogativi spetti un indennizzo economico calcolato sulla base delle firme raccolte, a condizione che la consultazione raggiunga il quorum di validità del 50% più uno degli aventi diritto al voto

Il meccanismo di rimborso, disciplinato dall’articolo 1 comma 4 della normativa del 1999, prevede un euro per ogni firma valida raccolta fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta, con un limite massimo complessivo di 2.582.285 euro annui. Per i cinque quesiti referendari attualmente in votazione, quattro dei quali promossi dalla CGIL su tematiche lavorative e uno promosso da +Europa sulla cittadinanza, il calcolo risulta particolarmente significativo considerando l’ampia partecipazione alla raccolta firme che ha preceduto la consultazione.

La Confederazione Generale Italiana del Lavoro ha raccolto oltre quattro milioni di firme per i quesiti riguardanti l’abrogazione di alcune parti del Jobs Act, mentre il comitato promotore del referendum sulla cittadinanza ha ottenuto più di 637.000 adesioni. Applicando il criterio di calcolo previsto dalla legge, che stabilisce un rimborso massimo di 500.000 euro per ciascun quesito referendario, l’ammontare teorico del rimborso ammonterebbe a circa 2.637.000 euro, cifra che viene però ridotta al tetto massimo di 2.582.285 euro stabilito dalla normativa.

La questione dei rimborsi ha generato polemiche trasversali nel panorama politico nazionale, con alcuni esponenti del centrodestra che hanno sollevato dubbi sull’opportunità di erogare fondi pubblici per iniziative referendarie, utilizzando questo argomento per scoraggiare la partecipazione al voto. Il dibattito si è intensificato nelle settimane precedenti la consultazione, quando diverse voci hanno definito il potenziale rimborso come un “bottino” per i promotori, ignorando tuttavia che si tratta di un indennizzo previsto dalla legge per coprire le spese sostenute durante la campagna referendaria.

È importante sottolineare che il rimborso non costituisce un premio economico per i comitati promotori, ma rappresenta un meccanismo di tutela democratica pensato per garantire che anche organizzazioni spontanee di cittadini possano promuovere iniziative referendarie senza essere penalizzate dalla mancanza di risorse economiche. La normativa prevede infatti che l’indennizzo copra le spese sostenute per la produzione di materiali informativi, l’organizzazione di eventi pubblici e la promozione sui media, attività che richiedono investimenti significativi da parte dei promotori.

L’erogazione del rimborso è subordinata al raggiungimento del quorum di validità, condizione introdotta nel 2006 proprio per evitare che fondi pubblici vengano destinati a iniziative referendarie che non ottengono una significativa partecipazione popolare. I dati sull’affluenza registrati durante la prima giornata di votazioni mostrano una partecipazione ancora contenuta, con il 15,6% degli aventi diritto che si è recato alle urne entro le ore 19 di domenica 8 giugno. La distribuzione geografica dell’affluenza presenta significative differenze regionali, con la Toscana che registra la partecipazione più elevata superando il 22%, mentre la Calabria si attesta poco sopra il 10%.

Il meccanismo dei rimborsi referendari non rappresenta una novità nel panorama della legislazione elettorale italiana, essendo stato applicato in passato anche a iniziative promosse da forze politiche di diverso orientamento. L’unico precedente di referendum abrogativo che ha raggiunto il quorum negli ultimi ventisei anni risale al 2011, quando quattro quesiti promossi da vari soggetti tra cui il comitato “Acqua Pubblica” e Italia dei Valori hanno ottenuto la partecipazione del 54,81% degli aventi diritto, determinando l’erogazione dei rimborsi previsti dalla normativa.

La questione assume particolare rilevanza politica considerando che nel 2000 anche Alleanza Nazionale, formazione che costituisce l’antenato di Fratelli d’Italia, fu tra gli organizzatori di referendum abrogativi e avrebbe avuto diritto all’indennizzo in caso di raggiungimento del quorum. Questo precedente evidenzia come il meccanismo dei rimborsi sia stato concepito come strumento trasversale di sostegno alla democrazia partecipativa, indipendentemente dall’orientamento politico dei promotori.

I cinque quesiti sottoposti al giudizio degli elettori affrontano tematiche centrali del dibattito politico contemporaneo, spaziando dalla disciplina del lavoro con particolare riferimento al contratto a tutele crescenti e ai licenziamenti illegittimi, fino alla modifica dei requisiti per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri. Il primo quesito propone l’abrogazione di parte del Jobs Act per ripristinare la possibilità di reintegrazione del lavoratore licenziato illegittimamente, mentre il secondo mira a eliminare il tetto massimo all’indennità per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di quindici dipendenti.

Il terzo quesito riguarda la regolamentazione dei contratti a tempo determinato e le condizioni per proroghe e rinnovi, mentre il quarto affronta la responsabilità solidale negli appalti per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Il quinto quesito, promosso da +Europa insieme ad altre formazioni politiche, propone di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per ottenere la cittadinanza italiana.

La consultazione referendaria si concluderà lunedì 9 giugno alle ore 15, quando inizieranno immediatamente le operazioni di spoglio delle schede. L’esito della votazione determinerà non soltanto l’eventuale abrogazione delle norme oggetto dei quesiti, ma anche l’erogazione o meno dei rimborsi previsti dalla legge ai comitati promotori, chiudendo così un dibattito che ha caratterizzato le settimane precedenti la consultazione e che riflette tensioni più ampie sul ruolo della democrazia partecipativa nel sistema politico italiano contemporaneo.